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Il riconoscimento reciproco

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Il riconoscimento reciproco
Distinguere ciò che è previsto dalla relazione sociale e ciò che, invece, dipende dalla modalità interattiva è di fondamentale importanza per capire le dinamiche interattive tra due agenti. Ogni volta occorre distinguere un reciprocità di aspettative, inclusa nella relazione sociale, da un’aspettativa ordinata dalla modalità interattiva. Operare questa distinzione per noi è di importanza fondamentale, in quanto la relazione sociale appartiene all’ordine sociale, mentre la modalità interattiva appartiene ai diversi modus operandi degli agenti sociali. Ogni relazione sociale prescrive il reciproco riconoscimento dei rispettivi ruoli. Nelle relazioni sociali il principio della reciprocità delle aspettative è definito su regole e norme costruite e condivise socialmente, invece, la modalità interattiva risponde a un altro ordine di cose. Nelle relazioni sociali la coordinazione delle azioni reciproche è stabilita dalla situazione sociale nella quale gli attori si trovano a interagire: È sufficiente comprendere questa differenza pensare a cosa accade nell’interazione tra cliente/cameriere.
Un cliente può ordinare il suo pasto al cameriere senza neanche accorgersi della sua presenza, senza cioè prestare la minima attenzione alla “persona” che gli sta davanti. Ciò che egli vede è soltanto il “ruolo”, il modo in cui il cameriere si presenta e la sua prestazione; nell’interazione cliente/cameriere è prescritto l’obbligo del riconoscimento reciproco dei ruoli; naturalmente il cliente può rivolgersi al cameriere chiedendo qualche informazione sulla sua provenienza regionale, cioè prestare attenzione alla sua persona, ma non è obbligato a farlo. La relazione tra i due attori è di tipo strumentale, pertanto l’attenzione del cliente è focalizzata sul ruolo l’agente interpreta, ma non sulla sua “persona”. Anche il cameriere, a sua volta, presta attenzione alle richieste del cliente, ma non è tenuto a prestare attenzione ai suoi discorsi; se lo fa, o se finge di farlo, è perché mostrarsi gentile nei riguardi del cliente fa parte del suo ruolo; egli può fingere di ascoltare con un sorriso e pensare ad altro, invece quando si tratta di prendere nota di quello che il cliente ha ordinato, egli deve prestare attenzione a quello che il cliente ordina.
Nella relazione cliente/cameriere, così come in ogni altra relazione sociale simmetrica o complementare, sono iscritte determinate aspettative reciproche, codificate socialmente e culturalmente, ma non vi è iscritta nessuna modalità interattiva. Saper ascoltare il punto di vista altrui, instaurare un rapporto empatico con la persona che ci sta parlando, ognuno di noi crede che sia una questione di buona educazione. Per cui chi non sa ascoltare l’altro viene comunemente classificato come una persona maleducata. In realtà, il problema dell’ascolto dipende dal fatto se rientra o non rientra tra i compiti richiesti dalla relazione sociale, in altri termini dipende dal fatto se un ruolo prevede socialmente tra le sue aspettative oltre il compito di ascoltare la richiesta anche quello di porre un’attenzione particolare nei confronti del richiedente. L’interazione analista/paziente, ad esempio, rientra in questo tipo di relazione, poiché pur essendo una relazione personale, in quanto il paziente richiede una prestazione professionale, la richiesta all’ascolto è parte integrante del ruolo dell’analista. Anche l’interazione docente/discente, per alcuni versi rientra in questo tipo di relazione, poiché la buona riuscita della richiesta avanzata nei confronti del discente non può prescindere da un’attenzione nei confronti del richiedente, ma ciò è previsto dal ruolo esercitato dall’insegnante.
Il reciproco riconoscimento è dunque prescritto in ogni tipo di relazione, ogni sua violazione viene subito percepita come una minaccia al proprio Sé, cioè come un vedersi sminuire il proprio Sé. Questa violazione segna il passaggio da un’interazione orientata sul ruolo a un’interazione focalizzata sul Sé, cioè segna un coinvolgimento del sé all’interno della relazione. Nella Pragmatica della comunicazione Watzlawick, Bevin e Jackson riportano questo caso: «Durante una seduta di terapia coniugale congiunta, una coppia raccontò questo episodio. Il marito, mentre era solo in casa, aveva ricevuto una telefonata interurbana da un amico che gli aveva detto che doveva venire da quelle parti per qualche giorno. Il marito si era subito offerto di ospitarlo, sapendo che anche sua moglie sarebbe stata lieta di averlo come ospite e che, se si fosse trovata a rispondere al telefono, gli avrebbe fatto lo stesso invito. Ma quando la moglie era tornata a casa avevano litigato aspramente per questa offerta di ospitalità che il marito aveva fatto. Il problema fu esaminato nella seduta terapeutica: sia il marito che la moglie erano d’accordo nell’ammettere che invitare l’amico era la cosa più giusta e naturale da farsi. La loro perplessità sorgeva quando dovevano prendere atto che da un lato erano d’accordo ma poi “chissà perché” non erano d’accordo su quello che sembrava essere lo stesso punto».
Come spiegano gli stessi autori, «i punti in questione erano due: uno riguardava come agire adeguatamente in una data situazione pratica (nella fattispecie, l’invito) e su questo punto era possibile comunicare con il modulo numerico; l’altro riguardava la relazione tra i comunicanti (nella fattispecie, chi aveva il diritto di prendere l’iniziativa senza consultare l’altro) e questo era il punto che non era affatto facile risolvere numerico perché presupponeva che il marito e la moglie fossero in grado di parlare sulla loro relazione».
Analizziamo il problema nella nostra prospettiva: il marito comunica alla moglie la richiesta di invitare il suo amico, e pensa che la moglie sia d’accordo perché in un’altra circostanza ne avevano già parlato. Diamo per scontato che le cose siano andate effettivamente così. Perché allora la moglie litiga? Nella relazione tra i coniugi v'è iscritto questo ordine: «Ogni decisione o iniziativa che riguarda il coinvolgimento di entrambi deve essere presa di comune accordo». Quindi, in base al principio della reciprocità delle aspettative, la relazione prescrive che prima di invitare un amico, entrambe le parti devono essere d’accordo. Il marito non capisce la ragione dell’obiezione della moglie perché crede che anche lei sia d’accordo sull’invito. Allora, poniamo i termini del problema in questo modo: due coniugi sono d’accordo sul fatto di fare un viaggio un una determinata città. Un giorno il marito si presenta con due biglietti e dice alla moglie che giovedì prossimo finalmente possono realizzare il loro desiderio. La moglie per tutta risposta, anziché mostrarsi felice – come il coniuge s’aspetta – della possibilità di compiere quel viaggio a lungo desiderato, comincia a lamentarsi del fatto che il marito non ha minimamente considerato gli impegni di lei. Il marito, a sua volta si fa forte del fatto che il desiderio di fare un viaggio era stato espresso da entrambi. Perché dunque accade questo corto circuito nella loro comunicazione? Ed è esatto dire che entrambi stanno comunicando sulla relazione? In realtà, la moglie sia nell’esempio di Watzlawick che nel mio su che cosa sta comunicando? Secondo la mia prospettiva, essa non comunica sulla relazione ma sta comunicando sulla modalità interattiva del marito, e lo fa in forza della relazione. La richiesta “faremo un viaggio insieme giovedì” è l’informazione o l’aspetto “notizia”, e si svolge sul piano dell’interazione “limitata a”; giacché tale richiesta non ha tenuto conto della richiesta del richiedente, come è prescritto nel contenuto della relazione – «Ogni decisione o iniziativa che riguarda il coinvolgimento di entrambi deve essere presa di comune accordo» – essa ha una ripercussione sull’interazione che da “limitata a” diventa orientata sul Sé; a questo punto accade che la moglie litiga sulla modalità d’azione messa in atto dal marito. Per essere chiaro, la relazione prescrive: «Prestare attenzione alla richiedente»; invece, la modalità messa in atto dal marito ha questa forma: «Non ho prestato attenzione alla richiedente». La moglie avanza la richiesta di avere attenzione da parte del marito, questa richiesta è legittimata dalla relazione che intercorre tra i due coniugi, ma il marito applica con la moglie la modalità interattiva in cui il punto di vista della moglie non è riconosciuto, e ciò comporta il fatto che il marito, in base alla modalità interattiva, non vede o non presta attenzione alla richiesta della moglie, a sua volta la moglie non si vede riconosciuta una richiesta implicita nella relazione, di conseguenza la donna si vede disconosciuta nel suo ruolo di moglie, e quindi percepisce la modalità interattiva del marito come una minaccia al proprio Sé, perché il marito sminuendo il suo ruolo di moglie ne sminusce il Sé.


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