Il professore che svuotò l’arte

Creato il 24 luglio 2012 da Theartship

I disegni di WILLI BAUMEISTER in mostra al Mart

Come spesso succede non solo in Italia, sono i figli che scoprono, anni dopo la morte dei genitori, lati del carattere, affinità, segrete concordanze che mai avrebbero immaginato.

È questo il caso di Felicita Baumeister, che, dopo quasi settant’anni dalla scomparsa del padre, ha conservato,  raccolto, selezionato i suoi disegni.  A portare in mostra circa 80 opere, tali da costituire un nucleo forte dell’espressività astratta dell’artista tedesco, una partnership internazionale che vede coinvolto il Mart di Rovereto – posto come punto focale di realtà estere – la Fundación Juan March di Barcellona, l’Archivio Baumeister del Kunstmuseum Stuttgart e il Kunstmuseum Winterthur.

La serie delle opere presentate richiamano certamente la costruzione della Germania ai tempi del Bauhaus, concepite secondo forme geometriche elementari, linee, cubi, rettangoli, sfere.

Della conoscenza di Willi Baumeister con Oskar slemmer e ferdinand leger, rimane l’uso di materiali comunemente considerati anartistici come il cartone o il ferro, con cui l’artista innesca un dialogo ravvicinato, amalgamando la sua pittura ad una realtà di svuotamento e perdita. Pur dichiarato dal regime nazista “artista degenerato”, Baumsteiner regge il colpo, pubblicando nel 1947 il saggio teorico Das Unbekannte in der Kunst  (L’ignoto nell’arte), oggi considerato come il suo più importante contributo teorico alla pedagogia dell’arte. Unico docente di pittura (prima a Francoforte, poi a Stoccarda) a portare in classe i principi del Bauhaus: non solo arte pura e stilemi decorativi quindi, ma anche abilità nel porsi come mezzo elementare al servizio dei potenziali mecenati. Insegnare, appunta sul suo diario, è una cosa difficile.

Accordandosi al doppio gioco del professore e dell’artista, ogni opera, così come ogni lezione, può considerarsi compiuta ma inserita all’interno di un percorso narrativo cui la mostra, che, aperta il 24 luglio e visitabile fino al 23 settembre, vuol dare respiro, in una concatenazione di precetti ideali.

Dall’atteggiamento del Museo, che sembra aver fatto propria la mozione ineludibile del pensiero critico, si desume la volontà di assegnare il palco d’onore alle nuove leve teoriche, a menti fiorenti di capacità.

A proseguire il percorso di nomine di giovani curatori al Mart, ( come già successo  per Dennis Viva curatore della mostra Fausto Melotti – Angelico Geometrico), Alessandra Tiddia che, insieme a Dieter Schwarz e Manuel Fontán del Junco, indicherà Rovereto come l’angolo della creazione.

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