Il profeta Nostradamus – Capitolo bonus
non presente nella versione definitiva del romanzo
di Iannozzi Giuseppe
Tutt’ebbe inizio con il Big Bang, cioè con Me, milioni e milioni di anni fa, così tanti che la memoria fa fatica enorme a ricordare esattamente quando: fu un grande collasso, una cosa che non m’era mai accaduta prima, anche se devo ammettere che qualche volta ho nutrito il sospetto che tutto fosse semplicemente cosa già vista, trita e ritrita, nient’altro che una ripetizione: il faut le voir pour le croire!Erano tempi di grande confusione: la vita non esisteva ancora, però Io esistevo, Io avevo coscienza e conoscenza del Tempo… quindici miliardi di anni fa, ecco, potrebbe essere un’indicazione temporale abbastanza attendibile per darmi un’età. Sono nato così, con un’esplosione; e sono miliardi di anni che continuo a espandermi. E pensare ch’ero grosso come un’arancia; e adesso i poeti mi dicono Infinito e i filosofi, se potessero, direbbero anche di più; gli scienziati, invece, dicono che ormai il mio tempo è segnato: le galassie s’allontanano l’una dall’altra, i pianeti nascono e muoiono e Io neanche me ne rendo conto, le vite si alternano alle vite… cose di poco conto con tutti i miliardi di esseri che ho dentro di Me… Di certo non posso ricordare tutti quelli che sono nati in Me e che in Me sono morti per congiungersi con l’Infinito, buchi neri, nove e supernove. Ma Io ho il mio tempo: ancora giovane, molto giovane: la mia espansione è appena giunta a un decimo rispetto a quella che posso raggiungere; poi, forse, anch’io troverò il riposo nel Big Crunch, quando l’Universo tornerà a restringersi per esser di nuovo una cosetta grande quanto un’arancia.
Non posso ricordare tutti, però i testardi di torinesi Io me li ricordo bene… e la Sindone, che oggi accogliete, trattatela bene e pregate perché le tradizioni rituali non si perdano nell’Infinito:
Gesù Bambino è nato,
è nato in Betelèm:
l’è sopra un po’ di paja,
l’è sopra un po’ di fien,
l’è sopra un po’ di fien.
Sa j’è ‘l Bambin ch’a piura,
sua mama ch’a lu adura:
l’è sopra un po’ di fien.
A ‘s sent na vus ant l’aire,
a ‘s sent a ‘vnì ciantan:
l’è san Giusep, so pare,
lo pia ‘nt i so brass.
S’a i cianta la cansun:
“Larin, larin, Lareta”.
S’a i tucia la barbeta:
“Basèmi, se vi pias!”
Taurasia è ancora allo stato embrionale: da poco i Taurisci sono susciti dalle loro capanne per costruire le prime abitazioni in argilla, di pietre squadrate. I primi abitanti ebbero contatto con i Liguri e con i Celti, almeno così si può sospettare.
Tutto andava bene: il Sole riscaldava la Terra, le piogge cadevano con regolarità e i Taurisci coltivavano i loro campi senza sorta alcuna di preoccupazione. Però un brutto giorno, un drago malvagio invase i campi e la nascente Taurasia fu presa da grande spavento; la piccola economia crollò d’un sol colpo e la fame cominciò ad allignare sui poveri Taurisci, che proprio non sapevano come cavarsi da quel brutto impiccio.
Ricordo bene quel triste periodo: i bambini piangevano e i vecchi pure, i giovani invece erano coraggiosi, ma a nulla valse il loro coraggio contro l’infernale drago.
Io ero solo uno fra i tanti, un contadino: un giorno mi venne un’idea. Non è che a quel tempo pensassi molto; la mia vita tutta era dedicata al lavoro nei campi e così pure il mio pensiero, però il fatto che nei campi non ci potevo più andare mi faceva andare in bestia! Avevo a quel tempo un bel toro, un toro forte, robusto, scorbutico per certi versi; pensai che se un uomo nulla poteva contro il drago, forse un toro forte come il mio avrebbe potuto tentare d’allontanarlo. Già di natura bizzosa il mio toro, lo feci pure ubriacare d’un buon vinello di quelli che oggi mica si trovano più; e come tracannava il mio torello, bevve e quanto bevve… a fine ubriacatura vedeva proprio rosso. Era ormai ubriaco fradicio quando lo lasciai scorrazzare per i campi: lo vidi allontanarsi al trotto, infuriato, bramoso di misurarsi con qualcuno che gli tenesse testa. E fu così che s’imbatté nel drago: se le suonarono di brutto fino al tramonto; entrambi erano forti e valorosi… la ferale pugna si risolse solo al tramonto. Entrambi i contendenti rimasero a terra morti. Il toro aveva sconfitto il drago del Diavolo. Fu così che il Toro divenne il simbolo della nostra Taurasia. Me lo ricordo bene… strani giorni di leggenda quelli.
Nostradamus se ne sta pacifico nel suo letto afflitto dalla gotta, che, minuto dopo minuto lo divora; Chavigny l’ha assistito per tutto il giorno; poi, a sera fatta, si congeda.
“A domani!”, fa Chavigny tutto triste.
Nostradamus gli risponde con voce flebile: “Voi non mi vedrete più in vita al levar del sole!”
Viene sepolto nella Chiesa dei Francescani a Salon Di Crau:
QUI RIPOSANO LE OSSA DI MICHELE NOSTRADAMUS
IL SOLO, SECONDO IL PARERE DEI MORTALI,
LA CUI PENNA QUASI DIVINA
FU DEGNA DI RACCONTARE, DOPO L’INFLUENZA DEGLI ASTRI,
GLI AVVENIMENTI FUTURI DEL MONDO INTERO.
EGLI VISSE 62 ANNI, 6 MESI, 17 GIORNI. MORI’ A SALON
DI CRAU, L’ANNO DI CRISTO 1566 IL 2 LUGLIO.
POSTERI NON INVIDIATE IL SUO RIPOSO.
ANNA PONSANRD DI SALON AUGURA
AL SUO SPOSO LA VERA FELICITA’
Il mistico profeta venne sepolto in piedi con la penna e tutto il necessario per scrivere, proprio secondo sua volontà: “Affinché i cattivi piedi non mi camminino mai sulla gola, né durante la mia vita, né dopo la mia morte”. E la moglie, Anna Ponsard, fece in modo che questa sua volontà venisse rispettata.
Nostradamus ci lascia in eredità le Centuries di cui egli stesso disse: “Senza l’ispirazione di Dio, non si può avere una perfetta conoscenza delle cause, perché ogni ispirazione riceve il suo principio dal suo creatore. Ho voluto tuttavia spiegare degli avvenimenti che riguardano tutta l’umanità… al centro delle frasi misteriose e imprecise… Per evitare di urtare la suscettibilità, ho velato la verità presentandola attraverso immagini confuse. Ho scoperto che il mondo prima della conflagrazione finale subirà inondazioni e diluvi a seguito dei quali nessuna terra riemergerà più”.
Una leggenda racconta che a Pinerolo venne incarcerato il famigerato Maschera di Ferro, gemello di Luigi XIV di Francia, gemello nato alcune ore dopo Luigi, il 5 settembre 1638, presso il castello di Saint Germain; Nostradamus nella Centuria I, profezia 95 dice:
“Davanti al monastero trovato fanciullo gemello
d’eroico sangue di monaco e antico:
sua fama per setta lingua e potenza sua
che si dirà ben elevato il vopisco.*”
Nella Seconda centuria, 97 profezia si legge:
“Guardati, Romano Pontefice, dall’avvicinarti,
alla città bagnata dai due fiumi:
là accanto verserai il tuo sangue
tu e i tuoi quando la rosa fiorirà.”
Questa quartina, a detta di alcuni moderni esegeti, starebbe a significare che in un prossimo futuro il Pontefice sarà assassinato o a Lione o a Torino, dove il Po e la Dora Riparia scorrono nel ventre della terra. La quartina 27, sempre della Seconda centuria, è ancor più drammatica:
“Il Verbo Divino sarà battuto dal cielo:
che oltre non potrà procedere:
il segreto del rinserrante fermato,
che si camminerà per di sopra e in avanti.”
Per molti questa quartina significherebbe la rivelazione del segreto della vita da parte del Verbo Divino; l’uomo, messo a conoscenza della sua identità, della sua venuta, di quale cammino l’aspetta nel futuro, finalmente sarà capace di sfruttare tutte quelle sue capacità recondite che prima erano solo oggetto di letteratura metafisica, e ciò sarà possibile perché prima che l’uomo si macchiasse del Peccato originale, anche lui, uomo, era come Gesù.
