Credo alle favole. Cresciuta a pane e
film della Disney, con una forte propensione al romanzo d'amore e/o
chick lit, io credo fermamente alle favole.
Non posso farne a meno. Le circostanze
di ogni giorno diventano la base fondante d'ogni giusto, benché
inutile, dramma dove l'eroina della situazione (io), a dispetto
dell'apparente ferocia nei confronti dell'universo maschile, aspetta
– con trepidante angoscia – il momento in cui il principe azzurro
(anche nero, giallo o rosso va bene, siamo comunque alquanto
democratici in questi tempi di crisi) in groppa al suo possente
destriero (ci si accontenta anche di un piccolo ciuchino, non è un
problema) si attacca al campanello della sua anima, suona come non vi
fosse un domani fino al momento in cui la bella – ed un tantino
addormentata – solleva il citofono e, tra uno sbadiglio e l'altro,
esclama..
-
chi è – senza inflessioni,
senza punti di domanda. La voce deve essere il più piatta
possibile.
-
Ciao cara, sono io! - fa lui. Ha
la voce alquanto irritante, molto nasale. Insomma, un vero abominio.
-
Io chi? - si sta irritando.
Ragione numero uno: “cara ci chiami tua sorella”, pensa. Ragione
numero due: stava pettinando il gatto e “sto str*** arriva a
rompere le bal**” [op.cit. Principessa]
-
ma su, dai! Mi hai aspettato così
tanto ed ora sono qui!
Ecco che la nostra moderna principessa,
con la maschera al cetriolo al viso, il citofono all'orecchio, il
gatto sul tavolo e forum in tv, capisce chi è. Ma come poteva non
esserci arrivata prima: è
l'Hera! “Finalmente sono venuti a
sistemare quel casino che mi hanno fatto con i contatori” pensa
lei, allontanando con un calcio il gatto che – nel frattempo –
cerca di staccarle un pezzo di caviglia “certo che hanno la
fantastica capacità di prendere i momenti migliori.. quelli in cui
sono messa come il p.. dai, non al top della mia forma. Vabbé, mi
tolgo la maschera e scendo”.
-
Ho capito, ho capito. Ascolta, tu
intanto apri i contatori e inizia a sistemare il casino che quelli
della tua agenzia mi hanno fatto. Io scendo tra un momento –
omette con cura la ragione del suo ritardo. Riaggancia con ferocia
il citofono – il solo pensare il nome Hera le provoca violenti
spasmi di puro odio in tutto il corpo – e si precipita al
lavandino per l'operazione “laviamo il viso”.
Con cura. Molta cura. Proprio nel
momento in cui ha finito di sciacquarsi per la ventesima volta il
viso, sente il telefono vibrare. "potrebbe essere il mio principe azzurro!" Corre come una disperata, evita con
un balzo la sua gatta che – come ogni gatto che si rispetta – le
sta sempre tra le balle, scarta la porta dell'armadio
irrimediabilmente aperta, con una capriola leggiadra evita gli
sportelli della piccola cucina bianca di Mercatone Uno, balza in
piedi con la grazia di un elefante ed afferra il telefono che se ne
stava tranquillo e beato sul tavolo della sua
cucina/salotto/soggiorno. Sblocca la tastiera: c'è un messaggio.
“Chi sarà” pensa, con il cuore che si riempie di gioia, di
aspettative e di straordinario sentore di “love is in the air”..
é la Mediaworld.
Scaglia il cellulare sul tavolo, alza
con poca finezza il braccio destro, saluta la gatta e esce di casa.
Corre giù per le scale, vuole evitare
a tutti i costi la vicina del piano di sotto e le sue pezze infinite,
rischia di rompersi l'osso del collo almeno tre volte (nelle svolte:
ha le all star talmente consunte che scivolano su ogni tipo di
superficie, specie se è appena stata passata la cera), arriva
all'ingresso del condominio, spalanca la porta, si aggrappa allo
stipite e.. prende qualche bel respiro profondo. Nella sua
disperazione di single mica tanto convinta ed emo drammatica, ha
alzato un tantino troppo il budget settimanale per le sigarette:
risultato? Non ha fiato.
I suoi occhi, abituati all'oscurità
del condominio, sono sferzati dalla forte luce di un sole accecante.
Per qualche istante non vede più
nulla. Poi, lentamente, il profilo del condominio diroccato che sta
davanti a casa sua prende forma. Seguito dalla sua amata Volkswagen
Polo. Arriva poi il bidone della raccolta indifferenziata e la
bicicletta del suo vicino.
Poi è il turno di un essere umano.
“
Basso. Porta una giacca abnorme
che lo mortifica fino all'inverosimile. Sembra che abbia anche le
maniche troppo lunghe. E poi lui è biondino, quella giacca è di un
blu smorto. Lo rovina. Sotto ha una camicia a righe bianche e blu, e
pantaloni di un beige slavato che fanno a pugni con tutto il
resto. Non è grasso, è tranquillamente magro. Ma sembra davvero
vecchio, proprio vecchio vecchio. Vabbé, non ha capelli bianchi, non
ha lo sguardo che ho sognato trilioni di volte guardando Preatty
Woman ed immaginandomi di uscire con Richard (giovane, vecchio,
decrepito: lui va bene a prescindere), non ha un fascino incredibile
ma.. non è nemmeno completamente inguardabile. Anzi.. Se si togliesse
quello strano sorriso dalla faccia che mi urta a livelli atomici
andrebbe ancora meglio. Si, decisamente meglio. No, dai va bene, non
è male. No, dai è carino, decisamente. Ma è vecchio! Così vecchio che io sembro così giovane: ed
ho venticinque anni, perdinci, non 2! Concentrati, rimani sul pezzo”
si dice. “
prendi in mano la situazione e vai avanti”.
-
Senti, ormai mi sono rotta le
balle con questa storia dei contatori – dice lei, mostrando
famelica i denti, tutta presa dalla modalità iena ridens – avete
fatto il subentro del vicino sui miei contatori, ti rendi conto? E
avete cancellato il mio contratto! E, tra le altre cose, perché sai
com'è, con voi non possiamo farci mancare mai nulla, mi fatturavate
un contatore che non è il mio anche se mi avete aperto quello
giusto! Ma ti rendi conto dello stress? Ti rendi conto del tempo
perso dietro le vostre cazzate soltanto perché qualche stronzo in
un ufficio ha deciso di fare delle chiacchiere invece di controllare
per il verso la mia pratica? Ma ti pare che io stia qui a pettinare
le bambole?! no, dai dimmi, ti prego, esprimiti! -
Lui la guarda stranito, come se la
ragazza parlasse greco antico. È un po' spaventato da cotanta
veemenza, a dire il vero.
Non appena capisce di non aver davanti una pazza ma una ragazza un tantino arrabbiata, apre
bocca e dice – mah.. veramente io non sono dell'Hera.
Lei sbianca. Riprende colore e..
sbianca di nuovo. - ah.. no?
-
eh no – fa lui, stringendosi
nelle spalle. - ero qui per portarti a cena fuori, veramente
-
ah davvero? - fa lei, incredula. "sarà mica questa una bella botta di c***??"
-
Ebbene si. Il pesce.
Pesce? Dai bastava un bacon cheese
burger all'America Graffiti. O una pizza. Ma, guarda, anche un kebab
nei quartieri più malfamati della città.
Ed invece no, il pesce. Cavolo, cena
impegnativa. Pensandoci bene, però, aveva voglia di un buon fritto
misto..
-
ok. - fa lei, nascondendo le mani
dietro la schiena ed evitando accuratamente di guardarlo in faccia –
il tuo cavallo?
-
Prego? - risponde lui, scioccato.
Cavallo? Ma di che cosa stava parlando?
-
La tua macchina intendevo.. -
troppe, troppe favole.
-
È la – dice, indicando un'Audi
talmente lunga da ricordarle un carro funebre.
Ma ancora, la nostra ingenua eroina,
non aveva visto ciò che davvero sarebbe riuscita a scioccarla: i
tappetini in plastica e di questo strano color acciaio. Le sembrava
di aver appoggiato i piedi su tante piccole mannaie.
“manca soltanto che la radio parta su
M2O e poi andiamo dritti verso tamarlandia”.
E come ogni desiderio inespresso, ecco
che la radio si accende. Su
M2O.
Lui si volta verso di lei, le sorride:
- sei pronta allora, andiamo? -
“
tan vi la, io sono nata pronta”..
… continua ...