Aldo Grasso commenta da par suo l'ultimo programma sul Principe Emanuele Filiberto, che ci piace ricordare soprattutto per la geniale apparizione a Sanremo...
Che cosa c'è di interessante nel mostrare un signore che guarda il lavoro come una stranezza cui gli altri umani sono costretti?
Devo ricorrere all'autorità di Mark Twain, rubargli un passo di Huckleberry Finn per dare sfogo al moralista che alberga in me: «Tutto quello che voglio dire è che i re sono re, e tu hai da tenerne conto. Nel complesso, sono una categoria straordinariamente volgare. È il modo con cui sono stati allevati». Re o principi, in tv è la stessa cosa. Ma davvero era il caso di mandare in onda un programma come «Il principiante. Il lavoro nobilita», un docu-reality prodotto da Riccardo Chiattelli per prendere in giro quelli che hanno bisogno di lavorare? (Cielo, DTT e canale 126 di Sky, martedì, ore 21,15).
Non si può essere principi ed essere innocenti, almeno in tv. Il Nostro Senza Arte né Parte, dopo essere stato sdoganato da Fabio Fazio ai tempi di «Quelli che il calcio», dopo aver cantato a Sanremo con Pupo, dopo essersi esibito a «Ballando con le stelle», adesso ha deciso di prenderci per i fondelli. La messinscena prevede che lui sia seguito da un maggiordomo in Bentley, che la sua vita reale sia fatta di ricevimenti, feste, inaugurazioni e che, tanto per distrarsi, scopra quello strano mondo che si chiama lavoro. Nell'ultima puntata, Emanuele Filiberto si è esibito come tosacani e come contadino, incontrando una gentilezza che non meritava; del resto, come si diceva nelle corti di Francia, l'ingratitudine è il primo dovere di un principe.
Non capisco cosa ci sia d'interessante nel mostrare un signore che non ha mai tenuto una scopa in mano, che guarda il mondo del lavoro come fosse una stranezza cui gli umani sono costretti dalla loro insipienza, che sostiene di voler «provare la vita vera». Questi sono i disastri della celebrità televisiva: in altri tempi, uno così sarebbe stato inseguito (metaforicamente) con i forconi, giusto per fargli capire quanto sia più opportuno coltivare la discrezione.
Mi ricordo un irresistibile fumetto, si chiamava «Il mago Wiz», in cui qualcuno inalberava sempre una scritta: «Il re è un babbeo». Ma era solo un fumetto.
A. Grasso