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“Il rifugio”

Creato il 28 agosto 2010 da Cinemaleo

“Il rifugio”

2009:Le refuge di Francois Ozon

“Il rifugio”
“Il rifugio”

Più amato in patria che all’estero, il regista è noto per la sua poliedricità e per dividere i critici.

 

Anche Il rifugio, come la maggioranza dei suoi lavori, ha avuto accoglienze discordi: “Bel film, ricco di sensibilità, delicatezza e intelligenza” (L’Espresso), “…bravi gli attori anche quando non sanno scegliere le sceneggiature (Il Giornale), “Il risultato è un film che prende, che emoziona (Cineblog), “Un film complesso e sottile” (BestMovie), “La geometria drammaturgica perfettamente funzionante sulla carta sembra perdere forza e convinzione sullo schermo” Indie-Eye), “C’è molta poesia in questo lavoro, è ispirato, intenso…” (Livecity), “…nei lavori di Ozon c’è sempre qualche vizio di forma e anche in questo caso le forzature narrative e gli stereotipi non mancano” (FilmUp).

Un lavoro che merita certamente d’essere visto ma che non soddisfa pienamente. Eccessivo il distacco della regia dal tema che tratta, regia asciutta e secca come raramente accade. Lo spettatore stenta ad immedesimarsi nella storia raccontata, scarso il coinvolgimento, poche le emozioni. Al centro della vicenda è un personaggio femminile che, pur apparendo al contempo fragile ma deciso, rimane un mistero per tutta la narrazione: nulla sappiamo di lei, non conosciamo le sue idee, le sue aspirazioni, le sue problematiche. La cosa ha sicuramente un certo fascino  ma ci impedisce di essere compartecipi: osserviamo freddamente quanto le accade, siamo osservatori neutrali e nulla più. Lascia interdetti anche il rapporto che la protagonista ha col suo essere incinta (l’essere incinta dovrebbe essere il motore dell’intera storia). Isabelle Carré lo era veramente durante le riprese e le cronache ci dicono che François Ozon la frequentava assiduamente per scoprirne le emozioni e le sensazioni. Ebbene, mi sembra che nel film ciò con traspari. A parte rare eccezioni, per tutta la durata del film l’essere incinta non sembra il problema fondamentale. Abbiamo una donna infelice, fondamentalmente sola: se non stesse per diventare madre poco cambierebbe.

Bello, coraggioso e anticonformista (visto i tempi che corrono…) l’inaspettato finale, finale per cui Micromega ha scritto “Se in Italia la sinistra ufficiale ha preferito cedere alla destra e al Vaticano sulle questioni relative alla maternità e famiglia, adottandone di fatto pregiudizi e miopie, un film come Il rifugio dimostra con una semplicità sconcertante che almeno in certi ambiti del cinema francese è possibile pensare su queste problematiche in forme autonome e libere da qualsivoglia preconcetto ideologico” . Concordo in pieno.

Nota di merito per i protagonisti. L’interpretazione di Isabelle Carré è veramente notevole, convincente e ‘in parte’ l’esordiente Louis-Ronan Choisy (cantante e compositore).

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