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Il potere politico dall’ambivalenza ambigua – MASSIMO CACCIARI

Creato il 08 maggio 2013 da Thoth @thoth14

Il potere politico dall’ambivalenza ambigua – MASSIMO CACCIARI“(…) Così,anzitutto, l’antica sovranità statale, vero modello di Katechon, dovrà ‘ superarsi ‘, ricollocandosi su una dimensione che, da un lato, la renderà sempre più relativa e, dall’altro, la costringerà a dar vita a ‘ grandi spazi ‘, che, per le ragioni che derivano da tutto quanto fin qui sostenuto, dell’impero non potranno che essere deboli simia. La norma giuridica, da parte sua, dovrà adeguarsi a quel centaurico giusnaturalismo artificiale, cui ci si riferisce quando si invocano le ‘ leggi ‘ dell’economia e del mercato. Il ‘ cervello sociale ‘ produttore di innovazione, a sua volta, spogliandosi di ogni ‘ auratica ‘ autonomia, dovrà, per competere efficacemente, manifestarsi come produzione di forme di vita, come quella legge, anzi, che le struttura dal loro stesso interno.(…) Ciò che la crisi permanente permette oggi ragionevolmente di affermare è che da esse non emergeranno nuove potenze catecontiche. Emergeranno forse ‘ grandi spazi ‘ in competizione, ‘ guidati ‘ da élites che, pur in conflitto tra le loro diverse potenze, sono caratterizzate tutte dalla insofferenza assoluta verso qualsiasi potenza che trascende il loro stesso movimento. Unite soltanto dalla comune apostasia rispetto all’Evo cristiano. Molto di più non sembra sia dato sapere.”

