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Il punto, di David Means

Da Silviapare
Il punto, di David Means«Sarebbe stato bello guardare le erbacce del giardino ondeggiare dolcemente, arrendendosi al vento; dalla strada sarebbe arrivato un leggero odore di catrame; la casa avrebbe ansimato e cigolato piano sotto il sole ardente, e lei avrebbe girato per le stanze e le avrebbe esaminate in cerca di indizi, di vestigia perdute della vita che si era svolta in quella casa prima che venisse ridotta a vetri rotti, a lunghe ferite nell’intonaco che mostravano il graticcio retrostante; si sarebbe prostrata carponi davanti a Dio; si sarebbe ritrovata nel seminterrato, tra la luce polverosa che entrava dai pozzetti, l’odore di nafta e il pavimento di terra battuta, compattato in quell’angolo laggiù, sotto il vecchio tavolo, in quella rientranza piena di ragnatele che lei ricordava da quando aveva esplorato la casa insieme agli uomini, e Byron aveva picchiato sul vecchio serbatoio mentre August, trascinando in giro la sua mole, faceva un balletto e cantava Sympathy for the Devil; avrebbe provato l’impulso di trascorrere il resto dell’eternità là sotto, in quella fresca oscurità, perché in quel momento, mentre guidava, desiderava solo togliersi dal sole abbagliante e dall’impressione che il territorio selvaggio in cui si trovava fosse così levigato dalla luce che era impossibile guardarlo».David Means, Il punto, traduzione mia© 2014 Einaudi, Torino

Questi bei racconti stanno ricevendo recensioni entusiaste. QUI Ernesto Aloia su il Giornale, QUI Christian Raimo su Europa Quotidiano, QUI Cristiano de Majo su Rivista Studio.

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