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Il regno dei lupi di George R.R. Martin. Capitolo 10: Davos

Creato il 29 gennaio 2014 da Martinaframmartino

 

Il regno dei lupi di George R.R. Martin. Capitolo 10: Davos

La copertina dell’edizione polacca di A Clash of Kings

Il primo dei punti di vista nuovi che incontriamo nel Regno dei lupi è quello di Davos. Nel prologo avevamo già conosciuto il maestro Cressen, ma visto che è morto a fine capitolo è stata davvero una conoscenza di breve durata. Una funzione importante però l’aveva svolta, facendoci dare per la prima volta uno sguardo alla corte di Stannis e facendoci capire quanto sia pericolosa Melisandre. Nella proliferazione dei punti di vista c’è uno dei principali problemi di George R.R. Martin. Quanto ci racconta di Davos e con lui di Stannis, così come quanto ci raccontano tutti i nuovi personaggi che incontreremo, è interessante. L’intreccio è più articolato e complesso, e dimostra l’enorme maestria dello scrittore nel portare avanti così tante trame contemporaneamente e nel caratterizzare e individualizzare così tanti personaggi. C’è un problema però: queste cose richiedono pagine, perciò i libri si allungano, e tempo, con la conseguenza che la scrittura diventa più lenta. Credo che i lettori di vecchia data se ne siano accorti.

Le cronache del ghiaccio e del fuoco sono iniziate in inglese nel 1996 (in italiano nel 1999) con A Game of Thrones. A Clash of Kings è del 1999, A Storm of Swords del 2000. Poi sono arrivati i problemi, con A Feast for Crows nel 2005 e A Dance with Dragons nel 2011. E The Winds of Winter? Dubito che uscirà nel 2014, ma forse il 2015 non è impossibile. Devo proprio scrivere in proposito uno spoilerosissimo articolo per FantasyMagazine. Chi se ne frega se conterrà valanghe di spoiler dai libri precedenti, quello che sta iniziando a prendere forma nella mia mente è un articolo destinato a chi i libri precedenti li ha già letti.

Torniamo al Regno dei lupi, con Melisandre che brucia i Sette Dei. Già ha fatto fuori il vecchio sapiente – anche se è stato Cressen a provare ad avvelenare lei e non il contrario – ora fa fuori anche la vecchia religione. Non che sia particolarmente dispiaciuta per i Sette nello specifico, li guardo con distacco come faccio quasi sempre ogni volta che entra in gioco la religione, ma non gradisco il rogo delle sculture. Mi fa venire in mente troppi brutti pensieri, Hitler che brucia i libri, l’Inquisizione che li mette all’indice, i Talebani che a cannonate distruggono le due statue del Buddha di Bamiyan. È sempre un brutto segno quando qualcuno distrugge la cultura, specie se è la cultura di qualcun altro, e la Donna Rossa non mi può certo stare simpatica. Avevo già visto la distruzione sistematica delle opere d’arte, nel Paese delle due lune e in Lord of Emperors, due romanzi di Guy Gavriel Kay che potrei anche decidere di rileggere a breve. Si distrugge per ferire gli avversari e per dominarli, per dimostrare che loro non contano nulla o perché si è convinti che il proprio sia l’unico punto di vista valido. Comunque sia, a me la cosa dà i brividi.

Abbiamo tocchi di colore, storia, mitologia, religione, ma le cose di fanno interessanti quando si arriva alla profezia.

“…verrà il giorno, dopo la lunga estate, in cui le stelle sanguineranno e il respiro gelido delle tenebre scenderà a incombere sul mondo. In questa ora terribile, un guerriero estrarrà dal fuoco una spada fiammeggiante. Quella spada sarà la portatrice di luce, la Spada rossa degli eroi, e colui il quale la impugnerà sarà Azor Ahai reincarnato. E di fronte a lei le tenebre fuggiranno.” (pag. 153)

Come con tutte le profezie, non si capisce un accidente, se non che ci deve essere un guerriero destinato a combattere gli Estranei. Io segnalo queste righe, perché su ogni profezia volendo ci si può scervellare.

A fare da contraltare c’è la profezia di Macchia, “Sotto il mare, il fumo sale a bolle. E le fiamme ardono nere e verdi e blu” (pagg. 153-154). Deliri di un folle? Forse, ma come si può esserne sicuri prima della fine?

Iniziamo a conoscere il nuovo luogo dicevamo, Melisandre, Davos e i suoi figli, Salladhor Saan, sentiamo le antiche leggende ma anche gli avvenimenti davvero accaduti nemmeno troppi anni fa e scopriamo che c’è qualcuno che reclama i suoi diritti sul Trono di spade, come se la situazione politica non fosse già abbastanza incasinata con Jeffrey sul trono e Robb e Renly in rivolta in due luoghi diversi e per motivi diversi. Il futuro si prospetta decisamente movimentato.

Sotto la foto spoiler dalla Danza dei draghi

 Il regno dei lupi di George R.R. Martin. Capitolo 10: Davos

Dicevo che con le profezie ci si può scervellare. A differenza di quanto non creda Melissa la Rossa (Cartagine!) Stannis non è Azor Ahai visto che la sua non è una spada che brucia ma una spada bruciata. Ha fatto fiasco, come lo aveva fatto quando aveva creduto di vedere Arya. Sa fare le magie la Donna Rossa, ma quanto a profezie è meglio che studi ancora un po’. Non che Azor Ahai mi faccia dormire sonni tranquilli considerando come ha temprato la sua spada, ma possibile che con George R.R. Martin non si possa mai stare tranquilli su nulla?

Comunque avete presente ser Patrek della Montagna del Re? Il suo vero nome, nel Continente Occidentale che risponde al nome di America – Canada per la precisione – è Patrick St-Dennis, ma la storia è troppo lunga per poterla raccontare qui. Però se mi dite che vi interessa magari prima o poi ne parlo davvero.

Alla fine della Danza dei draghi Wun Wun lo apre letteralmente in due, operazione che credo comporti un certo sanguinamento. E il mantello di ser Patrek è cosparso di stelle. Certo, di mezzo ci sono il football e una scommessa che nello scorso millennio Martin non immaginava che avrebbe mai fatto, altro che perderla, comunque la cosa dà da pensare perché con lui le stelle hanno sanguinato. Ora deve solo arrivare Azor Ahai. Forse.



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