Il Purgatorio e il Paradiso
Sac. Dolindo Ruotolo
Apostolato Stampa - Napoli – Riano – Sessa Aurunca 1984
Cap. V continuazione
La contemplazione di Dio per l’anima purgante
Noi sulla terra conosciamo Dio per la fede, e appena lo vediamo per quello che è, nel mistero della sua semplicissima natura, nella sua Unità e Trinità. L'anima purgante lo contempla attraverso il velo dell'amore, che è frutto dello stato di grazia; l'anima dannata lo percepisce attraverso la terribile foschia dell'odio, perché distaccata volontariamente e ostinatamente da Lui. Il fuoco e le pene del Purgatorio sono come una lente che lo avvicina, perché l'anima soffrendo per purificarsi, lo sente unica sua vita. Il fuoco e le pene dell'Inferno sono come una terribile oscurità e caligine che lo allontana. Per questo nelle rivelazioni dei Santi è detto che il fuoco del Purgatorio è luminoso e quello dell'Inferno è tenebroso.
Ed ecco qual è la contemplazione di Dio per l'anima purgante.
Per lo stato di grazia essa è congiunta a Dio, e sente mille volte più delle anime contemplatrici della terra, la sublime pace della infinita semplicità di Dio. Si trova come dinanzi ad un panorama bellissimo, del quale non scorge i confini; si trova come avvolta da una melodia soavissima, la mirabile armonia dell' Unità e Trinità divina. Non vede Dio ma lo contempla nell'armonia della grazia per la quale vive soprannaturalmente in Lui. E’uno spettacolo dolcissimo, lontano, sì, ma che aumenta in lei l'ansia amorosa di raggiungere Dio, e per quest'ansia, che è amoroso apprezzamento divino, l'anima sente l'amore di Dio che la desidera. Anche in questo v'è una dolcissima contesa di amore, che per l'anima è pena di amore ed è purificazione di amore.
Ci spieghiamo con qualche paragone scialbo.
Un uomo è invitato ad una grande festa, dove sa di essere atteso con amore. Per sua colpa è in ritardo: si e distratto a giocare, si è perduto in cose futili, si è trattenuto a mangiare dei semi di zucca. Non ha disprezzato la festa, né ha svalutato l'attesa di chi lo ha invitato, ma s'è lasciato vincere dalla passione di un gioco, dalla distrazione di una curiosità, da piccoli atti di gola. Ad un tratto si scuote, riconosce la propria scortesia e la propria stoltezza, si rammarica e si slancia di corsa per riparare al ritardo. Ma è una pena, perché sente i suoni lontani della festa incominciata; corre, ma la strada gli sembra interminabile; controlla l'ora dell'invito, e considera, anzi sente l'ansia affettuosa di chi lo ha invitato. Va cercando di affrettare ancora più il passo, ma il piede s'inceppa... cerca un aiuto, e si solleva immensamente quando una persona amica gli viene incontro e gli offre un passaggio in automobile.
Giunge, finalmente. Il signore che lo ha invitato lo attende con ansia e se lo vede arrivare affannato dall'ultima scala che ha salito ansimando, rammaricato della negligenza che ha avuto. L'affanno e il rammarico sono come l'ultima purificazione che lo rende gradito, e la sua corsa affannosa termina nell'abbraccio e nel bacio del signore che lo ha invitato, e nella letizia della festa. La sua negligenza è pagata dall'ultima ansia avuta proprio per la percezione lontana della splendida festa e dell'ansia amorosa di chi lo attendeva.
«Desidero che il corpo si dissolva ed essere con Cristo »
Le anime contemplative hanno provato un poco dell'ansia amorosa delle anime purganti, e ci danno un'idea del loro stato.
Non veggono Dio intuitivamente, ma ne avvertono e ne apprezzano l'amore con quelle intime ed inebrianti gioie che i mistici chiamano tocchi di Dio ed ebbrezze di amore. Si trovano come in un mare di pace, intravedono la pace eterna, hanno l'ansia di raggiungere Dio, e desiderano la morte come la liberazione da un fastidioso impaccio all'amore! Cupio dissolvi et esse cum Christo (Desidero che il corpo si dissolva, per essere io con Gesù Cristo), era il grido di S. Paolo in uno di questi beati momenti di contemplazione.
