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Il Principio Olografico: siamo tutti ologrammi?

Creato il 05 gennaio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

BlackHoledi Stefano Machera. (In altre occasioni ho spiegato come), secondo l’attuale teoria sulla termodinamica dei buchi neri, l’entropia di un buco nero (o, se preferiamo, la massima quantità di informazione che esso può contenere) è proporzionale alla superficie del suo orizzonte, e che questo implica una corrispondenza tra la configurazione interna del buco nero (in termini di meccanica statistica, i gradi di libertà interni, che sono in questo caso inaccessibili dall’esterno) e la configurazione superficiale, il cui “quanto” minimo è della dimensione della lunghezza di Planck. Questa corrispondenza richiama il concetto di ologramma, inteso in modo generale come rappresentazione a N-1 dimensioni di un oggetto N-dimensionale.

A questo punto, alcuni fisici hanno proposto di generalizzare questo risultato, e ipotizzare che questa proprietà “olografica” non sia esclusivamente attribuibile al volume di spazio all’interno dell’orizzonte di un buco nero (peraltro, ricordiamo che l’orizzonte di un buco nero è una superficie virtuale, e non corrisponde a nessun “confine” materiale), ma sia valida per qualsiasi parte dello spazio, e infine anche per l’Universo in generale. Questo è il cosiddetto Principio Olografico. Come “corollario”, deriva che in virtù di questa corrispondenza, è equivalente studiare la fisica della “superficie olografica” anziché quella del “volume” in essa racchiuso, e studiare quindi un “universo” bidimensionale anziché tridimensionale. Ma se la superficie bidimensionale è un “ologramma” di uno spazio tridimensionale, come facciamo a sapere se viviamo “veramente” in uno spazio tridimensionale e non in uno spazio bidimensionale che produce una “illusione olografica” di tridimensionalità? Entriamo in un territorio bizzarro, dove sarebbe di casa M. C. Escher…

Il Principio Olografico: siamo tutti ologrammi?

Ebbene, per quanto bizzarro possa sembrare,  il Principio Olografico ha anche delle conseguenze che, in linea di principio, potrebbero essere osservabili. Se tutta l’informazione presente in un volume di spazio deve poter essere “trascritta” sulla superficie dello spazio stesso in caselle di dimensione fissata, questo vuol dire che la densità dell’informazione (e quindi della materia, visto che a ogni particella di materia è associata dell’informazione) non può superare un limite massimo, oltre il quale “non ci sarebbe abbastanza spazio” sulla superficie per “olografare” tutta l’informazione contenuta. Quindi, se il Principio Olografico è vero, deve esistere una “granularità” minima alla quale è possibile osservare le proprietà microscopiche della materia e dello spazio-tempo, un po’ come ogni immagine ha una sua “densità di pixel”: il Principio Olografico implica che esiste una densità di pixel massima, oltre la quale non è possibile “ingrandire” la struttura dell’Universo, così che se avessimo una “fotocopiatrice” così potente potremmo accorgerci di aver raggiunto il limite massimo. Ma c’è qualcuno che stia cercando di lavorare a un ingrandimento così microscopico?

In un certo senso sì. Esistono esperimenti che cercano di osservare le Onde Gravitazionali, che sono (dovrebbero essere, visto che nessuno le ha mai osservate) microscopiche “increspature” dello spazio-tempo; dato che sono difficilissime da osservare, gli strumenti per rilevarle sono sensibilissimi, e hanno bisogno di essere calibrati con enorme attenzione per eliminare il “rumore” derivante da altre cause (un po’ come il rumore elettromagnetico che rende difficile captare trasmissioni radio molto deboli). Ovviamente, se esistesse un limite alla granularità dell’Universo, questo avrebbe l’effetto di una fonte ineliminabile di “rumore”; un fisico (Craig Hogan) ha calcolato che l’entità del “rumore” derivante dal Principio Olografico dovrebbe essere abbastanza grande da essere rilevabile da un apparato per la ricerca delle Onde Gravitazionali in via di messa a punto, il GEO 600. Ebbene, pare che gli scienziati che lavorano sul GEO 600 fossero effettivamente alle prese con del fastidioso rumore che non riuscivano a eliminare… ovviamente ora (), sono invece ansiosi di verificare se stiano osservando l’effetto della struttura fine dello spazio-tempo.

Insomma, potremmo tutti far parte di un gigantesco ologramma… o, chissà, dell’ologramma di un ologramma!

Featured image Un buco nero in una rappresentazione artistica della NASA.

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