L’originale Le remède de fortune, scritto dal poeta e compositore francese Guillaume de Machaut, è del 1342: un trattato in forma di narrazione su Amore e Fortuna che alterna testi poetici, composizioni musicali e immagini.
Questa multidisciplinarità, così vicina alla concezione della messa in scena contemporanea, ha ispirato la versione (in scena al Teatro Strehler in prima esecuzione assoluta, giovedì 19 luglio 2012, ore 20.30) che riunisce un gruppo di artisti, tra i quali Fanny Ardant, voce recitante, nel ruolo di Speranza.
Tels rit au main qui au soir pleure
Et tels cuide qu'Amours labeure
Pour son bien, qu'elle li court seure
Et ma l'atourne;
Et tels cuide que joie aqueure
Pour li aidier, qu'elle demeure.
Car Fortune tout ce deveure,
Quant elle tourne,
Qui n'atent mie qu'il adjourne
Pour tourner; qu'elle ne sejourne,
Eins tourne, retourne et bestourne,
Tant qu'au desseur
Mest celui qui gist mas en l'ourne;
Le sormonté au bas retourne,
Et le plus joieus mat et mourne
Fait en po d'eure.
Car elle n'est ferme n'estable,
Juste, loyal, ne veritable;
Quant on la cuide charitable,
Elle est avere,
Dure, diverse, espouentable,
Traitre, poignant, decevable;
Et quant on la cuide amiable,
Lors est amere.
Car ja soit ce qu'amie appere,
Douce com miel, vraie com mere,
La pointure d'une vipere
Qu'est incurable
En riens a li ne se compere,
Car elle traïroit son pere
Et mettroit d'onneur en misere
Deraisonnable.
Fortune est par dessus les drois;
Ses estatus fait et ses lois
Seur empereurs, papes et rois,
Que nuls debat
N'i porroit mettre de ces trois
Tant fus fiers, orguilleus ou rois,
Car Fortune tous leurs desrois
Freint et abat.
Bien est voirs qu'elle se debat
Pour eaus avancier, et combat,
Et leur preste honneur et estat
Ne sai quens mois.
Mais partout ou elle s'embat,
De ses gieus telement s'esbat
Qu'en veinquant dit: "Eschac et mat"
De fiere vois.
Einsi m'a fait, ce m'est avis,
Fortune que ci vous devis.
Car je soloie estre assevis
De toute joie,
Or m'a d'un seul tour si bas mis
Qu'en grief plour est mué mon ris,
Et que tous li biens est remis
Qu'avoir soloie.
Car la bele ou mes cuers s'ottroie,
Que tant aim que plus ne porroie,
Maintenant vëoir n'oseroie
En mi le vis.
Et se desir tant que la voie
Que mes dolens cuers s'en desvoie,
Pour ce ne say que faire doie,
Tant sui despris.
Guillaume de Machaut
Dal 1323 de Machaut fu al servizio di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, che accompagnò nei suoi viaggi e nelle campagne militari.Nel 1337 venne nominato canonico della cattedrale di Reims, stabilendosi in quella, dove si dedicò alla poesia e alla musica pur continuando a partecipare alla vita di corte e agli eventi mondani.Con la morte di re Giovanni, avvenuta nel 1346, divenne segretario della figlia Bona, moglie del futuro re di Francia Giovanni II; alla morte di lei (1349) passò al servizio di Carlo II di Navarra.Nel 1359 lo si trova tra i difensori di Reims assediata da Edoardo III; l'anno successivo accompagnò a Saint Omer Giovanni di Berry, figlio di Giovanni II.
Del 1362 è il suo amore per la giovanissima Péronne d’Armentières; la relazione gli ispirò una sorta di romanzo epistolare inframmezzato da sette composizioni liriche, Le voir dit (Il vero detto, 1365).
A una crociata voluta da Pietro I di Cipro (del casato dei Lusignano) si ispira invece la cronaca in versi La prise d’Alexandrie (1370).Negli ultimi anni della sua vita, Machaut si dette a riordinare per la pubblicazione i suoi componimenti musicali e letterari (oltre una quindicina di opere, fra cui occorre ancora citare il Remède de fortune, La louange des dames e i Complaintes).
La sua musica è la più alta espressione dell'ars nova francese anche detta ars subtilior.
Le sue composizioni, che adottano le forme tipiche di quel periodo, sono raccolte (spesso insieme ai componimenti poetici) in edizioni manoscritte particolarmente curate, a testimonianza della considerazione nella quale era tenuto dai suoi contemporanei. Si tratta di ventitré mottetti sacri e profani (più un altro dubbio), quarantadue ballades, venti rondeau, trentatré virelais (chiamati anche chansons balladées o baladées), diciannove lais e sette composizioni similari contenute nel Remède de fortune, nonché due composizioni liturgiche: la Messe de Notre-Dame, a quattro voci (composta nel 1364) e un hoquetus, David.
Nella scrittura a due, a tre o a quattro voci, la linea melodica appare sempre molto originale, formata in genere da una serie di piccoli gruppi di note dall’andamento quasi angoloso, squisitamente gotico. Sottoposti di continuo a variazioni attraverso una ritmica sottile, raffinata, gli elementi che la compongono danno luogo, nella sovrapposizione delle parti, a strutture musicali estremamente complesse, paragonabili, talvolta, a quelle della moderna musica dodecafonica e seriale.
Al di là degli aspetti tecnici, dalle composizioni di Machaut promana un grande fascino poetico. Non il calore, il sensuale abbandono avvertibili nella musica dell'ars nova italiana, ma una più discreta intimità sentimentale, fatta di mezze tinte, di sfumature, di misura: caratteri che appaiono congeniali, fin da questo momento, alla musica francese.
La forma fondamentale dell'ars nova francese, il mottetto, o meglio il particolare tipo di mottetto chiamato dai musicologi "isoritmico", viene sfruttata a fondo da Machaut, che ne estende il principio costruttivo alle altre forme polifoniche profane.
Sul modello del mottetto isoritmico sono composte quasi tutte le parti della Messe de Notre-Dame, la sola composta da Machaut. Scritta probabilmente, per l'incoronazione di Carlo V il Saggio, essa è, in ordine di tempo, la prima messa polifonica dovuta interamente a un unico autore. Essenzialmente basata sul principio della simmetria, dell’armonia del numero, la Messe de Notre-Dame si eleva come un ampio edificio sonoro, omogeneo in ogni sua parte, la cui grandezza riposa, anziché sulla magniloquenza corale, sulla levatura spirituale dell’intelligenza creatrice.
Alcune sue composizioni sono contenute nel Codice di Chantilly.
A Machaut viene spesso erroneamente attribuita una composizione dal titolo Chanson Balladée (1977), in realtà scritta da Antonino Riccardo Luciani per la sigla della trasmissione RAI Almanacco del giorno dopo.