L'anima contemplativa non giunge a questi momenti di elevazione spirituale che dopo lunga purificazione, chiamata dai mistici purga attiva e passiva dello spirito, fra dolori fisici, fra dolori morali dall'esterno e dall'interno, fra penose aridità, tra momenti di abbandono, quasi, da parte di Dio, che per lei sono come il Purgatorio nei suoi primi stadi penosissimi. Purificata, si eleva a Dio contemplandone la bellezza, la grandezza, l'amore, e la stessa contemplazione, non essendo intuitiva, le dà ansie penose di amore, che si riflettono nel corpo come una purificazione del suo stesso amore.
E’ cosi che la costola di S. Filippo Neri s'incurvò; che le mani, i piedi e il costato di S. Francesco d'Assisi si squarciarono, e che i suoi occhi diventarono quasi ciechi per il pianto amoroso dell'anima sua. E’ così che il cuore di S. Teresa di Gesù fu trasverberato da un Angelo, e si vede ancora squarciato, anelando essa ad allargarlo per sostenere nel fiero dolore l'intensità dell'amore di Dio che in lei si riversava.Lo stato spirituale di un'anima purgante
Da questo che diciamo, e che risponde ad altissima e logica verità, chi potrà considerare il Purgatorio come un atto inesorabile e quasi spietato della giustizia di Dio? E chi potrà vivere così disordinatamente e miseramente nello spirito, come noi viviamo? E chi potrà lesinare un suffragio alle anime anelanti a Dio, nell'amore?Se il Purgatorio fosse come lo immaginano tante anime, solo un terribile tormento, dove starebbe più lo stato di grazia di un'anima trapassata, e dove l'amore infinito che Dio le porta?
Non è facile per noi mortali farci una idea dello stato spirituale di un'anima purgante, perché in lei non può considerarsi solo lo stato di pena, ma deve considerarsi lo stato di grazia, che importa la più grande e profonda amicizia di Dio e con Dio.
Abbiamo già accennato al suo stato di contemplazione, e cerchiamo ora di scrutare quello che importa questo stato d'immensa pace in uno stato di grandissime pene. Anche nel primo stadio della purificazione che è quello del fuoco, l'anima è contemplativa; ma come lo erano i Santi quando erano purificati dalle sofferenze e dalle purghe dello spirito.
Anche in questo c'è una mirabile logica. L'anima distaccata dal corpo, per quel fenomeno scientifico del riferimento al quale abbiamo accennato, sente ancora l'influsso del corpo, al quale si riferisce ancora per l'amore alla sua vita che rese terribile la morte. Si può dire che nel momento stesso della morte l'anima tende alla sua resurrezione, con l'ansia di chi vede infranto un oggetto prezioso o menomata un'opera d'arte. Per questo i morti amano essere sepolti in luogo sacro e benedetto, o vicino ai corpi dei Santi già glorificati nel Paradiso. Il luogo sacro e già come una promessa di resurrezione, secondo le parole di Gesù: Io sono la resurrezione e la vita, e le altre: Chi mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Il corpo si dissolve, ma la promessa di Gesù è per l'anima una rassicurazione confortante. La vicinanza poi dei corpi del Santi glorificati, che per la loro santità sono i più segnati dalla divina promessa, è come una rassicurazione di vita, perché, per la Comunione dei Santi, i meriti di quelli che sono glorificati, coprono i demeriti dei sepolti, come un velo pietoso che nasconde i loro demeriti e suffraga le loro anime.
Nel primo stadio della purificazione, l'anima avverte ancora le conseguenze dell'impaccio di un corpo che fu strumento e causa delle sue imperfezioni, e per conseguenza lo stato di contemplazione in lei è più oscuro. Negli ultimi stadi della purificazione, l'anima è più lontana dal corpo che informò nella vita terrena, non avverte più le terribili pene dei sensi, cagionate dal fuoco, e quindi è meno concentrata in se stessa, è più spirituale, e la sua contemplazione è più limpida e soave, come quella dei Santi estatici, fuori dei sensi.
L'anima vede Dio velatamente, ed avverte tutto ciò che ne manifesta la gloria.
I Santi contemplativi, in un panorama, in un sorgere o tramontare del sole, in un campo fiorito. nell'immensità dei cieli stellati, o nella stessa fremente distesa dei mari, o nella silenziosa ed arida distesa dei deserti, o nell'altezza dei monti, o nella misteriosa profondità degli abissi, o nella dolce armonia di uno strumento musicale, sentivano la grandezza e l'amore di Dio, e si elevavano a Lui.