Brano tratto dal libro IL POTERE CHE FRENA di Massimo Cacciari

Il potere politico dall’ambivalenza ambigua – MASSIMO CACCIARI

Massimo Cacciari

Massimo Cacciari, filosofo, uomo politico, personalità di rilievo nel mondo intellettuale italiano, ha da poco dato alle stampe la sua ennesima pubblicazione; infatti, il suo saggio dal titolo IL POTERE CHE FRENA è proprio fresco di stampa in quanto la prima edizione è uscita nel gennaio 2013 e la terza edizione nel marzo 2013(entrambe per Adelphi Edizioni). Il linguaggio di questo saggio è conciso, lineare, prettamente filosofico e piuttosto tecnico tuttavia, però, capace di esplicare i concetti e l’argomento trattato con una chiarezza sempre sobria e semplice, che non lascia mai spazio alla ridondanza, all’astrusità di pensiero o alle iperboli logiche, per cui può anche essere di buona lettura o quantomeno di graduale accostamento anche per un pubblico non molto avvezzo alle questioni filosofiche. La scrittura si snoda sinuosa e sicura per l’intero volume, dando un senso di forza razionale e di meticolosità che risultano riuscite al pari di un’opera d’arte che stimola, imprime, richiama. Almeno ciò a mio modesto parere, perché, in fondo, non può essere diversamente per un pensatore come Massimo Cacciari. Ma veniamo all’argomento del libro che è importante, piuttosto complesso, difficile e di una profondità quasi abissale. Iniziamo dal titolo o, forse meglio, dal sottotitolo: IL POTERE CHE FRENA saggio di teologia politica. L’autore, all’inizio del saggio, avverte il lettore che “la relazione tra teologia e politica si presenta sempre, come è ovvio, in termini storicamente determinati, ma suscita anche, nello stesso tempo, questioni di ordine teorico in generale.” Cosa significa ciò? Che i concetti religiosi o la religione in sé si trasformano nell’immanente (il mondo, la società) ma che, contemporaneamente, prima di venire, diciamo così, “rinchiusi dentro la gabbia dei dogmi” la loro natura e la loro spontaneità sono tali da poter essere trasposti in fattori costitutivi dell’agire politico. Premesso ciò, l’autore prende spunto, in questo saggio, dalla SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI attribuita da sempre a San Paolo: “(…) Che nessuno vi inganni in questo modo! Infatti, prima dovrà venire l’apostasia (discessio) e l’apocalisse dell’uomo dell’anomia (homo iniquitatis) il figlio dell’apoleia (filius perditionis), l’Avversario (qui adversatur, ho antikeimenos), colui che si innalza sopra ogni essere che vien detto Dio e come Dio è venerato, fino ad insediarsi nel tempio di Dio (in templo, eis ton naon) e a mostrare se stesso come Dio. E ora conoscete ciò che trattiene( to katechon) la sua apocalisse, che avverrà a suo tempo. Già, infatti, il mistero dell’iniquità è in atto; ma chi trattiene (ho katechon) trattenga, precisamente fino a quando non venga tolto di mezzo (de medio fiat, ek meson genetai). Allora sarà l’apocalisse dell’Anomos (Iniquus), che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, annienterà all’apparire della sua parusia (…).” Molti filosofi, teologi, padri della Chiesa, eretici, scismatici e riformatori religiosi nell’ambito della storia del Cristianesimo, attraverso i secoli, si sono misurati con questo passo enigmatico della SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI di San Paolo. Figura centrale è il Katechon, una potenza che trattiene o contiene per arrestare o frenare l’assalto dell’Anticristo, la quale, però, dovrà togliersi di mezzo o essere tolta di mezzo perché l’Anticristo si manifesti prima della parusia o seconda venuta del Cristo. La riflessione di Massimo Cacciari al riguardo sembra molto acuta e pronta a tracciare un quadro completo delle implicazioni e delle conseguenze che possono sorgere. E’ possibile concepire il potere temporale (di un impero, di uno Stato, di una nazione egemoni) come Katechon? E’ possibile stabilire un legame profondo tra dimensione politica ed escatologica? Si domanda l’autore. Se si conoscesse che il tempo della venuta del Signore è “qui e ora” non avrebbe senso sottostare alle leggi di un qualsiasi potere politico terreno, eppure non è ammissibile alcun potere politico che pretenda di nascondere che “questo” è il tempo ultimo, ossia della parusia del Signore; perciò “questo tempo” necessita dell’esercizio del potere politico, qualunque esso sia, e la sua autorità si configura come provvidenziale, ma solo finché non giunge a compimento l’istante supremo della profezia, cioè l’abolizione del tempo stesso e la fine della Storia. Dunque, un potere politico dall’ambivalenza ambigua. Ogni epoca ha pensato o forse anche creduto se stessa come se fosse l’ultima e che l’avvento dell’Anticristo fosse imminente, per cui la vittoria definitiva del Bene sul Male di gran lunga ormai prossima. Il tempo dell’attesa si è spesso