Bruttissimo libro quello scritto da Alberto Mario Banti per far sentire le sue ragioni nell’ambito dialettico sul Risorgimento italiano. In “Nel nome dell’Italia” lo storico ha marciato controcorrente riguardo le motivazioni per cui oggi dovremmo stare a disquisire sulla validità dei valori che ci tengono uniti. Mi sorprende che una casa editrice così seria e attenta a tutte le sfumature come la Laterza di Bari abbia avvallato questo progetto terminato in oltre 400 pagine quantomeno discutibili. Il saggio di Banti parte da un assunto del tutto fuorviante, ovvero che le gesta del Risorgimento sono così ormai tanto lontane nel tempo che è assurdo stare oggi a disquisire sulla validità o meno delle stesse. Come se noi oggi non siamo fatti della storia che ci precede. A dimostrazione di una tesi così superficiale lo storico cita interi passi di discorsi o scritti dei nostri patrioti documentando così l’insensatezza del dibatto in corso in questi mesi. Certo molte delle cose dette 150 anni fa non sono paragonabili all’oggi tantomeno servono per una migliore convivenza civile, ma è fondamentale per noi sapere di quel vissuto, di quella storia per capire chi siamo oggi e come possiamo ancora sentirci nazione. Per Banti è sufficiente sapere che nel corso dell’ultimo secolo non ci sono stati mutamenti geopolitici se non accompagnati da gravi violenze e quindi lui è sicuro che nel nostro Paese non può esserci nessuna ipotesi secessionista. Inoltre più che ai valori risorgimentali, Banti guarda con attenzione ai valori fondamentali della nostra Costituzione e qui secondo me cade nella più grave ed esilarante delle contraddizioni. Infatti se pensiamo all’oggi, notiamo come la nostra Carta Costituzionale è in grave pericolo, messa alla berlina ogni giorno dagli uomini che ci governano. Se poi diamo un’occhiata a chi sono questi uomini, da che parte provengono e cosa chiedono di cambiare della nostra Costituzione, allora ci si rende conto che l’unità del nostro Paese così come la conosciamo da 150 anni è gravemente compromessa. Ritengo che siano proprio uomini, intellettuali, filosofi, storici come Banti a “coprire” con le proprie elucubrazioni il processo di disintegrazione delle fondamenta dello Stato Unitario e della Repubblica da tempo avviato nel nostro Paese.
Bruttissimo libro quello scritto da Alberto Mario Banti per far sentire le sue ragioni nell’ambito dialettico sul Risorgimento italiano. In “Nel nome dell’Italia” lo storico ha marciato controcorrente riguardo le motivazioni per cui oggi dovremmo stare a disquisire sulla validità dei valori che ci tengono uniti. Mi sorprende che una casa editrice così seria e attenta a tutte le sfumature come la Laterza di Bari abbia avvallato questo progetto terminato in oltre 400 pagine quantomeno discutibili. Il saggio di Banti parte da un assunto del tutto fuorviante, ovvero che le gesta del Risorgimento sono così ormai tanto lontane nel tempo che è assurdo stare oggi a disquisire sulla validità o meno delle stesse. Come se noi oggi non siamo fatti della storia che ci precede. A dimostrazione di una tesi così superficiale lo storico cita interi passi di discorsi o scritti dei nostri patrioti documentando così l’insensatezza del dibatto in corso in questi mesi. Certo molte delle cose dette 150 anni fa non sono paragonabili all’oggi tantomeno servono per una migliore convivenza civile, ma è fondamentale per noi sapere di quel vissuto, di quella storia per capire chi siamo oggi e come possiamo ancora sentirci nazione. Per Banti è sufficiente sapere che nel corso dell’ultimo secolo non ci sono stati mutamenti geopolitici se non accompagnati da gravi violenze e quindi lui è sicuro che nel nostro Paese non può esserci nessuna ipotesi secessionista. Inoltre più che ai valori risorgimentali, Banti guarda con attenzione ai valori fondamentali della nostra Costituzione e qui secondo me cade nella più grave ed esilarante delle contraddizioni. Infatti se pensiamo all’oggi, notiamo come la nostra Carta Costituzionale è in grave pericolo, messa alla berlina ogni giorno dagli uomini che ci governano. Se poi diamo un’occhiata a chi sono questi uomini, da che parte provengono e cosa chiedono di cambiare della nostra Costituzione, allora ci si rende conto che l’unità del nostro Paese così come la conosciamo da 150 anni è gravemente compromessa. Ritengo che siano proprio uomini, intellettuali, filosofi, storici come Banti a “coprire” con le proprie elucubrazioni il processo di disintegrazione delle fondamenta dello Stato Unitario e della Repubblica da tempo avviato nel nostro Paese.
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