Il Pungitopo…Ahi!

Da Topinapigmy

Come direbbe Puffo Brontolone – Io odio il Pungitopo! -. Mi tocca farlo, devo parlarvi anche di questa pianta, il Ruscus Aculeatus ma, il suo nome più volgare e comune, mi mette i brividi: Pungitopo. Ma perchè chiamarla così? Perchè avercela così tanto con noi piccoli roditori? Però, sapete com’è, è talmente bella (anche se cattivissima) e talmente utile, che non potevo non citarla. E, se andrete avanti nella lettura, capirete il perchè. Appartiene alla famiglia delle Ruscaceae e offre delle bacche rosse e tondeggianti che si mischiano al verde cupo, lucido e intenso delle foglie dure e pungenti. Grazie a questo bel connubio, la pianta è considerata una delle più belle piante ornamentali da regalare, alla quale è stato dato il merito di presenziare nella festa santa del Natale per abbellire doni o composizioni assieme all’amico Vischio, con il quale però, non sono nemmeno lontani parenti. A Natale, compare ovunque! Persino disegnata sulle tovaglie del pranzo del 25 Dicembre. Il Pungitopo, come piace chiamarlo a me, è una pianta davvero particolare. Le hanno dato questo nome perchè un tempo, nelle cucine dei Palazzi, veniva messa intorno alle provviste per non farle rosicchiare dai topi (posso assicurarvi che non abbiamo mai rosicchiato nulla; questa è discriminazione!). Quelle sue foglie acuminate ci tenevano ovviamente ben lontani. Dal punto di vista salutare però, il Pungitopo, è molto simile al Mirtillo e a tutti gli altri “frutti rossi” (così chiamati) in grado di rinforzare le pareti dei nostri capillari e migliorare la circolazione sanguigna come il Lampone, il Melograno e la Mora. E’ una pianta ricca di Vitamina P, per questo riesce in questo compito. Inoltre ha un’azione anche diuretica e questo fa si che riesce a pulire ulteriormente il nostro sangue venoso e la nostra circolazione linfatica, da tossine e prodotti di scarto più velocemente. Come assumerla viene deciso dalla persona: in tisane, in sciroppo, in polvere ma, per chi non lo sapesse, vorrei dire che il Pungitopo è considerata nella medicina popolare, proprio per queste doti diuretiche che possiede, la “Quinta Radice” ossia, nella “composizione delle cinque radici” (che sono: il Finocchio, il Prezzemolo, l’Asparago e il Sedano) essa è il quinto elemento come purificatore dell’organismo. Devo essere sincera però, non so se sono messi in ordine di capacità o meno, non mi sembra. Hanno più o meno la stessa “potenza”. Anche le sue radici sono un vero elisir lassativo e diuretico. Con i suoi semi lasciati essicare invece e scottati per poco tempo su lastre di pietra, i Greci, ci facevano una specie di caffè, dal sapore molto forte, che bevevano dopo mangiato per digerire mentre, ancora oggi, sono utilizzati crudi, in cucina, i suoi teneri germogli, e credetemi, devono essere davvero teneri altrimenti non riuscirete a mangiarli, sono duri e amari. Come tutte le piante inoltre, il Pungitopo, ha un suo ben dettagliato significato: se a vederlo può sembrare ombroso e dare un impatto negativo, esso è invece l’esatto contrario; la sua resistenza indica infatti la sopravvivenza e, la sua forma, soprattutto quella delle foglie, faceva credere di essere in grado di tener lontani gli spiriti maligni. Per proteggere i morti dall’oscurità infatti, veniva anche posizionato vicino alla salma o tra le sue mani e, le persone al funerale, ne tenevano un rametto in mano. Bruciarlo, e far salire in alto il fumo che portava il suo odore, era come avvicinarsi alle Santità e far capir loro che li stavano pensando e pregando. A volte veniva usato suo fratello ossia il Pungitopo Maggiore, chiamato scientificamente Ilex Aquifolium, nient’altro che il conosciutissimo Agrifoglio (attenzione alle sue bacche però perchè sono tossiche) e, come lui, il Pungitopo è usato molto nella religione Cristiana perchè la sua foglia ricorderebbe la corona di spine del Cristo. In merito all’Agrifoglio c’è una carinissima leggenda mitologica che narra così:

Re Agrifoglio e Re Quercia sono due figure della mitologia celtica che rappresentano le due forze gemelle, ma allo stesso tempo contrapposte, che regnano nell’universo. Sono le forze naturali che permettono il cambiamento stagionale, l’arrivo della luce e dell’estate, o l’arrivo del riposo con la stagione invernale. Il Re Agrifoglio rappresenta la stagione umida, l’arrivo del freddo e dell’inverno. Possiamo immaginarcelo come più anziano e più saggio, collegato anche al riposo ed al sacrificio. Il Re Quercia invece ha una connotazione più dinamica ed attiva: egli rappresenta la forza dell’estate e del Sole nel suo pieno splendore. Queste due forze si sfidano eternamente nel corso degli anni: ad ogni solstizio Re Agrifoglio e Re Quercia si sfidano, perché il tempo possa progredire e la stagione cambiare. Durante il Solstizio d’Inverno è il Re Quercia a prevalere su Re Agrifoglio. Nel momento stesso in cui la forza dell’avversario è al culmine (ovvero è la notte più lunga dell’anno) comincia però il suo declino, lasciando lo spazio al ritorno della luce, del Sole e dell’estate. Il Re Quercia vincerà per permettere che la terra possa nuovamente fiorire e dare frutti. Egli conquisterà anche il favore e l’amore della Dea, con cui si unirà a Beltane e da quell’unione nascerà nuova vita. Al contrario durante il Solstizio d’Estate sarà il Re Quercia a soccombere, perché la Terra possa sfiorire e riposare e prepararsi ad un nuovo ciclo. Possiamo vederle come due facce di uno stesso Dio Cornuto (o Dio della foresta), due facce che rappresentano la dinamica Vita-Morte-Rinascita (o Vita-Morte-Vita) e quindi come un ulteriore riferimento alle forze della natura ed alla ciclicità della vita naturale, materiale, ma anche spirituale. Perché queste forze non moriranno mai per davvero, esse risiedono latenti, aspettando fino al momento opportuno, per tornare quando ci sarà più bisogno di loro. In alcuni miti si dice infatti che la forza che viene sconfitta dimorerà i sei messi successivi nella dimora della Dea Arianrhod. L’importante è che nessuna forza possa mai prevalere sull’altra, poiché questo porterebbe ad uno squilibrio naturale ed alla distruzione”.

Carina vero? L’ho trovata per voi su forumfree.it. E l’Agrifoglio è quello che posso mostrarvi qui. Cresce spontaneo nella mia valle. Come fare a riconoscere L’Ilex dal Ruscus? L’Ilex – Agrifoglio (quello di queste immagini) è più grande, può arrivare fino ai 10 metri d’altezza e la sua foglia è larga con piccolissime spinette sul bordo; il Ruscus, non supera gli 80 centimetri e le sue foglie sono piccole e lanceolate ma, tutti e due, adorano il bosco. Un bacione pungente topi.



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