contratto, a volte è stato abolito, a tratti è stato un deterrente potente e una forza quasi sovrumana per affrontare le persecuzioni o il martirio come, ad esempio, nell’epoca di Nerone o di Diocleziano o, anche se in maniera diversa, in quella dei roghi degli eretici, dei dissidenti di ogni genere e di quanti hanno sempre praticato il libero pensiero. Un tempo dell’attesa che ha percepito in sé l’Evento quale dimensione sempre presente e attuale mantenuta dall’esercizio costante del Katechon. Il caos, l’anarchia, perfino la barbarie più assoluta non potranno mai esistere veramente in quanto Dio, il Divino, L’Essere Supremo permette al potere politico del momento storico di essere per il cristiano, il credente, l’uomo di fede il Katechon nel senso di categoria pregnante e definita per la manifestazione del fine ultimo. Nel mio libro LA RUNA DEL TEMPO pubblicato nel 1999, nel racconto IL VESTITO ovvero il Re del Mondo, ho cercato di capire, con le dovute differenze certo e per altre vie, l’enigma di questo tempo di attesa escatologica dell’oscura potenza frenante, che contiene ed è contenuta nel e dal potere politico terreno. Un Gesù pallido, lacerato, sublime, staccato da questo mondo e tuttavia sempre in esso quale “hecce homo”, alla domanda di un Governatore inquieto, scaltro e quasi borioso per il proprio potere:  << (…) Non parli eh! Non dici nulla! Non sai che ho il potere di condannarti o di liberarti?! >> Risponde: << Tu non avresti nessun potere su di me né su qualunque essere umano se non ti venisse dato dall’alto. >> ” (…) Ciò che aveva detto era giusto, era precisamente ed esattamente la verità. Se ‘ qualcuno ‘, in alto, molto in alto, non si fosse ‘ avvicinato ‘ all’imperatore con particolari lusinghe lui non avrebbe mai ottenuto la nomina di Governatore e ora sarebbe un semplice comandante di esercito dedito, nelle brevi pause di guerra, ad occulti studi filosofici, senza la benché minima influenza sul gatto che cammina sopra le tegole di casa. Era la verità. Diceva il vero… aveva detto la verità. La verità. Ma allora!… in alto, più in alto, molto più in alto dell’imperatore poteva esserci qualcosa o qualcuno… (…).” Non si conosce né il tempo né l’ora, l’Apocalisse giungerà all’improvviso “come un ladro di notte” perché forse una cosa è certa: il tempo di Dio non è il tempo dell’uomo. Mille anni per l’uomo sono per Dio un istante soltanto. San Paolo chiama la malvagità del tempo presente “mistero dell’iniquità”, di modo ché tutte le pene che la Chiesa patisce, dal suo inizio fino al manifestarsi del figlio dell’anomia o Anticristo, siano un mistero, una realtà occulta impossibile da comprendere e che sarà svelata al momento opportuno. L’uomo si costruisce una casa, ha cura della propria persona, custodisce i frutti della terra, si crea degli svaghi e dei passatempo che talvolta chiama politica o arte del governo o anche dovere e necessità espansionistica, pertanto egli è veramente un animale sociale, anche perché tesse delle maglie sociali che uomini, più propensi ad operare il male anziché il bene, codificano con la promulgazione di leggi e sanzioni a cui danno nome legittimo di Stato. Gesù di Nazareth ha proposto, per la prima volta nel contesto umano della Terra, un qualcosa di incredibile e di impossibile: l’amore per i nemici, suffragato dalla visione sconcertante dell’esistenza concepita e vissuta in “modo ludico.” Ci ha esortati ad essere come i gigli dei campi e gli uccelli del cielo, perché solo così possiamo realizzare il Regno dei Cieli che è “dentro di noi”, e in questo modo soltanto il Regno di Cesare riuscirà a convivere con il Regno di Dio. Un giorno ci saranno nuovi cieli e una nuova terra, il domino dell’Anticristo o figlio della perdizione sarà definitivamente annientato e la  “nuova  Gerusalemme” scenderà dal colle pura e trepidante come una sposa che si reca alla propria festa di nozze. Fino ad allora, la potenza del Katechon sarà assolutamente necessaria al fine dell’attuazione reale del compimento escatologico del piano divino. Se nessuna potenza catecontica emergerà più a frenare e a trattenere, sotto una forma qualunque di potere politico, il tempo (lunghissimo per la concezione prettamente umana) dell’attesa sarà allora finalmente giunto al termine? E quali spaventosi sconvolgimenti, tribolazioni, orrori dovranno subire realmente l’umanità e la Terra prima del ritorno del Cristo? (Emblematiche al riguardo le parole di Gesù: “Chissà se al mio ritorno troverò ancora la fede sulla Terra?”) Cosa ci riserva questo momento di crisi generale e particolare nella sua epochè? A queste inquietanti domande si può solo rispondere con una delle frasi conclusive (già citata nel brano iniziale) de IL POTERE CHE FRENA: “Molto di più non sembra sia dato sapere.”

Francesca  Rita  Rombolà


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