L'anima purgante contempla la gloria di Dio attraverso la cognizione più profonda che ha delle opere sue. La grazia in lei non rimane inattiva, per quella dolcissima contesa di amore da parte di Dio, che la desidera, e la chiama all'eterna felicità. Come un occhio infermo ha bisogno di abituarsi alla luce a poco a poco, passando dall’oscurità all'ombra, dall'ombra all'alba, dall'alba all'aurora e da questa al fulgore del sole, così l'anima passa dalle tenebre della vita terrena, nella quale molte volte giudicava male la provvidenza di Dio, all'ombra delle proprie pene, delle quali riconosce, adorando, la giustizia. Dalle pene passa a riconoscere la grandezza di Dio nelle cose terrene. e percependo l'armonia mirabile di esse, mentre in vita le vedeva molte volte come disordini sconcertanti, vive nell'ammirazione amorosa che la sospinge in alto, vive delle parole del Profeta: Hai fatto tutto con sapienza, e la terra è piena della tua provvidenza e del tuo dominio.
E’ una sorpresa di amore per l'anima che ignorò in vita i misteri della creazione, ed è una sorpresa di amorosa riparazione per l'anima che ne conobbe una misera parte attraverso le faticose ricerche della scienza umana. Oh come quest'anima si umilierà domandando il compatimento divino per la propria inettezza, e come, umiliandosi, riparerà la propria presunzione!
Dalla contemplazione della grandezza di Dio nella terra, l'anima, purificata dall'amore, passa alla contemplazione dei cieli stellati, alla contemplazione delle loro meraviglie, che ancora più la rapiscono in Dio. Non è una contemplazione fastidiosa fatta di calcoli astrusi, come può farla un astronomo, è una contemplazione sintetica, per così dire, che diventa solo un atto di amore a Dio, e di ardente desiderio della visione beatifica di Lui. Avverte allora come in una grande armonia in sordina, i canti di lode dei Cori Angelici che presiedono alle opere di Dio, come i misteriosi Cherubini di Ezechiele, che sostengono il trono della Divina gloria, le cui ruote Ezechiele vide piene di occhi di dentro e di fuori, occhi che sono sguardi di adorante ammirazione della Potenza, della Sapienza e dell'Amore di Dio Uno e Trino. L'anima sospira a Dio intensamente, ma i suoi sospiri non ancora le fanno raggiungere la meta, se una sola imperfezione la rende ancora incapace dell'eterna gloria. I suoi sospiri sono come quei razzi ardenti che l'uomo lancia verso la luna, o verso i pianeti, o verso il sole, che non raggiungono la meta e non sono capaci di mettersi in orbita, per qualche imperfezione del meccanismo dei razzi vettori che li spingono oltre l'atmosfera terrestre.
L'anima allora soffre nell'ansia di un amore che cresce e s'infiamma, e che si sente più attrarre dall'amore di Dio che la chiama, e si volge a Gesù che per lei morì sul Calvario, immergendosi nel mistero dell'Incarnazione, della Passione e della morte del Redentore, quasi assetata che cerca nella fonte della riparazione e della misericordia il suo sollievo.
Questa ricchezza di riparazione e di misericordia si rinnova ogni giorno sugli Altari, e perciò la Messa, offerta sempre anche per i defunti, è per essa il sommo dei suffragi che può ricevere, come vedremo. Con quale tenerezza l'anima rievoca i particolari della Passione di Gesù, con quale profondo rammarico se ne sente responsabile, con quale riconoscente amore li contempla, riconoscendo in ogni pena dì Gesù le proprie colpe!
Come nel corpo i microbi patogeni, che producono le malattie sono aggrediti dai leucociti del sangue, e si rifugiano nella stazione termica, che sta nella parte centrale del cervello, provocando l'accrescimento del calore di quella stazione, e quindi la febbre nell'organismo, febbre che, più che un malanno, è l'allarme che spinge la volontà umana a scrutare il malanno che ha ed a difendersi, così, per analogia, nella luce della Passione di Gesù, che combattette e vinse i peccati di tutti con infinito amore, l'anima vede rifluire tutte le proprie imperfezioni e i propri difetti, che cercano in Lui la riparazione e la misericordia, e s'accende in lei come una febbre di amore che la umilia profondamente, e la spinge a ricercare nei suffragi la medicina divina per mutare la febbre nella gradata conquista dell'Eterna felicità in Dio.(continua)