Il potere logora: le invasioni mongole nel sud-est asiatico

Creato il 22 settembre 2014 da Pietro Acquistapace

Invasioni mongole del Vietnam – Museo di Hanoi

In una delle piazze più importanti di Ho Chi Minh City, proprio sulla sponda del fiume Sai Gon, c’è una statua dedicata ad un personaggio che a noi occidentali dice poco, ma un vero e proprio eroe per i vietnamiti. Stiamo parlando di Trang Hung Dao, un generale che nel XIII secolo respinse ben tre invasioni mongole, compiendo una delle più grandi imprese nella storia militare di tutti i tempi. Fu infatti qui, nel sud-est asiatico, dove l’impero che fu di Gengis Khan subì le più cocenti sconfitte, senza riuscire a raggiungere quasi nessuno degli obiettivi prefissati. Tutto iniziò con la morte del grande condottiero mongolo, dopo che l’impero venne diviso tra i suoi figli e la Storia prese strade diverse.

Abituati a combattere tra le foreste innevate della Russia ed i deserti della Siria, tra i monti della Corea e le steppe della Mongolia, nel sud-est asiatico i mongoli si trovano di fronte a condizioni del tutto nuove, alle quali non erano preparati. Giungle inestricabili, fiumi inguadabili ed umidità insopportabile, senza contare le malattie e gli insetti. Le popolazioni di questa regione scelsero, intelligentemente, di non attaccare frontalmente gli invasori, ma di attuare invece tattiche di guerriglia che nel corso dei secoli diventeranno famose; insomma furono vietcong ante litteram. La veloce cavalleria mongola era ostacolata dalla conformazione del territorio finendo, letteralmente, coll’impantanarsi in una guerra condotta al di fuori del proprio elemento.

Conquistata la Cina e fondata la dinastia Yuan, Kublai Khan decise di continuare la tradizione dei tributi all’impero cinese da parte degli stati vassalli. Fu l’inizio di una lunga serie di invasioni dettate non da esigenze economiche, ma dalla volontà di riaffermare il potere dell’imperatore. In alcuni casi, infatti, gli ambasciatori inviati a fare richiesta di sottomissione vennero uccisi (Pagan) o trattati con disprezzo, al punto da venire marchiati sul viso (Java). Il sud-est asiatico sembrava non avere nessuna intenzione di arrendersi tanto facilmente. Le truppe di Kublai Khan dovettero affrontare mille insidie, trovandosi ad affrontare eserciti dotati di elefanti, come nel corso delle battaglie contro il regno di Pagan (parte dell’odierna Birmania), una delle quali descritta anche da Marco Polo nel suo Milione.

Il sud-est asiatico era composto da una miriade di regni in lotta tra loro, che videro nella dinastia Yuan un possibile alleato, sebbene il cambio di schieramenti non era cosa rara. Le truppe mongole infatti dovettero combattere anche contro alleati come i dai viet (nel nord dell’attuale Vietnam), quando questi rifiutarono il passaggio ai soldati che si recavano ad invadere il regno, più a sud, di Champa (oggi assorbito nel Vietnam). A mettersi contro Kublai Khan anche la sorte, che per ben due volte (1274 e 1281) salvò il Giappone – sebbene non facente parte dell’Asia sudorientale – distruggendo la flotta nemica grazie ad una tempesta improvvisa e violenta, ossia grazie ad un kamikaze, letteralmente vento divino.

Le battaglie difensive contro i mongoli diedero forza al sentimento nazionale dei popoli del sud-est asiatico, come dimostrano i numerosi templi dedicati a Trang Hung Dao in Vietnam o la leggenda della mitica principessa Urduja nelle Filippine, una figura ormai ritenuta non realmente esistita. Il sud-est asiatico fu, per i mongoli della dinastia Yuan, un vero e proprio salasso economico, senza contare il dispendio di energie e vite umane. Tuttavia lo fu anche per gli avversari che, proprio per evitare l’incessante scorrere di sangue decisero di scendere a patti con gli invasori. I figli nomadi della steppa dovettero infine arrendersi alla diplomazia, mentre la Storia faceva il suo corso.


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