
Quando mi capita di riflettere sul processo creativo le sorprese a cui esso dà luogo mi lasciano sempre interdetto. Si procede lungo un filo di ragionamento che sembra trascorrere tranquillo, ad un certo punto quel filo comincia ad oscillare provocando una sorta di vertigine; i movimenti tellurici che accadano nella mente sono davvero impressionanti: è come se all'improvviso nelle nostre cognizioni si aprisse una voragine che le inghiotta tutte. Quelle certezze che sino a quel momento avevano accompagnato la nostra esistenza cominciano a vacillare. Per usare un'espressione cara a Benjamin, la mente è come quell'angelo del quadro di Klee, "in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo", ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata tra le sue ali, ed è così forte che la mente non può chiuderle. La tempesta altro non è che il nostro processo creativo, che all'improvviso turbina nella mente sospingendola verso mete sconosciute e impreviste.
Accade dunque che da tempo un problema assilla la mente. Per la sua soluzione sono state provate varie soluzioni, nessuna però soddisfacente. Ad un certo punto, s’abbandona quasi per un senso di sfiducia la strada fino a quel momento intrapresa, che non porta a nessuna soluzione, e ci si avvia in sentieri mai esplorati non al fine di trovare la soluzione che cercavamo, bensì per il semplice piacere di sapere dove conducano quei sentieri. A volte ci accorgiamo che essi portano in un vicolo cieco, che ci costringe a tornare indietro, altre volte in una situazione assurda senza né capo né coda, altre volte ancora ci fanno scivolare verso terreni inconsistenti. Ma può anche accadere di andare a finire in braccio a quella soluzione che da tempo cercavamo, soluzione che porta a rivedere la stessa impostazione del problema: all’improvviso capiamo che la soluzione del problema era impossibile perché il problema era posto in modo sbagliato. Ed ecco che nel nostro quadro teorico s’aprano delle crepe che mettono in discussione tutte le certezze acquisite sino a quel momento. Ecco che avvertiamo spirare un vortice che ci sospinge verso soluzioni impensabili! All’improvviso tutti quei tasselli che non riuscivamo ad incastrare in un quadro coerente quasi per magia trovano la loro giusta collocazione. Mi è capitata di vivere questa esperienza mentre cercavo da tempo il modo per misurare l’“intensità” di una relazione. Tutte le soluzioni che fino a quel momento avevo elaborato erano del tutto insoddisfacenti. Ponendo la relazioni su un piano di assi cartesiani, non riuscivo a trovare il modo per fissare la distanza dagli assi ortogonali. La costruzione della relazione sugli assi diventava del tutto arbitraria. Sennonché ho iniziato ad usare relazioni trigonometriche per verificare le loro trasformazioni. La soluzione trovata era del tutto coerente con il quadro teorico. Tuttavia, mi mancava il modo per fissare i punti della relazione nel primo quadrante. Tra le varie relazioni era necessario trovare un rapporto costante capace di descriverne le trasformazioni. Dopo molteplici tentativi non riuscivo ad approdare a qualcosa di plausibile. Ecco che mi stavo sempre più convincendo che forse ciò che stavo cercando inutilmente era del tutto assurdo. Allora mi capita di “giocare” con le miei assunti teorici, come fa un bambino con i suoi giocattoli. Smontando e rimontando in maniera diversa quegli assunti, all’improvviso sento spirare nella mia testa una tempesta: giocando ho trovato il modo per misurare l’intensità di una relazione. Il rapporto che mi viene fuori è quello aureo espresso da una iperbole che ha per coefficiente angolare = (1+v5)/2. Ed ecco che all’improvviso il comportamento interattivo assume un alone meno misterioso davanti a miei occhi!
