Il pretore – Giulio Base, 2014

Creato il 03 aprile 2014 da Paolo_ottomano @cinemastino

Il pretore di Cuvio è uno dei vari romanzi di Piero Chiara prestati al cinema: Il cappotto, Venga a prendere il caffè da noi o La stanza del Vescovo sono forse i più celebri, ognuno a suo agio in una certa stagione della cinematografia italiana. Ecco perché anche dal Pretore ci saremmo aspettati qualcosa in più: non per fare confronti con i precedenti sullo schermo, ma per accogliere una pellicola che avesse onorato il soggetto di partenza, miscela di ironia e tragedia che permea le storie dello scrittore. Questa non fa eccezione: il pretore di Luino (in luogo di Cuvio) trascorre le sue giornate prestando più attenzione alle sue clienti avvenenti che ai loro guai. Non bada alla moglie, che si riprende dalla depressione solo quando il nuovo vice-pretore va ad abitare in casa loro. Se la reputazione del pretore è stata solida, fino a quel momento, una serie di eventi la minano e lo riducono ai minimi termini, alla ricerca di una dignità forse compromessa.

Francesco Pannofino come protagonista può diventare il coltello dalla parte della lama. Lo abbiamo apprezzato tantissimo nella serie televisiva e nel film Boris, ma l’attore ha spesso faticato a uscire dalla macchietta negli altri ruoli. Possiamo solo ipotizzarne le ragioni: personaggi piatti in sceneggiatura, registi che non riescono a valorizzarlo, il fantasma di René Ferretti che lo insegue senza tregua. Ma anche in questa circostanza, come nelle sue fiction più recenti (Nero Wolfe o Adriano Olivetti – La forza di un sogno), la sua interpretazione si spinge sempre troppo sopra le righe. Eppure sarebbe stato interessante vedere più profondità in un personaggio che, sulla carta, vive di contraddizioni, bugie. Non è la storia a essere debole, ma è la sua rappresentazione che non convince perché ricalca i cliché, soprattutto recitativi, di buona parte della fiction nazionale; un mondo familiare per lo stesso regista, Giulio Base. Troppo spesso l’impressione è solo una: fretta e superficialità nella realizzazione di un prodotto che probabilmente costa più di quello che incasserà.

Ecco l’articolo su Cinema4stelle.

Paolo Ottomano



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