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Il quarto protocollo

Creato il 02 maggio 2011 da Albino

In uno scampolo di tempo dopo il caffe’, concludiamo la rassegna del Graal del Viaggiatore, che abbiamo introdotto nei post precedenti, qui, qui e qui. Negli episodi precendenti siamo andati alla ricerca di un fantomatico luogo ideale, una citta’ che rispettasse una serie di condizioni che ho definito dietro mio personalissimo gusto personale. Un luogo che io come molti altri cerchiamo, o abbiamo trovato, o magari ci limitiamo solo a sognare, quando fantastichiamo andando al lavoro in grigie mattine d’inverno.

Fino ad ora eccolo il mio posto ideale: una metropoli di medie-grandi dimensioni, il cui clima sia mite ma non tropicale, con inverni brevi, sole, mare, e soprattutto con un ottimo stile di vita per chi, come me, e’ un lavoratore dipendente. Ma mi sono chiesto – e da qui nasce il quarto e ultimo requisito, quello di oggi: basta tutto questo? E’ sufficiente stilare una fredda lista di desideri e limitarsi a scartare le citta’ che non li rispettano, andando per esclusione?

La risposta probabilmente e’ no: tutto cio’ ha senso fino ad un certo punto, ma poi bisogna guardare caso per caso. Prendiamo l’esempio del clima. Prendiamo tre posti dove ho vissuto per anni, e di cui ho avuto esperienza. Ci sono Venezia, le cui temperature nell’arco dell’anno variano tra i +35 e i -5, e poi Tokyo, che mediamente ha 3-4 gradi in piu’. La latitudine di Tokyo e’ 35 gradi: se fosse in Europa sarebbe a… Lampedusa!
Poi prendiamo Brisbane, che ha un clima sub-tropicale. Le minime annuali sono sui +12 gradi, si toccano di notte per qualche settimana l’anno (e anche in quei giorni si va al lavoro in maniche di camicia). L’estate e’ umida ma sui 30 gradi: meno afosa sia di Venezia che di Tokyo. A Brisbane si sta proprio bene, il clima in teoria ti offre un’eterna primavera-estate-autunno.

Ma guardiamo meglio, perche’ non e’ tutto oro quel che luccica. Iniziamo da Tokyo. Il clima di Tokyo e’ piu’ caldo di Venezia, certo, ma non bisogna dimenticare di precisare quali sono le vere condizioni di vita in quel clima. Innanzitutto, il Giappone e’ tra Russia e oceano: non e’ protetto ne’ dalle alpi ne’ il mediterraneo, quindi spesso e volentieri abbiamo venti polari freddissimi, d’inverno, di quelli che ti entrano nelle ossa. Credetemi, cento volte meglio i -5 di Venezia senza vento che passeggiare tra i grattacieli a +5 col vento polare. E poi, soprattutto, bisogna ricordare che il Giappone per cultura (case di legno e terremoti) sembra essere allergico all’isolamento delle case. Se fuori hai zero gradi, dentro hai zero gradi, con finestre sottili e muri di cartone. E per scaldare gli ambienti si va solo di condizionatore. Non ci sono termosifoni in Giappone: di solito uno-due condizionatori che sparano aria calda nelle stanze dove si vive, e basta. Se devi andare in bagno ti congeli, per dire. In Italia invece abbiamo i nostri bei termosifoni, le nostre belle stagioni definite; non c’e’ troppo vento, non si congela come in Giappone. E stessa situazione a Brisbane, anzi: moltiplicata. E questo dovrebbe far pensare. A Brisbane il riscaldamento spesso non c’e’ proprio, e vi assicuro che in quel mese in cui di notte si scende a +12 in casa sembra di morire. Tutti sembrano far finta che non faccia freddo, ma cazzo se lo fa. E nessuno mi crede, quando dico che il posto dove ho patito il freddo piu’ intenso in vita mia e’ proprio Brisbane!

Lasciamo perdere altri dettagli sul clima (es: la stagione delle pioggie giapponese, che praticamente rendere giugno-luglio due mesi caldi in cui non si puo’ andare in spiaggia. Giugno e luglio in Italia sono i miei mesi preferiti, shit) e andiamo oltre. Parliamo delle condizioni di vita. Questo e’ un punto che di per se’ e’ relativo, e cambia da nazione in nazione. La domanda e’: cosa vogliamo fare nella vita? Vivere bene?

Beh, se vogliamo questo allora Tokyo e’ il posto sbagliato dove cercare. Gli stipendi saranno niente male, ma quando devi spendere mezzo milione di euro per un due camere da letto da sessanta metri quadri… beh, vi assicuro che vi passa la voglia di pensare di comprarvi un appartamento (devo fare un post “immobiliare” riguardo questo argomento).
Direte: ok, basta che esci un po’ dal centro e i prezzi scendono. Beh, ma cari lettori: se sono venuto in Giappone e’ per la Metropoli, non e’ certo per vivere a こっこまろ! E poi se uno va in campagna in Giappone, non e’ forse come stare in campagna in Italia?

La risposta a questa domanda apparentemente retorica sembra scontata; e invece e’ NO, la risposta. Non e’ la stessa cosa, e chi e’ stato fuori dall’Europa questo lo sa bene. La campagna come la concepiamo noi e’ fatta di gruppi di paesini con la loro piazzetta, la loro chiesa, le loro sagre, le loro tradizioni, la loro cucina, il loro dialetto, la loro identita’. In Italia in fondo si sta bene in campagna, secondo me. In Giappone invece la campagna e’ il Nulla. Non c’e’ un cazzo in campagna, niente a parte verde e cemento, pachinko e catene di family restaurant. Non parliamo poi di nazioni piu’ estese come l’Australia o gli USA, dove appena esci dalla metropoli hai il vuoto pneumatico spinto: paesini distanti decine di chilometri gli uni dagli altri, posti da eremiti la cui unica attrazione di solito sono un Mc Donald’s e un pub all’unico incrocio che costituisce il centro del paese. Da spararsi, la barbagia in confronto e’ New York City.

Ma allora, per tornare alla domanda sullo stile di vita: che fare? Un ingegnere come me di solito ha due possibilita’: andare a vivere come un normale impiegato in paesi ricchi, oppure fare il gran signore in paesi poveri. Perche’ quei x-mille euro che prendi al mese, li prendi qui a Tokyo come li prendi a Bangkok. E allora, che fare? Stare nei miei 35mq nel centro della Metropoli Tentacolare, o fare come il mio amico svizzero che prende qualcosina in piu’ di me e vive a Kuala Lumpur, ha tredici stanze da letto e quattro domestiche? Beh, signori e signore, la risposta e’ semplice: dipende dai gusti.

Ebbene si. Il quarto requisito, che poi e’ la conclusione di questa ricerca de Graal del Viaggiatore di albino, e’ che tutto e’ relativo, tutto dipende dai nostri gusti e dalla nostra volonta’. Cio’ significa che non si puo’ scegliere il posto dove si vuole vivere limitandosi a fare una lista o qualche croce su una mappa. Bisogna conoscere se stessi, sapere quello che si vuole fare nella vita, nella consapevolezza che ogni posto puo’ essere il piu’ bello e il piu’ brutto, a seconda di come lo viviamo noi.

E poi, bisogna inseguire un sogno: anche quando questo sia la semplice sete di esperienze, che ci porta a fare scelte che ad alcuni potrebbero apparire stupide o avventate.

E’ per questo, cari lettori, che con il cuore in mano ho deciso di abbandonare la mia amata Tokyo per approdare a nuovi lidi. Ma di questo parleremo in dettaglio nei prossimi episodi.



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