Quando su una medesima via ci sono tre pizzerie diventa difficile vendere più pizza.
La fame (per fortuna) non è dilatabile. Ma la possibilità di mettersi in contatto? Di quella sì, siamo consumatori insaziabili.
Il bisogno umano primario di essere capiti, rispettati, desiderati quando non ci siamo non è mai propriamente soddisfatto.
Questa è una citazione da Quel pollo di Icaro: Come volare in alto senza bruciarsi le ali. Che è poi l’ultimo libro di Seth Godin, blogger, motivatore, esperto di marketing e di comunicazione.
Uno dei pochi realmente validi sulla piazza, a mio parere.
Comprato e letto in una notte, Quel pollo di Icaro si rivela una miniera di ispirazioni sul come guardare le cose da più punti di vista differenti. Questa volta Godin si occupa soprattutto di spingere noi tutti a tirare fuori la creatività che possediamo, in modo da non doverci più uniformare alla massa. L’obiettivo del “guru” è quello di renderci un po’ più liberi, un po’ più felici, e soprattutto molto più impermeabili al giudizio altrui.
C’è poi un secondo aspetto del libro, molto interessante, che riguarda la comunicazione, il contatto e il rapporto tra queste due cose e la creatività. Il discorso è complesso, ma il brano che vi ho citato è un ottimo punto d’inizio.
Esso risponde a una serie di riflessioni che faccio già da tempo, riassumibili con questa frase: più abbiamo mezzi per comunicare, meno lo facciamo.
Questo discorso vale nei normali rapporti tra esseri umani, ma anche nel rapporto tra “artista” (scrittore, cantante, musicista, pittore… quel che preferite) e pubblico.
Nella prima categoria, Godin ci mette tutti quei contatti quotidiani, che svolgiamo automaticamente, come robot.
Non riserviamo un trattamento umano a chi ci serve il caffè al bar, né a chi sta dietro lo sportello della posta. Non trattiamo come persone il benzinaio, il commesso del centro commerciale, l’edicolante, il controllore del treno.
Che ne è del contatto visivo? Che ne è del rispetto che deriva dal riconoscere la dignità altrui?
E dai: un po’ è vero.
Siamo sempre così di fretta e così incazzati col mondo che tendiamo a lamentarci di tutto e disumanizzare chi ci sta davanti. Succede con le persone che conosciamo, figuriamoci con gli anonimi impiegati/commessi/operatori di call center con cui abbiamo quotidiani, ma saltuari rapporti.
Dal momento in cui abbiamo smesso di guardarli negli occhi li abbiamo ridotti a persone virtuali, togliendo quindi loro la dignità. Ovviamente spesso (quasi sempre?) la cosa è reciproca.
Nessun contatto visivo.
Dal punto di vista del creativo, la faccenda è ancora più complessa.
L’artista si presenta al pubblico attraverso canali social, e quindi può essere facilmente contattato da chiunque. Questi contatti sono però spesso di genere critico e asettico, se non veri e propri insulti e trollaggi. Il fenomeno è complesso ma, semplificando parecchio, possiamo dire che ciò avviene perché si è persa la consapevolezza di interagire con un essere umano, e non con un’entità virtuale che esiste solo su Facebook o su un blog.
C’è un fenomeno interessante, che Godin definisce la “sindrome del refuso”.
Se dopo aver letto un articolo su un blog l’unico commento che vi viene da fare all’autore riguarda un refuso trovato nel punto X, non siete più esseri umani, bensì solo correttori di bozze.
Avete perso la vostra empatia e siete impermeabili allo scambio di opinioni.
Secondo Godin occorrerebbe invece coltivare quei rapporti che ci offrono qualcosa a livello umano, e non solo come mero scambio commerciale/conoscitivo.
L’umanizzazione della comunicazione è un passo imprescindibile, se si vuole intraprendere un’attività artistica e creativa, senza diventare matti.
Ma non è affatto facile, proprio per le dinamiche di cui ho accennato nella prima parte di questo post.
Creiamo un legame quando affermiamo la nostra umanità.
E di affermare la nostra umanità c’è proprio bisogno.
La distorta trasformazione di una società in cui l’individuo percepisce il prossimo come un’icona di Facebook, liberamente insultabili nelle peggiori maniere, è raccapricciante.
Per correre ai ripari non c’è altro da fare se non imparare a comunicare meglio, o smettere di comunicare del tutto con chi ha un modo di porsi totalmente alieno e distruttivo.
Non so voi, ma io ne conosco parecchi, di individui del genere…
- – -
(A.G. – Follow me on Twitter)