Nella Centuria terza, quartina 65 si legge:
“Allorché si rinverrà il Sepolcro del grande Romano,
il giorno appresso sarà eletto il Pontefice:
non sarà approvato dal Conclave per dispute,
nel calice sacro il suo sangue sarà avvelenato.”
E’ opinione ormai conclamata presso tutti gli esegeti di Nostradamus che la quartina ha vaticinato la morte di Pio XII (Eugenio Pacelli), la scoperta della tomba di S. Pietro Apostolo e l’elezione di Giovanni XXIII er Papa Buono, che in seno alla Chiesa tanti contrasti provocò, tanto che alla sua morte la Chiesa ebbe a dire, per voce d’un cardinale, che “ci vorranno cinquant’anni per rimediare ai guasti che ha fatto alla Chiesa nei cinque anni del suo Pontificato.”
Nell’Ottava centuria, quartina 66 si può leggere:
“Quando si troverà l’epigrafe D.M.,
e con la lampada si scoprirà un antico anfiteatro,
verranno provati Legge, Re, il Principe Ulpiano,
e sotto la lapide il chiosco della regina e del Duce.”
Cosa significa D.M.? Forse Domus Morozzi, la cascina che ospitò Nostradamus nel suo soggiorno torinese? O D.M. significherebbe Dux Mussolini? Oppure Diis Manibus, ovvero il culto dei Mani, degli antenati? La terza ipotesi sembrerebbe quella più accreditata vista la propensione di Nostradamus a guardare con particolare interesse ai culti degl’antichi romani. Diis Manibus era scritta che veniva apposta sugl’epitaffi romani; in sintesi significava “oggetto di culto dedicato agli Dei Mani”, ovvero alle anime dei defunti assimilabili alle divinità infernali che, a capriccio, ritornano sulla Terra e devono necessariamente essere placate con il culto personale o familiare; infatti solo dopo aver appagato i Mani, il Grande Monarca assumerà le sembianze che gli spettano, quelle di Anticristo!
Sempre dall’Ottava Centuria, quartina 77 si può leggere:
“Ben presto l’Anticristo ne annienterà tre,
la guerra sanguinosa durerà ventisette anni,
gli eretici morti, i prigionieri esilierà,
sulla Terra grandinerà sangue, cadaveri, acqua arrossata.”
L’interpretazione più logica è quella che dà sfogo alla nascita dell’Anticristo, quello descritto nell’Apocalisse di Giovanni; si può immaginare la 3za Guerra Mondiale scatenata da questo Anticristo, commistione delle due nature di Hitler e Stalin, la cui unione durò 666 giorni, cioè dal 24-26 agosto del 1939 al 23 giugno del 1941. Secondo questa interpretazione, Hitler e Stalin si reincarneranno nell’Anticristo e solo l’azione congiunta di due testimoni di Dio potranno sconfiggerlo.
Ecco sono traslato dentro al corpo mortale di Nostradamus, o almeno in quello che n’è rimasto: sono in piedi e ho penna e carta per scrivere e vaticinare ancora.
“Passeggio lungo Via Morozzo, nel quartiere San Paolo e d’improvviso son catapultato nella strada consortile del Morozzo, in Val Salice, appartenente ai marchesi Morozzo. Passato e Presente sono un Tutt’Uno ed Io, Nostradamus, sono la Continuità. Vedo cose che già sapevo quand’ero già nel Passato, anco vedo il Presente già da me vaticinato: non sbagliai profezia alcuna. Sento che qualcosa di grande e terribile si sta avvicinando, è inevitabile che le profezie mutino in realtà. Torino, Torino, dei misteri, sempre cara, sempre più avvolta dalle nebbie padane, a me non celi l’occhio cieco di Tiresia. Tantalo, quale sventura! Che accade? Che accade, ora? Le nebbie m’avvolgono, la penna più non scrive, mi esaurisco… mi esaurisco… che cosa si sta preparando? Cosa? Non importa… ho già vaticinato prima che il mio spirito abbandonasse le spoglie mortali… Poco importa se qui non c’è felicità così come la mia dolce consorte si augurò per me. Che ne poteva sapere lei dell’Aldilà, pover’anima umile compresa nel mio cuore! Mio cuore, mio cuore, strappati da qui… mi esaurisco… mi esaurisco…”.
* Vopisco: termine latino usato da Plinio che significa “quello dei due gemelli che sopravvive”.
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