Il regista indipendente Andrea Sbarretti si racconta su FrenckCinema

Creato il 13 febbraio 2014 da Frenckcinema @FrenckCinema

Vi ho parlato accuratamente alcuni giorni fa del progetto indipendente L'Operaio, questa sera è tempo di conoscere meglio il suo interprete, sceneggiatore, produttore e regista, ovvero Andrea Sbarretti.

Trovate info, cortometraggio e mini recensione cliccando su questo indirizzo.

Il regista Sbarretti molto gentilmente si offerto di parlare della genesi del suo ultimo cortometraggio, dello stato del cinema italiano e del suo prossimo progetto.

Ecco qui di seguito l'intervista realizzata per voi su FrenckCinema...

  • (Frenck) Da dove nasce l'idea di raccontare le pene di questa categoria di lavoratori?
  • (Andrea) Nasce dai soprusi che gli operai hanno dovuto subire in questi ultimi 2 anni: abrogazione articolo 18, innalzamento età pensionabile,  licenziamenti, stipendi abbassati. Si sta tentando di mettere i padri contro i figli, i tutelati contro i non tutelati. Chi ora guadagna 1000 euro al mese, deve sentirsi quasi in colpa per avere un lavoro. Chi suda per 40 ore alla settimana per uno stipendio che gli permette di mandare avanti a malapena una famiglia, viene considerato un privilegiato. Gli imprenditori, le multinazionali con l’avvallo dei politici, stanno erodendo giorno dopo giorno, anno dopo anno, quei diritti conquistati in decenni di lotte sindacali e popolari. Si continuano a tagliare gli stipendi degli operai (vedi Fiat, Electrolux ecc.) con la scusa che in Polonia un operaio costa meno. Questa è la teoria del pensiero unico con l’economia di stampo liberista e la crescita illimitata come scienza che governa la società. La politica e tutte le altre scelte culturali tendono ad essere assoggettate al potere economico. Il mercato come parametro principale che determina il successo o l'insuccesso di ogni attività umana.
  • (Frenck) In che modo il tuo fare cinema è stato influenzato dalla crisi dell'economia italiana?
  • (Andrea) A livello produttivo non è stato influenzato, poiché ho sempre girato i miei film a costo zero. Anzi, la crisi potrebbe essere democratica, se mettesse tutti allo stesso livello. Ma il cinema italiano è gestito da lobby che sfornano i loro prodotti (prodotti e non più film) sempre con gli stessi attori, sempre con le stesse storie. Cambiano qualcosa ma il risultato non cambia… cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, no? Non c’è più coraggio di raccontare storie diverse e soprattutto con stili diversi. Poi ci lamentiamo che il cinema italiano è in condizioni pietose e capace solo di fare commedie commerciali. Io i miei film (3 per la precisione, più tanti corti e documentari) li ho creati tutti da solo, girando inquadratura per inquadratura con la mia telecamera, acquistata con i miei soldi, curando il suono in ogni singola scena e fotografandoli da solo. Non ho avuto attorno decine di professionisti pronti a fare un lavoro di gruppo e quindi a creare un prodotto medio, che non ha lo sguardo di nessuno. In questa maniera si realizza un prodotto senza sapore, essendo passato attraverso decine di teste e decine di piallature per non irritare i cattolici o i ragazzi, o questo o quell’altro. Tutti questi compromessi inevitabilmente generano un prodotto insapore, come quello acquistato su un banco di un supermercato. Ricordo con piacere la prima lezione di Regia all’Università. Il nostro docente, il regista Giuseppe Ferrara (autore de: Il caso Moro, Il sasso in bocca ecc.) ci disse che in un film non ci possono essere mai due registi ( a meno che non si chiamino fratelli Coen, aggiungo io) o troppe teste a decidere. Il cinema non è un lavoro di gruppo. Ci sono molte manovalanze che collaborano, ma lo sguardo deve essere di uno solo, altrimenti le diverse idee tendono ad annullarsi tra di loro ed a generare un film con un comune denominatore che elimina i picchi e le genialità che solo il singolo, ha il coraggio di rappresentare.
  • (Frenck) A quale regista italiano o internazionale ti ispiri nel tuo fare cinema?
  • (Andrea) Per anni ho avuto come modello Paolo Sorrentino, ma proprio ora che (come gli auguro) sta per vincere l’Oscar, sento che lui non può più essere il mio maestro. Troppo ricco il suo stile e troppo fastoso. Con i miei mezzi non posso certo rincorrere quel modo di fare cinema. Si diventa grandi quando si è pronti a volare da soli. Ora i miei modelli sono registi che hanno meno mezzi e che analizzano quello che accade nell’animo dei loro protagonisti. Le storie diventano flebili, accennate: finiscono spesso in maniera anonima, lasciando lo spettatore medio perplesso, poiché desidera finali fastosi, con colpi di scena e musica straripante. Io stesso credo di aver fatto indigestione di musica nei precedenti lavori, al punto di cominciare ad odiarla. Nel mio futuro vedo film senza musica, ma con una grande attenzione al suono, ai rumori. Questo genere di film è tipico di quel cinema povero dei paesi come Turchia, Cina, Cile e quindi di registi come Ceylan, Ki Duk, Larrain.
  • (Frenck) Parlami del tuo prossimo progetto?
  • (Andrea) È in fase di montaggio il mio ultimo cortometraggio “Ti avrei perdonato”. Tutto diverso da “L’operaio”. Il corto è appunto senza musica e con pochissimi dialoghi. Un cambiamento radicale che mi fa accantonare provvisoriamente lo stile grottesco de “L’operaio”. I protagonisti sono due sessantenni che interpretano moglie e marito. Lei lo tradisce e poi uccide il proprio amante per non lasciare tracce, una sorta di amantide religiosa. Una storia cruda e profondamente ancorata alla realtà, che non lascia nulla all’immaginazione o alla sublimazione. Personaggi cupi e solo alla ricerca della propria salvezza, ma in fondo onesti. Preferisco lavorare con attori maturi. Solitamente con i miei coetanei o comunque con i ragazzi, trovo meno empatia.
  • (Frenck) Cosa pensi dello stato del cinema italiano indipendente in quest'ultimo periodo?
  • (Andrea) Se il cinema generalista è tutto attorcigliato su se stesso, quello indipendente è solo la brutta copia di quello commerciale. Si imita, si cerca di fare film e cortometraggi scimmiottando le grandi produzioni, quando non si hanno i mezzi e soprattutto gli attori in grado di recitare a quei livelli. Con tutta la buona volontà, gli interpreti che occupano (occupano non è un verbo messo lì a caso) questi lavori, risultano profondamente finti e più che generare incanto, provocano fastidio, tanto distanti sono i personaggi che impersonano. Preferirei vedere più lavori (e qualcuno ce n’è) che sappiano accorgersi dei propri limiti e quindi raccontare storie reali, vere e sentite, con dialoghi non scopiazzati dai block buster. Il mondo del cortometraggio è veramente inflazionato. Oggi basta una semplice reflex da 500 euro per avere un’ottima qualità video e questo incoraggia molti aspiranti registi. Poi c’è un altro fenomeno: tutti si sentono artisti: attori, registi, musicisti, scenografi, costumisti, scrittori, filosofi… e guarda caso nessuno vuol fare più L’operaio. Forse perché bisogna svegliarsi la mattina alle 5??

Ringrazio Andrea Sbarretti per la sua disponibilità e invito tutti voi, miei lettori, a continuare a seguirmi per altre sensazionali interviste al nuovo che avanza!


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :