Roma, Parigi, Helsinki. Tre città europee sedi di tre storie differenti che s’incrociano e sovrappongono.
Eeva (Laura Malmivaara) è una hostess di terra che vive vicino a Helsinki; nasconde un dolore che le ha cambiato la vita e che l’ha fatta diventare una donna rigida e costantemente spaventata dall’altro. Vive controllando ogni aspetto della sua esistenza, anche le relazioni sociali. Accanto alla sua nuova casa abita Usko (Sulevi Peltola), un professore di storia in pensione, con una grande paura dell’aereo e dei cambiamenti della società moderna, il quale però, riuscirà, anche se con difficoltà, a stringere un rapporto umano con Eeva, facendole ripercorrere il passato, fino a superare il suo dolore.
Jean Paul (Jean-Hugues Anglade) è un reporter parigino, sopravvissuto ad un attentato in Iraq. Affronta un avanzato shock post traumatico, sembra che abbia paura di essere sopravvissuto e dei pericoli che possono nascondersi dietro l’angolo; incapace, ormai, di rapporti umani sani, rifiuta l’amore della giovane compagna Caroline (Diane Fleri), ed è costantemente allontanato dai suoi figli a causa di un rapporto conflittuale con l’ex moglie.
Maddalena (Maya Sansa) vive a Roma, è una giovane pittrice che ha subito uno dei traumi infantili peggiori che l’ha condotta a non fidarsi degli uomini, delle persone, dei sentimenti. Si rifugia così nella sua arte, finché incontra la giovane Elèna (Romina Hadzovic), piccola straniera con un grande ma soffocato talento artistico, la quale, di nascosto ai genitori, frequenta lezioni di pittura. Prendendosi cura di Elèna, Maddalena, riprende a credere nei sogni e nei sentimenti.
I protagonisti di Il Prossimo tuo vivono storie apparentemente lontane, ma che in realtà vanno a intersecarsi mostrando una forte umanità che le rende parallele, quasi complementari. Nel complesso, Anne Ritta Ciccone, ha realizzato un film che, pur mostrando dei limiti nella sceneggiatura e delle similarità con altri pellicole, come Babel di Inarritu, è coerente e delicato. La cifra stilistica è indiscutibilmente europea. Però ci sono dei limiti: innanzitutto, mentre funziona la storia di Eeva e, in alcuni momenti, quella di Jean Paul, è mediocre quella di Maddalena, che poteva essere trattata in miglior modo, soprattutto nella corrispondenza tra il dolore, i sentimenti e la creatività del personaggio che, invece, risulta spento e poco realistico. Anche il tema degli extracomunitari e delle offese al padre di Elèna, padrone di un bar nella periferia di Roma, sono mal sviluppati.
Segnalo però le apparizioni divertenti di Remo Remotti, mitica figura del cinema Morettiano e di Sergio Citti, frequentatori abituali del bar del padre di Elèna. Inoltre, il tema, tra l’altro importantissimo e decisamente attuale, delle ansie e delle paure dei cittadini, dopo l’attentato a Madrid, è restituito banalmente con delle scene ridondanti.
La regia, sebbene riesca a mantenere una tensione continua e una condizione di perenne sospensione, manca di originalità: vi è, infatti, una continuo rimando, a volte scontato, tra ambiente e interiorità del personaggio, specchi e quadri che li rincorrono cercando di raccontare qualcosa della loro vita. Scelte stilistiche che sono già state adoperate in decine e decine di film.
Valentina Calabrese