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Il potere di controllo

Creato il 05 dicembre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Il potere di controllo
Nella teoria dei giochi, una volta individuata quale sia la strategia migliore, essa viene posta in atto a prescindere da ciò che l’altro farà. Abbiamo visto [Equilibrio di Nash e la scelta dell'elettore indeciso] che la migliore strategia è sempre quella che viene percepita come quella che danneggia di meno i propri interessi. Possiamo definirla come la strategia del minor danno o del minimo svantaggio. Alla base di questa teorema c’è l’assunto che gli agenti sociali per realizzare il massimo vantaggio reciproco dovrebbero cooperare o colludere, cioè ogni agente dovrebbe riporre la massima fiducia nel fatto che l’altro rispetterà gli accordi presi. Il rapporto di fiducia dunque è legato al rischio: nessuno dei due agenti sa fino a che punto può confidare nel fatto che l’altro manterrà la parola data. Ognuno è consapevole che se da un momento all’altro qualcuno tradisse la fiducia, uno dei due potrebbe trarne il massimo vantaggio, mentre l’altro ne subirebbe il massimo danno. La conseguenza di questa reciproca sfiducia indurrà gli agenti a tradire il patto al fine di evitare il danno maggiore in cambio di un danno minore. Come si può osservare, questo gioco di strategia è tutto basato su un’unica mossa, come quando si vuole puntare su una delle due alternative e si sceglie infine la terza: non puntare. Anche a un tavolo da gioco infatti si può decidere di puntare l’intera somma su uno dei due colori: se esce si raddoppia la somma, se non esce si perde tutto. La strategia migliore anche in questo caso sarebbe non puntare.
Ora, nella vita quotidiana i casi in cui tutto dipende da un’unica mossa sembrano rari. La vita quotidiana è costellata da una molteplicità di interazioni e in ogni interazione difficilmente si presenta quella decisione in cui si perde o si vince tutto. Eppure, le occasioni in cui tale eventualità si presenta non mancano, anche se si presentano magari sotto una forma diversa da quella che abbiamo descritto. Per configurare tale eventualità è necessario partire da un altro presupposto. I rapporti interumani sono dunque costellati da una sequenza ininterrotta di eventi interattivi [La triplice struttura del comportamento interattivo]. Ogniqualvolta un agente corrisponde alle aspettative dell’altro, la relazione resta inalterata. La corrispondenza tra comportamenti condivisi è basata sulla reciproca fiducia: si coopera o si collabora al fine di trarne un vantaggio reciproco. Questo vantaggio non è soltanto calcolabile in termini di ciò che si dà o si riceve, ma anche nei termini di alleggerimento della situazione [Distacco e coinvolgimento]. Sapere che il comportamento altrui corrisponde alle proprie aspettative vuol dire allentare nei rapporti umani la tensione, e quindi potersi dedicare ad altro. Immaginatevi cosa vuol dire entrare in un negozio per fare un semplice acquisto e armarsi ogni volta di diffidenza: stare attenti al prodotto comprato che non sia quello effettivamente acquistato, al resto, all’accordo sul prezzo, cioè vedere corrisposto il prezzo dell’etichetta a quanto effettivamente si paga quando s’arriva alla cassa, ecc. Spiacevoli incidenti di questo genere sono capaci di rovinare un’intera giornata, come si suol dire! Come scrive Anthony Giddens, «La fiducia gioca quindi un ruolo fondamentale nelle istituzioni della modernità» (Le conseguenze della modernità). Il rispetto delle reciproche aspettative è vantaggiosa non solo nei rapporti occasionali, ma a maggior ragione nei rapporti con un’alta frequenza interazionale, ad esempio in tutte le relazioni interpersonali ed effettive.
Tuttavia, credo che si debba parlare di un reciproco svantaggio/vantaggio: in ogni interazione condivisa si rinuncia a qualcosa, ma in cambio si riceve qualcos’altro, che si presuppone di valore equivalente. Così, ad esempio, si dà protezione ma in cambio si pretende obbedienza; si dà cura e assistenza, ma in cambio si pretende un riconoscimento (calcolato in modi diversi). Si dà piacere ma in cambio si riceve altrettanto piacere (solo in tal caso la reciprocità è perfettamente equivalente, in quanto il piacere è fine a se stesso, un po’ come un tempo si diceva della virtù che è premio a se stessa). Ogniqualvolta l’accordo condiviso viene infranto dobbiamo supporre, come abbiamo detto a proposito delle strategie interattive, che ad un certo punto uno dei due agenti decida di poter trarre un vantaggio maggiore rispetto a quanto invece gli offre il rispetto dell’accordo reciproco [La lettera rubata di Edgar Alla Poe]. Questo vantaggio ovviamente va a discapito dell’altro. Supponiamo che ogniqualvolta gli agenti rispettino un accordo i punti acquisiti sia pari a 100 (naturalmente è un valore del tutto arbitrario). Invece, ogniqualvolta uno dei due infranga per primo l’accordo acquisti 200 punti, mentre l’altro ne acquisti 0. La situazione che ne deriverebbe è che nel primo caso i vantaggi s’annullino; nel secondo caso, invece, il vantaggio diventerebbe doppio. Se l’operazione di infrangere la regola riesce pone chi la infranga per primo in una posizione di vantaggio. Se consideriamo inoltre che ogni posizione di vantaggio può essere aumentata nell’interazione successiva, possiamo osservare come la distanza tra i due agenti diventi sempre maggiore. Ora se ciascun agente potesse scegliere tra rispettare i patti o infrangerli ragionevolmente possiamo supporre che nessuno li rispetterebbe. Se accade il contrario, nella maggior parte dei casi, è perché ciascun attore è dotato di un potere di controllo sull’altro. Per riprendere il «dilemma del prigioniero», la situazione che possiamo immaginare sarebbe più o meno la seguente: ognuno dei due deve essere posto nella condizione di poter controllare (indirettamente o direttamente) l’altro. La situazione che si determinerebbe sarebbe la seguente: se tu confessi, confesso anch’io. Ciò che definiamo un potere di controllo altro non è che un implicito potere di ritorsione di cui ciascun agente può rivalersi nei confronti dell’altro. Quando il prigioniero dice o fa intendere all’altro che nel momento in cui tu mi tradisci ti tradisco anch’io, in realtà sta mettendo in atto una minaccia [Giochi interattivi: la prevaricazione; Minaccia, promessa e lusinga]. Non importa ai nostri fini sapere quale potere effettivamente deve rendere esecutiva tale minaccia [Il dominio]. La maggior parte dei rapporti umani sono improntati proprio da questo potere di ritorsione. Dietro ogni potere di controllo bisogna intravvedere la possibilità di mettere in atto una minaccia in grado di causare un danno maggiore rispetto al vantaggio che si potrebbe acquisire nel caso in cui si voglia infrangere un accordo condiviso. Insomma, ogni potere di controllo per essere effettivamente efficace deve essere accompagnato da un reale potere di ritorsione di cui ciascuno può disporre nel momento in cui l’altro non rispetti gli accordi condivisi.

Il problema che si svilupperò nella seconda parte riguarderà il modo in cui ciascun agente può disporre del proprio potere di controllo non solo al fine di impedire all'altro di incrementare il suo vantaggio a proprio discapito, ma anche al fine di usarlo per incrementare il proprio vantaggio a discapito dell’altro.


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