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Il recensore, l’editor e l’autore

Creato il 22 agosto 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Leggo sul sito di Qlibri la recensione del nostro “Tramonti d’Occidente”, il romanzo di Emilia Blanchetti uscito a maggio (http://www.qlibri.it/narrativa-italiana/romanzi/tramonti-d’occidente/). Si tratta di una recensione interessante, che consiglio a tutti di leggere, indipendentemente dal fatto di avere o meno conoscenza diretta dell’opera in questione. Anche perché, finalmente, ci dà modo di affrontare alcune questioni partendo dal concreto commento a un’opera da noi edita, e non dai dialoghi sui massimi sistemi o dai riferimenti letterari classici.

Il recensore, l’editor e l’autore

Il recensore, in almeno un paio di passaggi chiave, denuncia la mancanza di un editor, che avrebbe dovuto intervenire in maniera decisa per eliminare quelli che, a suo parere, sono i limiti più vistosi del romanzo. Essendo io l’editor in questione, avrei forse di che risentirmi e mostrarmi contrariato, ma non mi pare il caso. Mi limito a far notare che l’editor c’è, e ha lavorato con l’autrice nei modi e nelle quantità che loro due sanno e che, per ovvia correttezza, nessun altro è tenuto a sapere. Fin qui, dunque, mi limiterei a suggerire al recensore di usare per il futuro una maggior cautela, evitando di parlare di mancanza e spiegando semmai perché il lavoro dell’editor non viene ritenuto adeguato, o non è condiviso dal recensore (il quale, in definitiva, esprime opinioni).
Lo spunto offerto da questa recensione è però troppo ghiotto, per chi ricorda il dibattito qui avvenuto sul ruolo dell’editor, per essere lasciato cadere senza dedicargli la dovuta attenzione.
Perché il recensore su un punto è molto chiaro: se un libro ha difetti strutturali, debolezze o ridondanze di trama, personaggi sbiaditi o caricaturali, troppi eventi o colpi di scena fuori luogo, di questi “errori” il primo (forse unico) responsabile è l’editor. Dell’autrice, in effetti, non viene analizzata altro che la qualità stilistica della scrittura e l’espressione di alcune osservazioni sociopolitiche, quasi che l’idea originaria, pur appartenendole, dovesse essere considerata una mera traccia da sviluppare attraverso l’opera della casa editrice.
È ovviamente superfluo, dato il mio ruolo di parte in causa, precisare che non condivido le osservazioni del recensore nello specifico, e tantomeno alcune sue proposte di ristrutturazione radicale dell’opera.
Tuttavia, non mi sento affatto di trascurarne il punto di vista, da lui dato per scontato, sul ruolo dell’editor. E non ritengo possibile far finta di nulla di fronte all’eloquente dimostrazione che il lettore (e in specie il lettore avveduto, buon consumatore di libri e capace di una certa analisi critica) dà ormai per acquisito che determinate scelte spettino all’editor, e che i risultati ne qualifichino la capacità d’intuire cosa cambiare e il coraggio (o l’autorevolezza) di imporre il proprio punto di vista.
Non è, ci tengo a chiarirlo, un modo di intendere il ruolo dell’editor che coincide con il mio; perché troppo apparentato a quella logica che poi conduce alla realizzazione dei libri a tavolino, con le scelte di fondo dettate dagli uffici marketing e gli scrittori confinati al ruolo di fonte ispiratrice o di calligrafi per bella copia (ruoli che si esercitano in alternanza con una buona redazione). Però, questa recensione mi sembra tracciare in modo realistico i contorni della figura dell’editor per come oggi è percepita. E, piaccia o no, è una realtà con cui non si può evitare di fare i conti.


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