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IL PROGRESSIVE ITALIANO #rock #jazz #sperimentazione

Creato il 23 giugno 2014 da Albertomax @albertomassazza

prog italianoSe la prima scossa del rock’n roll era stata recepita in Italia in maniera ingenua, scimmiottando i modi ribelli degli americani e tentando improponibili traslazioni dell’onomatopea anglosassone nell’aulica lingua di Dante, l’ondata beat della seconda parte degli anni sessanta trovò i giovani musicisti italiani più attenti alle strutture fondamentali della nuova musica, senza limitarsi a riproporre il fenomeno musicale nella preponderanza della sua collaterale componente visiva. Nonostante i brani proposti dalle giovani band italiane fossero in buona parte versioni in italiano di canzoni angloamericane, la cura del particolare e l’ausilio di parolieri di talento, attenti alle fibrillazioni del mondo giovanile, portarono ad un prodotto che si staccava dall’orizzonte prettamente diversivo dei pionieri del rock’n roll tricolore. In questo approccio decisamente più professionale alla musica beat, rispetto a quello dei fratelli maggiori, sta probabilmente una delle cause principali della fioritura successiva del Progressive rock, destinato ad egemonizzare l’ampia scena alternativa nostrana per tutti gli anni settanta. Capitò così che band come i Genesis e i Van der Graaf Generator, ancora in cerca di un’affermazione definitiva in patria, proprio dall’accoglienza calorosa riscossa nelle loro date italiane del Tour europeo organizzato dall’etichetta Charisma nel 1971, presero lo slancio per la loro consacrazione mondiale.

In questa temperie, favorita dalla nascita di riviste di settore e dal proliferare di festival alternativi al mainstream (Caracalla,Contro Canzonissima, Viareggio, Parco Lambro, ecc.)  molti giovani, spesso non adeguatamente attrezzati , si cimentarono nel nuovo genere e molti musicisti, provenienti da generi più commerciali, si riproposero nel progressive, sperando di poter approfittare delle notevoli possibilità di mercato offerte dall’ambiente alternativo italiano, favorite anche dal sostegno dato alla controcultura dalla capillare organizzazione delle associazioni gravitanti intorno al  Partito Comunista e dal diffondersi del conflitto sociale, sfociante spesso in contestazioni e disordini durante gli stessi festival. Proprio qui sta una peculiarità del prog italiano: la politicizzazione, sia come generica contestazione dell’establishment borghese e dell’economia capitalista, sia come militanza conclamata per le cause storiche della sinistra; due gruppi in particolare, entrambi comunque non di ortodossia prog, connotarono in questo senso la loro musica: gli Area, autori di una fusione totale, dalla tradizione popolare mediterranea all’avanguardia colta, passando per il free-jazz e l’hard rock, e gli Stormy Six, minimalisti e proto new wave. Fortunatamente, accanto a musicisti inadeguati od opportunisti, molti turnisti abituati a frequentare le migliori produzioni del pop italiano e molti esordienti con una solida preparazione musicale si avvicinarono al progressive, elevando notevolmente la qualità media del movimento italiano.

Già dai primissimi anni settanta gruppi come Le Orme (autori del primo album considerato compiutamente prog, Collage del 1971), New Trolls (Concerto Grosso, prima sintesi tra rock e musica di tradizione colta, composto appositamente per loro da Luis Bacalov nel 1971), PFM (pionieri in Italia dell’utilizzo del moog, con il singolo Impressioni di settembre, sempre del 1971,su testo di Mogol e coi successivi album Storia di un minuto e Per un amico del 1972), Osanna (L’uomo, 1971) e Banco del Mutuo soccorso (l’album omonimo e Darwin del 1972 e Io sono nato libero dell’anno successivo) si guadagnarono una considerazione che varcò i confini dell’Italia, con collaborazioni con mostri sacri quali Emerson, Lake and Palmer e Peter Hammill dei Van der Graaf Generator; la Premiata Forneria Marconi, in particolare, si rese protagonista di quattro fortunate tournèe negli States. Accanto a loro, una torma di band si dedicò al progressive, non sempre sostenute da originalità creativa e con eccessi epici e retorici, ma comunque con lavori onesti e dignitosi. I più interessanti, a mio parere, sono stati i Balletto di bronzo, The Trip, i Biglietto per l’inferno, gli Alluminogeni, i Rovescio della medaglia, i Garybaldi, i Metamorfosi e i Picchio dal pozzo. Fuori dalla stretta osservanza progressiva, ma riconducibili al generale clima, furono importanti, sul versante Jazz-rock, le esperienze dei già citati Area, dei Perigeo e dei Napoli Centrale.

Il progressive ebbe modo di interagire profondamente anche con la fiorente scuola cantautorale italiani, dalle collaborazioni negli arrangiamenti e nelle esecuzioni delle produzioni dei padri nobili come De André, Guccini e Ciampi, allo stile compositivo (Battiato, Dalla, Graziani, Radius); dal gusto per la mediazione tra medievalismi folk, tradizione colta e pop di Branduardi al radicalismo popolare della Nuova Compagnia di Canto Popolare e del Canzoniere del Lazio, fino alla suggestione per il concept album dei già citati De Andrè, Guccini e Dalla, oltreché di Edoardo Bennato, quest’ultimo affascinato anche dalle commistioni operistiche. Ma il più interessante frutto della commistione tra cantautorato e spirito del prog è sicuramente rappresentato dal lavoro di Alan Sorrenti,prima del suo successo come paladino della disco music italiana; l’album di esordio Aria del 1972, allo stesso tempo intimo e cosmico, sostenuto da una vocalità capace di mettersi sulle tracce di Tim Buckley, è uno dei più originali e riusciti esperimenti dell’intera scena alternativa degli anni ’70. Altro aspetto importante, l’influenza esercitata sulle colonne sonore dei film poliziotteschi e Horror particolarmente, con esiti come Milano calibro nove, composta da Luis Bacalov per gli Osanna, e Profondo rosso, frutto della collaborazione tra il pianista jazz Giorgio Gaslini e i Goblin di Claudio Simonetti.

Il Progressive italiano riprese tutti gli aspetti tipici di quello inglese: il sinfonismo, la sperimentazione jazz, l’elettronica, il folk, il concept album, la cura dell’artwork, le atmosfere fantasy, il superamento della forma canzone; più marginale, ma non del tutto assenti, gli influssi cosmici e radicalmente elettronici del Kraut-rock tedesco, in particolare in un autore quantomeno limitrofo all’ambiente prog italico come Franco Battiato. Se il sinfonismo del prog italiano ricalca quello britannico, sia nella riproposizione di temi e modelli del repertorio classico che nella struttura orchestrativa dei brani, il folklorismo si è rivolto principalmente alle sonorità mediterranee, non solo italiane. Dopo il tramonto di questa stagione feconda per la musica giovanile italiana, avvenuto sul finire dei settanta, il progressive tricolore ha vissuto e vive ciclici revival, grazie alla cospicua schiera di cultori del genere, non solo italiani; in particolare, è divenuto oggetto di culto in Giappone ed Estremo Oriente, con collezionisti disposti a pagare profumatamente dischi e cimeli originali dell’epoca.



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