Poiché nessuno ha ancora dichiarato lo stato di calamità naturale, prospettandomi un giovedì di tutto riposo; poiché, appunto per questo, dovrei fare le medie e prepararmi agli scrutini, tenendo conto che sarà un tour de force anche solo arrivare a scuola, lasciare la macchina alla figliola, riprendere la macchina e compilare le pagelle (il tutto non necessariamente in quest’ordine); poiché dovrei pure finire due maglioni, uno per la figliola che ha fatto lavorare me, uno per il figliolo che ha lavorato lui ma ora si è stufato e vuole che finisca io;
ecco, poiché tutto ciò, io sfuggo ai miei imperativi e vengo qui a mantenere una promessa. Il pre-post sta diventando un post vero.
E siccome dopo la mia preoccupazione per il silenzio pare che il ministro si stia agitando, e tenuto pure conto che dovrò proibire gli stivali col pelo a scuola, non mi resta che far fronte al post sull’evoluzione del blog.
Questo, quindi, è un articolo di alta levatura intellettuale. Fenomenologico.
Mi capita, a volte, magari perché splinder chiude e io devo (voglio) recuperare post qui e là, o fare link su e giù, o preparare il mio librino tutto in ordine, mi capita di riprendere in mano articoli vecchi o vecchissimi. Lo dico consapevole che la vecchiaia è una cosa relativa, e che il blog sta per compiere soltanto quattro anni, che vecchiaia è? Be’, facciamo che, oltre ai quattro anni, sono 1.060 articoli (contando questo), e 16.000 e passa commenti. Qui la vecchiaia si vede un po’ di più.
Ma non è questo il busillis.
Il busillis è che io leggo alcuni post vecchi e fanno un po’ cagare (e vabbè; e fine dell’autocritica), poi ne leggo altri e li trovo belli, ma belli. Solo che non mi ricordo di averli scritti io. Oppure altre son belli, e mi ricordo che, quanto all’argomento e alle cose che dico, li ho scritti io, di sicuro. Però mi dico: va’ che belle cosine che scrivevo (tempo imperfetto). E poi mi domando: perché non scrivo più queste belle cose?
Ora, prima che siate commossi e gentilmente mi facciate pat pat sulla spalla a dire che, no, qualche bel post lo scrivo ancora, spiego: sto parlando del fatto che alcuni dei vecchi articoli erano succosi, precisi, descrittivi, un po’ cattivi, a volte. Sto parlando del fatto che, poco alla volta, vi avevo illustrato, eccola, voilà, la mia scuola, con tutta la fauna.
E mi chiedevo, già allora: ma quando avrò finito con la Colonna, e la Maloni e la Bifida e la Iena ridens, di chi scriverò?
E mi rispondevo: oh, bella da ridere, scriverai di quelli nuovi, no?
Perché i bimbi crescono, le mamme invecchiano, e i colleghi cambiano, no?
E infatti ecco qui la Polletta e la Patate Chaude e quell’altra con la scopa nel culo.
Ecco.
Ma poi? Poi mi accorgo di essere diventata lamentosa, e mi metto qui a fare la foto dei miei sciroppini e compagnia bella. E poi parlo del terremoto e del lavoro a maglia, che una volta il lavoro a maglia compariva soltanto come intervallo (per via del titolo: dieci minuti di intervallo, che l’idea doveva essere: parlo di tutte le volte che mi prendo un intervallo dalla scuola, pensa te dove siamo andati a finire dopo).
Ma poi? Dove sono le figu?
Vi chiedo: dove sono?
Possibile che non ci sia niente da dire sulla prof. Gradina, che strizza le labbra e le allunga e le arriccia e solo con quello ci riempirei una pagina a cercare di farvi capire come fa?
Perché mi metto qui a sferruzzare e a parlare del tempo (inteso: atmosferico)?
Ecco, io credo che prima (da giovane, ih ih ih) scrivessi per qualcuno di oscuro e indeterminato, sconosciuti che mi incrociavano nella notte splinderiana e che dovevo accalappiare in modo accattivante con un bel post solare o intrigante (gli aggettivi clou li ho usati tutti, un attimino, nevica come Dio la manda, non ci son o più le mezze stagioni e ora torniamo al post).
Non sto dicendo che mi mettevo lì a dirmi: su, scrivi qualcosa di accattivante e spiritoso. Non è che lo sapessi. No. Però, oggi, che son più vecchia e più saggia, mi accorgo che probabilmente era così.
Poi che è successo? È successo che, a parte quelli affondati come un iceberg o il Titanic, gli altri commentatori sono diventati a poco a poco persone ben presenti e conosciute. E non sto dicendo persone incontrate nella realtà, oh, ciao, va’ come sei alta, ti facevo più giovane, ti credevo più scema… No. Dicevo proprio persone che, con la frequentazione, i commenti, andiamo un po’ a leggere questo blog e così via, è come se fossero qui dietro l’angolo. Così che, dopo un po’, viene spontaneo mettersi qui e scrivere a Voi, cari Lettori e Commentatori, e non alle Navi nella Notte.
Però, così, certi bei post che quando li leggo oggi son tutta soddisfatta e non credo nemmeno di essere stata io a scriverli, non capitano più.
E allora? Come la mettiamo?
Mah. Domanda esistenziale. Dubbio amletico. Fuga dalla realtà (perché, in definitiva, io adesso dovrei essere di là a fare le medie dei voti o, al massimo , preparare pasta e fagioli per il maritino. E invece).