Sono annoiato dal pregiudizio, la sua invadenza nelle relazioni, quando si ipertrofizza, è spesso asfissiante.
Il pregiudizio è l'a-priori della conoscenza, è l'aspetto fondamentale
che ci consente di poter indirizzare la nostra attenzione su un
qualcosa, senza di esso non ci potrebbe essere relazione, poiché non
avremmo "quel qualcosa" di conoscitivo che ci permetterebbe di fare ...anticipazioni e di verificarle.
Il nostro comportamento è una sorta di attenzione scientifica: ipotesi e
verifica, la quale ci consente di modificare la propria conoscenza (le
anticipazioni) a seguito dei dati raccolti. E' proprio tale processo,
nel suo normale funzionamento, che ci da la possibilità d'incrementare
la personale capacità previsionale.
La nostra intelligenza non è
altro che anticipazioni su di sé e sul mondo, nonché elaborazione dei
dati personali messi a confronto. In pratica, la nostra capacità di
costruire se stessi e il mondo, è dovuta al continuo interscambio tra
noi e lo stesso, e all'essere cognitivamente suscettibili di adeguamento
per il risultante utile adattamento, e il tutto alla luce della
personale costante pregiudiziale (l'immagine concettuale su di sé, la
coerenza di significato personale).
Il punto, dunque, è il
raggiungimento degli obiettivi adattivi, che in condizioni ottimali, a
seguito: dell'incremento di conoscenza, dell'aumento della ricchezza di
dati conoscitivi, della risultante maggiore complessità cognitiva, ci
conducono a un più efficace orientamento con una più scandita identità
personale.
Nella quotidianità, però, spesso i processi adattivi
d'incremento previsionale rallentano o in estremis si bloccano, e
l'aspetto della rigidità nevrotica con l'eccessivo bisogno di costanza
autorappresentativa, acquistano un così tanto spazio ed espressione
nella relazionale con l'altro, da costituire, anche se ingannevolmente,
quel minimo, ma utile, conferma di dati di significato personale (il
proprio orientamento pregiudiziale).
E' la ristrettezza del
proprio angolo osservazione (il bisogno nevrotico di conferma di sé),
che ci rende conoscitivamente limitati e fortemente resistenti.
La rigidità del sistema mentale, deve, paradossalmente, la propria
ragion d'essere alla sua importanza evoluzionistica, è proprio tale
rigidità che consente all'individuo di avere la propria identità
personale (caratteristica costante nel tempo) con la quale potersi
orientare, riconoscersi e interagire.
Pensate ad una persona
con un sistema di conoscenza che non possegga dell'inerzia al
cambiamento, questa sarebbe, di fatto, un individuo estremamente
indifeso, incapace di prevedere efficacemente sé stesso e il mondo, e
nel contempo, non avendo una solida identità, sarebbe maggiormente
vulnerabile alla psicopatologia.
E' proprio per tali ragioni
che spesso l'aspetto "rigidità" di un sistema mentale, di fronte alle
"pericolose" perturbazioni del mondo, aumenta la sua carateristica di
immodificabilità, acuendo così il suo carattere pregiudiziale.
Siamo, quindi, di fronte ad un sistema individuale, che per ragioni
difensive (ipertrofiche), si schiera rigidamente di fronte all'altro
diverso da sè, che è visto tanto più perturbativo quanto più la
diversità è costruita come minaccia!
Mazzani Maurizio