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Il primo rientro in Italia

Creato il 06 ottobre 2010 da Kata
Sabato sono tornata in Italia per qualche giorno. La prima volta da quando ero partita a metà agosto. Mi è sembrato come se non fossi mai andata via. Non era strano tornarci. Effettivamente non è da tanto che sono venuta via. Ma è comunque sconcertante che pure nel giro di un mese e mezzo sono cambiate alcune cose. Il Copybar accanto al Polo Universitario è chiuso, in attesa di cambio gestione, l'ufficio dell'ATAF alla stazione di Santa Maria Novella è sparito (non esiste più proprio l'edificio!). Il problema con il lasciare un posto è che anche se ci puoi sempre tornare non sarà mai più uguale a come l'avevi lasciato. Così più passa il tempo, più ti senti estraneo. E' inevitabile. Le cose cambiano in modo arrestabile.
Il primo rientro in ItaliaSono atterrata a Pisa alle otto di sera e la temperatura era molto piacevole. Gabriele mi aspettava all'aeroporto e siamo andati a mangiare una pizza in centro, in una pizzeria dove da tanto che volevo tornare. Forse dai tempi dell'Erasmus che non ci sono più andata. (Le Scuderie, dove fanno la pizza a metro come al nostro Lupin a Firenze, dove la mia squadra va a mangiare dopo le partite.) Non credo che facciano la pizza migliore della regione, ma io la mangiavo come se non avessi mangiato da mesi!  Mi sentivo un po' scema. In Svezia finisco per mangiare tutta roba scondita a mensa per evitare le salse. Devo assolutamente vincere la mia pigrizia di cucinare...
Poi domenica è stato bel tempo, e dopo pranzo (ma che pranzo! preparata dalla suocera) siamo andati a fare due passi al mare (dove è stata scattata questa foto). Abbiamo incontrato  per caso una coppia che Gabriele conosceva, ed è venuto fuori che il ragazzo lo conoscevo pure io. (Lui mi ha guardato e mi ha chiesto: "Ma tu giocavi al Cus tempo fa, vero?") Sì, ci ho giocato nove anni fa! E' incredibile incontrare ancora gente di quei tempi e riconoscerli (pure a me  il suo volto sembrava familiare). Ed è incredibile quante conoscenze abbiamo in comune con Gabriele per via della pallavolo che non sapevamo di avere, ma che stiamo scoprendo via via. Sono divertenti queste coincidenze!La sera siamo andati a cena con tutta la famiglia in un ristorante di pesce sotto Livorno (cucina buona e costa il giusto, si chiama Novelli). Ovviamente a fine pasto ho preso un ponce! :)
Poi lunedì e martedì due giornate frenetiche a Firenze. Mi ricordava molto quelle volte in cui torno a Budapest per pochi giorni e cerco di sbrigare mille cose e vedere i più amici possibili, incastrando gli appuntamenti tra un impegno e l'altro. Ma per fortuna l'organizzazione è il mio punto forte, quindi anche questa volta sono riuscita a salutare tutti quelli che contavo di salutare. Ho rivisto le mie migliori amiche, ho visto il bambino di una mia cara amica e collega che è nato mentre ero già via, ma di cui vedevo crescere la pancia giorno dopo giorno in stanza accanto a me, e sono riuscita a sistemare alcune cose per la conclusione della mia pratica forense.
Certo l'Italia non è tutta rosa e fiori. Ci ha pensato a ricordarmela il trasporto pubblico. Lunedì pomeriggio sono dovuta andare dall'Università allo studio dell'avvocato penalista. Ho percorso 6 km in 80 minuti! Dovevo cambiare autobus alla stazione e prendere il 12 verso Piazzale Michelangelo. Non trovavo la fermata del 12 alla stazione, e l'edificio dell'ufficio informazioni era sparito dalla faccia della terra (come detto sopra, appunto), e ci sono anche alcuni cambiamenti temporanei di linee, ovviamente non ben pubblicizzati. A un certo punto ho chiesto informazione a un vigile che capitava lì, e lui mi ha detto che il 12 partiva dalla piazza di fronte alla Basilica di Santa Maria Novella. Vado di corsa lì, ma nessuna linea 12! Era il 36 che passava di lì e, rassegnandomi, ho preso quello. Alla fine la direzione era quella, dovevo solo fare una piccola scarpinata in salita per arrivare allo studio (con un notebook di dieci chili sulle spalle... e l'aria umida. che sudata!). A tutto ciò aggiungo che il Comune (o chi ne è responsabile) ha ben pensato di svuotare tutti i cassonetti della città alle 3 del pomeriggio con dei camioncini che bloccavano il traffico nelle vie più strette (intendi: tutte le vie del centro) accumulando una lunga fila di autobus di linea dietro. Il tutto speziato con un po' di pioggia.
Ma quando tornavo verso la stazione a fine giornata, e passavo con il 36 sul ponte Santa Trinita, guardando il Ponte Vecchio mi è venuta la stessa stretta cuore che sento quando a Budapest con l'autobus numero 7 passo sul Ponte Elisabetta e guardo il Ponte delle Catene...

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