Per avere un figlio i sovrani di Selvascura uccidono un drago di mare, il re muore nell'impresa e la vergine che deve cuocerne il cuore per la regina rimane a sua volta incinta: dopo un giorno nascono due albini, praticamente gemelli, legatissimi tra loro e nulla potrà la Regina per separarli.
Il lussurioso re di Roccaforte s'invaghisce del canto di una giovinetta ma verrà gabbato da due vecchie tintrici che a loro volta pagheranno a caro prezzo l'avidità e la voglia di giovinezza.
Lo sventato re di Altomonte alleva amorosamente una pulce facendola diventare grande come un vitello, alla morte dell'animale la sua pelle scuoiata diventerà l'indovinello per trovare il marito alla principessa Viola ma a indovinare non sarà certo un principe..
Il fantasy cinematografico è solitamente un genere “basso” molto popolare che semplifica notevolmente le fonti letterarie a cui si ispira in nome (appunto) della fantasia.
Il lavoro di Garrone prova a coniugare il basso del fantasy con l'alto letterario ispirandosi a tre novelle de Lo cunto de li cunti, opera del seicento napoletano di Giovanbattista Basile, nota anche come Pentamerone perché riprende la struttura a novelle ripartite in diverse giornate del Decamerone di Boccaccio.
Manca quindi il colpo di scena, il combattimento tipico del fantasy che spopola anche molto nelle serie tv e questo potrebbe disorientare lo spettatore che si aspetta anche una morale molto immediata dal racconto dato che nel fantasy le distinzioni tra buoni e cattivi sono estremamente manichee, ne Il racconto dei racconti questa distinzione non è così diretta, soprattutto nella storia delle sue vecchie sorelle non è facile accettare che la più avida venga premiata da un fortunato incontro mentre la seconda venga punita dalla follia della sua sventatezza, lo stesso dicasi per Viola, la principessa che vorrebbe solo innamorarsi ed è costretta a scontare tragicamente la stupidità paterna e anche se nel finale in cui le tre storie si incrociano sembra prevalere il lieto fine, la sensazione è che non sia adeguato a tutte le pene sopportate, del resto la vita è spesso così e la conclusione del film abbandona i toni fantastici per passare a una constatazione realista ma Garrone piega le regole del fantasy creando un nuovo tassello della sua teoretica da sempre votata all'analisi del mutamento del corpo e dell'inganno.
La grande magia del film sta nella potenza delle immagini ancora una volta realista: se si pensa che l'ambientazione di quelle fiabe sono tutti veri castelli italiani, ritoccati graficamente solo per far sparire i segni del presente, ci si sente riempire il cuore di commozione.
Nel grande calderone che mescola divinamente barocco, medioevo e rinascimento, la fedeltà ai vari modelli è notevole, basta notare la locandina i cui castelli sullo sfondo ripropongono i fondali dei quadri di Leonardo e molti altri pittori italiani: se questa è la via per il fantasy d'autore, che ben venga!