Il Principio di Peter

Creato il 15 febbraio 2012 da Albino

Correva l’anno 2000 o giu’ di li’, e io ero impegnato con l’inizio della mia tesi e uno dei miei ultimi esami. Era uno di quegli esami tipo Elettronica Applicata 2, di quelli facoltativi che puoi sceglierti agli ultimi anni di corso, in quel brevissimo periodo in cui quello che studi e’ veramente interessante (anche perche’ ti scegli quello che ti piace). Il prof era prossimo al milione di anni d’eta’ (e infatti oggi e’ passato a miglior vita, pace all’anima sua), una di quelle figure monumentali tipiche delle facolta’ di ingegneria: ingegnere per passione col regolo in tasca, abito con panciotto e cipollone per controllare l’ora, barbetta e capello bianchissimi, aria bonacciona da nonno, vecchio stampo, conti a mano e pedalare.

L’esame lo chiamavamo in gergo “elettronica bellica“, perche’ il prof. amava raccontare aneddoti di applicazioni pratiche e storie di come certe tecniche e tecnologie fossero state inventate (guarda caso, spesso in tempo di guerra). Era uno di quegli esami con ore di laboratorio in cui dovevi metterti a creare in pratica quello che avevi calcolato e progettato. Utilissimo soprattutto perche’ dopo quell’esame avevi finalmente acquisito abbastanza esperienza manuale da poter zittire i periti elettronici e la loro tendenza a dire che gli ingegneri non sanno distinguere un transistor da una resistenza. Vabbe’.

Uno dei ricordi piu’ nitidi di quel vecchio prof e’ il fatto che ci ha introdotto per la prima volta alla Legge di Peter, o meglio (avrei scoperto poi) al Principio di Peter: In ogni gerarchia, un dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompetenza.

Cosa significa il principio di Peter? Semplice: in una scala gerarchica tipo quella aziendale, se sei bravo a fare il tuo lavoro col tempo ti promuovono. Se sei bravo nella mansione successiva ti promuovono ancora, e cosi’ via fino a quando raggiungi il tuo livello di incompetenza: ovvero fino a quando ti danno una posizione in cui non sai quello che stai facendo, fai male il tuo lavoro e quindi non ti promuovono piu’.

L’esempio che riportava il mio prof  era piu’ o meno come quello citato da wikipedia: c’e’ un operaio bravissimo a usare il tornio, che quindi viene promosso a capoturno con mansioni di responsabilita’, e questo implica che deve iniziare a gestire il personale sottoposto. Pero’ lui e’ stato formato e ha esperienza solo ad usare il tornio: non ha idea di come si gestiscano la sicurezza e le ferie e tutte queste cose qui. Quindi una volta raggiunto quello che e’ il suo livello di incompetenza, l’operaio una volta divenuto responsabile smette di essere promosso.

La teoria e’ questa. Poi la vita in realta’ ci insegna che, come in ogni sistema non ideale, il tutto e’ influenzato da nepotismi e spintarelle varie che fanno andar su gente ben al di sopra del suo livello di incompetenza. O, come sembra stia succedendo a me in questi giorni, alle volte sei cosi’ bravo in quello che stai facendo che l’azienda ti dice che non puo’ permettersi (ma sembra non voler) farti salire di livello, senno’ ti perde. E ti ritrovi a dover combattere con egoismi di managers che non vogliono lasciarti andare, diritti acquisiti di gente che e’ in azienda da prima di te, insostituibilita’ apparente, ecc. ecc. ecc.

Ma d’altronde il mio prof era un vecchio barone di famiglia, e lui la vita vera probabilmente non l’aveva mai vissuta in vita sua. E Laurence Peter, pure lui, da buon psicologo che minchia volete ne capisse di condizioni al contorno? Perche’ il Principio in realta’ dovrebbe essere una Legge, come suggeriva il mio vecchio prof, e dovrebbe cominciare con “in una societa’ ideale e perfettamente meritocratica…


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