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Meno male che Gheddafi c’è. Questo era il succo dell’articolo di Paolo Liguori su Il Giornale di ieri. D’altra parte certe persone sono abituate a cantare meno male che Silvio c’è. Un dittatore vale l’altro. Anzi. Gheddafi è un modello. Come lo era Mubarak. Proprio l’altra sera all’Infedele, la trasmissione di Gad Lerner, è stato riproposto un video dove Berlusconi si sperticava nelle lodi del quasi ex presidente egiziano dicendogli che avrebbe voluto imparare da lui per sapere come ha fatto a rimanere così a lungo al potere. Non c’era bisogno che se lo facesse spiegare da lui. Di dittatori è pieno il mondo, e di dittature sono pieni i libri di storia. Basta leggerseli.
D’altra parte ognuno ammira i dittatori che preferisce. L’arroganza di una grande fetta di persone che da questa parte del mondo si permettono di giudicare cosa sia migliore o peggiore per persone che vivono in paesi in cui loro al massimo andranno in vacanza è veramente allucinante.
Il problema è che gli ammiratori delle dittature si dividono equamente tra tutti gli schieramenti politici e i gruppi sociali. Ci sono anche quelli del “meno male che Fidel c’è” e c’erano quelli del “meno male che Baffone c’è”.
Il fatto è che non si rendono conto di far parte dello stesso gruppo di arroganti idioti che non proveranno mai sulla propria pelle cosa significa vivere veramente in una dittatura. Chi saluta Gheddafi come il miglior alleato dell’Italia se ne frega delle condizioni di vita delle persone che vivono nel paese “guidato” da Gheddafi. Pensa, come mi è capitato di sentire a proposito di Tunisia ed Egitto, che certi popoli non siano pronti per la democrazia, e comunque con Gheddafi ci si possono fare soldi, ci blocca le frontiere. È la real politik beibe.
Questi sono interessati solo a gas e petrolio. Sono gli stessi che negli Stati Uniti distribuiscono dittatori fantoccio salvo poi dover scatenare delle guerre per disfarsene. Ricordate per caso Saddam. Quindi in Tunisia e in Egitto non sono pronti, ma in Afghnistan e in Irak gliela abbiamo voluta esportare a forza. Qualcuno di questi illuminati pensatori alla Paolo Liguori riuscirà a dirimermi la contraddizione. Io ancora attendo.
A sinistra invece è diverso. La questione è più romantica, ma ugualmente strabica. C’è la nostalgia di una rivoluzione mai avvenuta. Da noi. L’ammirazione per eroi di cui si sente parlare fin da piccoli da genitori e libri di storia, ma mentre in Italia si manifesta per la dignità delle donne, si sfila al gay pride, si organizzano iniziative in favore della libertà di stampa, ci si incazza per il nepotismo, si è pronti a giustificare regimi dove i diritti per cui noi manifestiamo, pur avendoli, se li sognano. Dichiarare di essere gay significa poter finire in galera, cosi come la stessa fine si rischia per criticare l’esito della “rivoluzione” pur avendone a cuore gli ideali, si parla di paesi dove la successione in caso di morte del "custode della rivoluzione" e decisa esclusivamente dal dna del successore.
Ecco, scusatemi il finale acido e retorico ma io Paolo Liguori e questi altri del “meno male che il dittatorello di turno c’è”, che siano di destra, di sinistra, di centro, ce li manderei a vivere in Libia, a Cuba, in Cina, in Iran, etc. Per quanto mi riguarda mi basta vivere nel paese del menomale Silvio c’è. Per adesso siamo ai video messaggi alla nazione che invitano il popolo a restare tranquillo sulla propria poltrona davanti alle tv perché anche se c'è qualche traditore della patria che cerca di fargli credere il contrario in realtà lui vive nel paese migliore del mondo. Per fargli utilizzare i carri armati, a Silvio, ce ne vorrà.
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