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il Re è morto...

Creato il 22 gennaio 2012 da Omar
(per Voci Amiche oggi pubblichiamo un brillante contributo sul noir e gli scacchi firmato dall'amico Fabio Lotti) il Re è morto... Sono un appassionato di gialli, intesi in senso lato, e di scacchi. Due cose diverse e nello stesso tempo incredibilmente simili. Riprendo qualcosa di scritto a cui aggiungo qualcosa di nuovo. Gli scacchi sono lotta, diceva il secondo campione del mondo Emanuel Lasker. Lotta dura, senza tregua e senza scampo. Per vincere occorre “mattare” il Re, colpirlo, distruggerlo. Scacco matto, ovvero il Re è morto. Però il Re, in definitiva, rappresenta il nemico che ti sta di fronte e ti vuole a sua volta morto e sepolto. E non solo in senso figurato. Qualcuno dirà che sto esagerando. È vero, ma mica tanto. Si dice che Baldwin, figlio di Ogier il danese, uccidesse Charlot, il figlio di Carlo Magno, spaccandogli la testa con la scacchiera perché era stufo di perdere e che il figlio di Pipino il Breve per una sconfitta a scacchi con un nobile bavarese lo abbia soffocato ficcandogli in gola una torre. Forse sono leggende ma quello che faceva Voltaire, l’illuminista francese, è pura verità. Se perdeva con suo padre gli tirava i pezzi e lo prendeva a bastonate. In un torneo degli anni settanta disputato in Toscana un giocatore alzò la mano per catturare la Regina. L’avversario gliela prese quando era ancora per aria e gli dette un morso. L’episodio fa sorridere ma anche pensare. La regina del giallo Agatha Christie fu una delle prima a capire cosa succede nell’animo tormentato degli scacchisti. In Poirot e i quattro fa usare all’omicida un pezzo degli scacchi ( il “Testa d’uovo” in un altro giallo dichiara «È difficile vincermi a questo giuoco») per uccidere il suo avversario. L’Alfiere di Re del Bianco è attraversato da un elettrodo e il circuito elettrico si chiude nella casa b5, così quando il suo conduttore sposta l’Alfiere proprio in quella casa, come è solito fare, viene fulminato e muore di paralisi cardiaca (la mi’ nonna!). Dopo di lei una serie infinita di romanzi polizieschi in cui gli scacchi la fanno da padrone, o ne costituiscono uno degli elementi principali, o vengono solamente citati. Più facile trovarli nel cosiddetto giallo classico dove la costruzione della storia e la lotta tra il detective e l’assassino assomigliano in modo speculare alla lotta tra le due menti davanti alla scacchiera. Mosse, contromosse, false piste, il colpo a sorpresa. Ma non mancano numerosi esempi anche in altre diramazioni della storia poliziesca. Spesso sono gli stessi personaggi che hanno il pallino di Re e Regine. Philip Marlowe, il popolare investigatore creato da Raymond Chandler, le cui opere sono state pubblicate anche sui prestigiosi Meridiani della Mondadori, si diletta a ricostruire partite di scacchi tratte da un testo pubblicato a Lipsia, Giorgio Scerbanenco in Venere privata, grazie anche agli scacchi riesce a dipingere Livia Ussaro, l’esca utilizzata per incastrare i responsabili degli omicidi, come una donna tutt’altro che passiva ed estremamente interessante nel suo ruolo di “adescatrice non professionista”. Il vedere una scacchiera «la riportava al tempo del collegio, delle suore di cui ricordava solo il passo frusciante per le camerate, delle mattine buie d’inverno nella gelida chiesa, con la messa che le sembrava eterna, combattuta tra il sonno ancora imperioso e la fame nascente, e la ricreazione in sala nei giorni piovosi, con le gare di “bella lettura”, di ricamo, di dama, di scacchi, perché dovevano essere suore sportive, di spirito agonistico. E per questo ricordo l’unica cosa decente in quell’indecente luogo era quell’astratto geometrico oggetto con quei simbolici pezzi di legno». Si sa che Hap e Leonard, due protagonisti principali di certe storie di Joe. R. Lansdale, sanno giocare a scacchi e che l’eroina di Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson con la testa un po’ fuori posto conosce il “nobil giuoco” grazie al suo avvocato. In Bambole pericolose di Barbara Baraldi, Mondadori 2010, una amica parlando ad Eva, protagonista principale, a proposito delle zanzare «E così ogni volta che ne schiacci una conduci una specie di guerra psicologica. Tipo nel Settimo sigillo, dove il protagonista porta avanti una partita a scacchi con la Morte». «Non capisco se mi stai prendendo in giro. Comunque gli scacchi sono un ottimo modo per aumentare autocontrollo ed elasticità mentale». il Re è morto... In Mano Nera di Alberto Custerlina, B.C. Dalai 2010, vecchi che giocano nella piazza davanti alla cattedrale. Uno dei personaggi, il russo Kirill, imbastisce una Nimzoindiana (una delle tante “aperture”, cioè modi di iniziare la partita), perde e si ritira dal torneo. Alla fine della storia si ritrova in carcere e tenta di impiccarsi dopo avere perso una partita con il suo compagno di cella. In Vendetta di R. J. Ellory, Giano 2010, il protagonista principale Hartmann «Rimase disperatamente aggrappato alla rete per un attimo e poi, come movendosi su una scacchiera, si spostò di qualche centimetro a sinistra. Pedone su Alfiere tre…». Più avanti, un altro personaggio importante, Perez «Li teneva in pugno, come un gran maestro di scacchi. Aveva previsto ogni loro mossa, calcolato ogni possibilità». Solo qualche esempio tratto dalle più recenti letture che la sfilza sarebbe interminabile. Per chi volesse saperne di più e leggere qualche bel racconto di autore nostrano ecco Giallo Scacchi - Racconti di sangue e di mistero, di A.A.V.V., Ediscere 2008, curata da Mario Leoncini e dal sottoscritto. Spero di avere stuzzicato la vostra curiosità e reso contento l’editore.
(Fabio e Jonathan Lotti)

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