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Il processo a Osama e la banalità del male

Creato il 05 maggio 2011 da Giba1985

AdolfEichmannTrialSono convinto che l'uccisione di Osama Bin Laden non era una cosa giusta e che sarebbe stato più corretto e civile processarlo, se gli Stati Uniti avessero voluto fare la figura del paese dei diritti e delle libertà che si pone al di sopra di tutto (cosa che non sono). Tante sono le ragioni a sostegno di quest'idea: il concetto di giustizia contrapposto a quello di vendetta; il garantismo e i diritti degli accusati che rendono superiore certi Stati ad altri, dove c'è una giustizia sommaria; la memoria delle azioni di Bin Laden e di Al-Qaeda ravvivata udienza dopo udienza; il disgusto per un personaggio che, stando alla descrizione di Robert Fisk nell'intervista di oggi a Repubblica, era proprio ignorante; la verità che emerge dall'oscuro e dalla leggenda, le rivelazioni ulteriori che avrebbe fatto permettendo di far emergere tante altre notizie, fatti, personaggi dubbi

Ma tra i tanti motivi, quello che mi ha fatto propendere di più verso quell'idea è stato l'immaginare una narrazione del processo a Bin Laden come quella che Hannah Arendt fece per il processo contro Adolf Eichmann a Gerusalemme per il New Yorker, da cui ne ricavò quel capolavoro che è “La banalità del male”. Avrei voluto leggere una cronaca e un percorso storico capace di far riflettere sulla contrapposizione tra una visione della mondo e della vita e l'altra, tra bene e male, ma anche un ragionamento sul terrore, sull'arroganza delle potenze, non manicheo, ma capace di tenere conto anche di un punto di vista “orientalista”.

Certo, se Osama Bin Laden fosse stato catturato e processato la riflessione sarebbe stata più semplice, perché gli americani si sarebbero rivelati i giusti. Invece, con questa giustizia sommaria, un'uccisione da tempo di guerra, in cui tutto è concesso, e con la legittimazione alle torture (come il waterboarding) e alla detenzione prolungata (come Guantanamo), con lo svilimento dei diritti umani per la vendetta, tutto si fa più complesso, meno lineare.

Quanto sarebbe potuto avvenire e quanto è realmente avvenuto possono essere spunti di ragionamenti enormi, per i quali ci sarebbe bisogno di riesumare e riportare in vita Hannah Arendt, o almeno trovare un personaggio adeguato che ora non individuo. Per sbaglio mi è venuta in mente Oriana Fallaci, e ho pensato: “Pensa se fosse stata viva lei, quanto ce l'avrebbe menata”. Sarebbe stata totalmente incapace di trasmettere riflessioni pacifiche e pacate sulla vicenda, avrebbe solamente sputato rabbia. Ecco, a quel punto la mia idea è crollata su sé stessa.


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