Secondo molti economisti si è stato tanto a discutere di Quantitative easing che se anche venisse fatto ora non avrebbe alcun effetto, insomma siamo andati “fuori tempo massimo”.
In Europa i tassi sui titoli dello Stato, anche quelli a lunga scadenza, sono praticamente azzerati ed i debiti pubblici di quasi tutti i Paesi dell’eurozona sono ormai fuori controllo, in queste condizioni il Quantitative easing diventa un’altra cosa.
Seppur potrebbe sembrare un aiuto ai Paesi in maggior difficoltà nella realtà è una ulteriore cessione di sovranità che domani pagheremo cara, visto che comunque l’euro è destinato prima o poi a scoppiare sarebbe molto meglio per noi negoziare ORA le clausole per una uscita “programmata”
Nessuno vuole shock finanziari, ma proprio per evitarli dobbiamo contrattare al più presto, e su queste basi, la fuoriuscita da un sistema di cambi fissi (cioè l’euro) che non può far altro che risultare deleteria per i Paesi più deboli.
In questa maniera, invece, andiamo verso la schiavitù.
Qualcuno potrebbe dire: Beh! Francia o Spagna purché se magna. Ma non sono più quei tempi, oggi con la Germania non “se magna”.
Mi è stato anche chiesto perché se il Quantitative easing va a danno dei Paesi periferici, ad essere contrari sono principalmente i tedeschi e gli Stati virtuosi in generale.
La risposta è che comunque hanno paura anche loro di prendere una “fregatura”, in pratica i tedeschi vogliono guadagnare “senza rischiare nulla”, così è troppo comodo, ma alla fine, vedrete, si troverà un compromesso, una via di mezzo che non accontenterà nessuno. Un Quantitative easing “light”.
Intanto i prezzi delle materie prime continuano a calare, la deflazione, da spauracchio, sta diventando un dramma, ed il Quantitative easing è la risposta sbagliata, la via maestra rimane la competitività, che si può senz’altro incrementare con riforme radicali, ma soprattutto con un sistema finanziario che abbia alla base la regola prima e imprescindibile: UNO STATO, UNA MONETA.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro