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Il profumo dei ceci................... a m'arcord

Da Lella

Ripropongo un "vecchio" Post, proprio perchè tutti gli anni, in questi giorni, mi tornano alla mente gli stessi vecchi ricordi...................
Chissà perché, a casa nostra, quando ero piccola, la zuppa di ceci si preparava solo al giorno dei Morti!? E dire che mi piaceva tanto e la mangiavo di gusto, proprio io che, come diceva mia madre "vivevo d'aria"!!! Forse era così buona anche perché la si mangiava a casa della nonna 'Milia
Il profumo  dei ceci................... a m'arcord
la mia zuppa sta cuocendo
Era profumata, densa, appetitosa e la si accompagnava col pane di "meliga" spezzettato dentro. Questo pane, ormai davvero della memoria, non lo si trova più e se lo si trova non è assolutamente paragonabile a quelle pagnotte tonde, dalla crosta dura e dorata. 
Il profumo  dei ceci................... a m'arcord
foto dal web

Anche mia madre, negli anni successivi, ha sempre preparato questa zuppa solo nel giorno dei Morti e questa è una tradizione che io mantengo viva ma, quella del giorno dei Morti , per me è solo la prima volta in cui, durante l'inverno, la preparo.  Questa zuppa piace a tutti e io amo riproporla perché cucinandola, sentendone il profumo che invade la casa, provo sempre le stesse care e intense emozioni che mi fanno sentire quanto siano forti e profonde le nostre radici . Peccato però non trovare più, se non nel ricordo, quel gustosissimo pane di meliga!
Il profumo  dei ceci................... a m'arcord
 la cottura continua
La mia nonna la preparava così ed io ancora la preparo così: (come tutte le ricette dei ricordi non ha dosi, sono l'abitudine e il "cuore" a suggerirle)
Ceci e un po' di fagioli cannellini da ammollare tutto un giorno e tutta una notte in acqua fredda e un punta di bicarbonato.
 La mattina seguente (di buon ora, perché la nonna faceva così e perché i ceci devono cuocere a lungo), preparo un soffritto di porri, uno spicchio di aglio intero, un rametto di rosmarino, una foglia di alloro e abbondo invece con la salvia. Unisco poi i ceci e i fagioli ( personalmente li spello anche se è un lavoro da certosini), dopo averli risciacquati, scolati e fatti saltare in un po' di farina bianca, abbondante acqua fredda, una costoletta di maiale e il sale. Porto ad ebollizione e lascio cuocere a fuoco lento per diverse ore. Una volta che i ceci sono ben cotti, spengo la fiamma, aggiusto il sale e schiaccio un po' di ceci, per dare maggior consistenza al brodo.

Servo poi il brodo in ciotole da minestrone, con abbondante parmigiano grattugiato e con pane rustico tostato (unica alternativa gradevole al mio caro e introvabile pane di meliga). Unica differenza nella mia preparazione da quella della nonna è il tegame, che lei usava di terracotta, io invece una più moderna pentola di acciaio rivestita di ceramica bianca.
Questa della zuppa di ceci è l'unico bel ricordo che ho di quei giorni. Da bimba odiavo, nonostante la pausa scolastica e il cappottino nuovo, la Festa dei Morti. Era una vera tortura per me andare con mamma e papà in visita ai Camposanti. Già a casa iniziavano le discussioni sul come avrei dovuto comportarmi con i conoscenti che avremmo incontrato; seguivano poi i miei capricci davanti alle due o tre bancarelle che si incontravano per strada nelle vicinanze del Cimitero. Caramelle, zucchero filato, torroncini, stringhe di liquirizia arrotolate con confettino colorato al centro...... erano per me la cosa più interessante di quella "strana uscita" di famiglia. Ai tempi avevo ancora la  fortuna di non aver perso i nonni o nessun'altra persona cara o conosciuta e non capivo appieno il valore del ricordo e della commemorazione dei Defunti. Superate le bancarelle, il mio broncio aumentava e pure gli strattoni della mamma che mi voleva sorridente e gentile con tutte quelle persone che incontravamo e che immancabilmente esclamavano "ma che bella bambina! ma come sei cresciutaaaaaaaaa, ma che classe faiiiiiiiiiiii "?????!!!!!!!!! La visita si protraeva per ore nonostante il freddo pungente, l'umidità e la nebbia che in quegli anni caratterizzavano quelle prime giornate di Novembre.
Sulla strada di casa, per fortuna poi, mi riconciliavo col mondo perché finalmente mi venivano acquistate le caldarroste che mi piacevano tanto e inoltre mi scaldavano le mani .

............... come tutto è cambiato! Come diceva mia nonna già tanti anni fa " non ci sono più le stagioni" e mai come in questi ultimi anni questa sua espressione è attuale e veritiera.
Anche il tempo non ha più "il profumo" di una volta e il freddo di novembre è solo un ricordo.


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