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Il relitto degli Alimini

Creato il 28 giugno 2013 da Cultura Salentina

28 giugno 2013 di Vincenzo D'Aurelio

dimitrios

La “Dimitrios” in una foto degli anni ’70

Una vecchia carcassa di nave arenata presso gli Alimini a pochi metri dalla riva, nel corso degli anni era divenuta meta di lunghe passeggiate per chi voleva crogiolarsi al sole camminando sulla battigia in compagnia del suono del mare e del vento. Quell’ammasso di ferraglia arrugginita, malgrado l’impatto ambientale, era diventato parte integrante del paesaggio tanto che quel posto fu detto, ancor prima della nascita di un lido balneare, “alla nave”. 

Ai più, l’episodio riguardante l’incagliamento della motonave è poco noto.

La Dimitrios, così si chiamava, era una nave da carico greca di sessantuno metri che stazzava 498 tonnellate. Come tante altre grosse imbarcazioni, solcava il Mediterraneo per trasportare merci nell’ambito dei fittissimi scambi commerciali intrattenuti dall’Europa continentale con il Medio Oriente e l’Africa settentrionale. Negli anni Settanta, difatti, l’intensità del traffico e dei commerci marittimi avevano reso i porti di Brindisi e di Taranto i più frequentati del Salento. Le navi merci, tuttavia, erano poco più che “carrette” (1) – così come le definì il deputato gallipolino del PCI Giorgio Casilino (1919-2006) in una seduta della Commissione Parlamentare Trasporti del dicembre 1979 – con strumentazioni inadeguate alla navigazione la cui difficoltà, inoltre, era dettata dalla mancanza di segnalazioni e di indicazioni sulle carte nautiche. Per tali motivi non era così raro vedere imbarcazioni arenarsi lungo le coste del Salento come, ad esempio, avvenne anche per la tunisina Monastir che si incagliò sul litorale di S. Maria di Leuca alle ore 18.30 del 4 novembre 1979 (2).

La Dimitrios, appartenente alla società armatrice “Petros e Mamas Leonidas Kritikos” di Atene, era partita dal Pireo il 10 dicembre del 1978 con un carico di 450 tonnellate di crusca, cruschello e farinacei vari per un valore complessivo di 45.900 dollari statunitensi corrispondenti, allora, a circa 87 milioni giustifydi lire italiane. La destinazione del viaggio era il porto di Pesaro dove la ditta “Chimex” attendeva la merce che, a sua volta, le era stata commissionata dalla società inglese “St. George Mill’s”. All’alba del 19 dicembre, e precisamente alle 4.00 del mattino, la Dimitrios si arenò, come tantissime altre navi del passato, nelle insidiosissime secche degli Alimini (3). La motonave, allora, cominciò a inclinarsi sul fianco destro con la prua rivolta verso Otranto e, essendo a soli dieci metri dalla riva, tutto l’equipaggio con il comandante Larpatos abbandonò in fretta il naviglio lasciandone incustodito il carico. Diffusasi la notizia dell’incagliamento diverse persone, rimaste sconosciute agli inquirenti, cercarono di far razzia dei cereali trasportati aprendone le stive. Il saccheggio, però, non portò ai risultati sperati poiché le acque penetrarono negli scompartimenti rovinando gran parte della merce e disperdendone in mare quella restante. Strumentazione e ogni altra suppellettile furono, invece, portate via.  La società assicuratrice “The Marine Insurance Co. Ltd.” di Londra risarcì il committente per la perdita del carico trasportato dalla Dimitrios inoltrando all’armatore greco, tramite il procuratore leccese Alfredo Lonoce, richiesta di rivalsa per l’importo di 50 milioni di lire. Accettando l’istanza, il Tribunale di Lecce emise il 30 agosto 1979 un provvedimento di sequestro conservativo e poi, verso la fine di quello stesso anno, il giudice istruttore Donato Planteda disponeva la vendita, entro trenta giorni, della motonave (4). Probabilmente l’asta non andò a buon fine se lo stesso deputato Casalini, il 7 maggio 1980, chiedeva alla X Commissione Trasporti quali fossero i motivi che impedivano il recupero e la demolizione del natante al fine di poter liberare il mare otrantino da un potenziale pericolo per la navigazione, la pesca e il turismo (5). Certamente per giungere alla soluzione della questione era necessario superare una moltitudine di ostacoli e di burocrazia, tipicamente italiana, e perciò fu il mare a risolvere il tutto ingoiando lentamente quanto giorno per giorno restava di quel relitto.

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(1) Atti Parlamentari, Camera dei Deputati: resoconto stenografico seduta del 13/12/1979, p. 5931; Giorgio Casilino, operaio di Gallipoli eletto nel Collegio di Lecce il 17/06/1979. Iscritto nelle liste del PCI dal 1979 al 1983, fece parte, durante l’VIII legislatura, della X Commissione Permanente Trasporti.  (2) Il Quotidiano di Lecce, 15/09/1979; (3) Coordinate del relitto: 40°12’54’’N – 18°27’40’’E; (4) Il Quotidiano di Lecce, 28/12/1979; (5) Bollettino delle Commissioni: X Commissione Permanente Trasporti, 07/05/1980, pp. 39-40.


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