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“IL RISVEGLIO DEL DRAGO” di G. Duchini

Creato il 04 febbraio 2013 da Conflittiestrategie

 

Nell’ultimo libro di Edward Luttwak “Il risveglio del Drago” (Edit.Rizzoli,2012), l’autore prende in esame la Cina come paese in pieno risveglio, sia economico che politico, almeno dalla morte di Mao Zedong (1976), con evidente forte sviluppo economico, con crescita superiore al 9% negli ultimi anni, superiore al doppio di quella degli Usa ed il triplo dell’Europa (per non parlare delle recessioni in atto nella Ue almeno fin dal 2007).

Il libro si sviluppa su questa asserzione principale: “..la crescita economica e militare continua al di là dei livelli accettabili con serenità dalle altre potenze, ha cioè superato il limite oltre il quale il successo cinese può restare incontrastato. Le reazioni avverse sono dunque inevitabili..”

C’è in questa confutazione una decisa avversione nei confronti della crescita della Cina decisamente insopportabile per la potenza dominante Usa ed, al tempo stesso, un auspicabile progresso che possa conciliare la propria espansione militare ed economica entro parametri accettabili, per non mettere in crisi il dominio americano.

Esistono “tre politiche” degli Usa nei confronti della Cina alla quali se ne può aggiungere una quarta di stampo geopolitico.

La prima politica riguarda quella di “custode della finanza pubblica e di difensore istituzionale della finanza privata” o almeno delle principali imprese che operano a livello internazionale a Wall Street. Questa politica riguarda i benefici dei capitali a basso costo messi a disposizione dai risparmiatori cinesi e sui vantaggi che i consumatori e imprese americane traggono dall’avere libero accesso a manufatti e materie prime importati dalla Cina.

Tale capitale generato all’origine dell’enorme surplus di risparmio della Cina viene usato dalle autorità cinesi per acquistare Buoni del Tesoro americano, titoli di credito a breve termine e denaro contante nonché altri strumenti finanziari, con l’obiettivo di aumentare il valore del dollaro sullo yuan, contribuendo così a perpetuare i surplus della bilancia commerciale.

La seconda politica “cinese” riguarda: “Il dipartimento di Stato fronteggia la Cina”. Tale politica è oggi promossa da Hillary Clinton che viene riassunta in tale modo: si apprezza la collaborazione con la Cina quando c’è, anche se più spesso risulta un avversario degli Usa sia in contesti multilaterali, quali il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sia bilaterali nei rapporti con gli stessi Usa, compresi gli “Stati canaglia”.

A differenza del dipartimento del Tesoro americano (le cui politiche si basano essenzialmente sul fatto che la Cina è un partner commerciale) il dipartimento di Stato accetta la costante realtà: “ la Cina collabora con gli Stati Uniti solo quando i suoi interessi richiedono la cooperazione, ma di solito li osteggia ogni qual volta i suoi interessi lo permettono”.

Di conseguenza, il dipartimento di Stato ha reagito in modo veemente alle pressioni espansionistiche cinesi nei confronti del Vietnam, Brunei, Malesia, Filippine, per le isole Paracel e Spratlly; di Laos, Thailandia e Cambogia, per la parte alta del corso del Mekong; e del Giappone per le rivendicazioni sulle isole Senkaku e i mari circostanti.

Gli Usa circondano attraverso il mare la Cina (dal Giappone all’India, alle Filippine, dall’Indonesia al Vietnam ) che si sente accerchiata e tagliata fuori dalle importazioni di petrolio gas ed altre materie prime; dimenticando la scarsa influenza che tale accerchiamento comporta quando i vicini della terraferma come la Federazione Russa, Mongolia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, possono supplire ampiamente alla bisogna. Inoltre le vie di rifornimento attraverso il Turkmenistan potrebbero fornire alla Cina l’accesso all’Iran e così all’intero Golfo Persico.

La terza politica degli Usa nei confronti della Cina riguarda il dipartimento della Difesa. Per le forze armate americane (aviazione e marina) la Cina è il “potenziale nemico principale”. Mentre la “guerra al terrorismo” tramonta (per la loro impotenza) “il potenziamento militare della Cina è il fenomeno di gran lunga più importante e con il maggior numero di ipotetiche conseguenze”.

In aggiunta al ruolo attivo delle minacce cinesi “a bassa intensità”, contro i possedimenti marittimi dei Paesi alleati, le forze Usa hanno dovuto contenere le minacce ad “alta intensità” circa la probabile invasione di Taiwan. Da lungo tempo i leader del PCC danno per scontato tale invasione con le conseguenze estreme di un escalation nucleare da parte americana ed il blocco immediato del commercio con gli Usa il Giappone, nonchè l’embargo totale delle importazioni di materie prime incluso il petrolio.

Circa la crescita della Cina l’assunto di Luttwak è il seguente:

  • l’economia cinese continuerà a svilupparsi ad un tasso dell’8 per cento annuo, ma pur sempre il doppio di quella Usa;

  • l’economia cinese potrebbe rallentare per l’enorme debito dei governi locali, pari al 40 o 50 per cento del Pil. La spesa pubblica non può continuare semplicemente ad aumentare, ed una volta ridotta deprimerà il settore dell’edilizia e delle infrastrutture riducendo il complesso della crescita. Un altro ostacolo potrebbe essere una accelerata inflazione che costringerebbe la Banca Centrale a limitare i Prestiti provocando una riduzione della domanda interna e quindi della crescita;

  • fino a quando la crescita della Cina continua a derivare in modo sproporzionato dalle esportazioni, per via dei tassi molto elevati di risparmio che riducono la domanda interna dei consumatori, tale sproporzione subirà un rallentamento, causa principale la diminuzione dell’export;

  • l’estremo inquinamento delle città cinesi;

  • le crescenti tensioni sociali generate dalle diseguaglianze di reddito e di ricchezza;

  • ………

Le conclusioni che fa Luttwak non possono che ritornare alla premessa fondamentale da cui era partito e cioè che i parametri dello sviluppo militare della Cina devono essere contenuti e non in parallelo a quelli militari. Quando la Cina (o un paese i forte crescita) persegue il suo potenziamento militare spostando gli equilibri dei poteri internazionali, provoca un riallineamento generale delle forze contro di esso: “ chi prima era neutrale diventa un nemico e i nemici vecchi e nuovi si coalizzano in alleanze formali o informali contro la potenza cresciuta troppo in fretta…..La minaccia crescente proviene da una Cina autoritaria e sempre più determinata, resa potente da un’ascesa economica molto rapida. La logica della strategia suscita reazioni contrarie che in maggioranza sono diplomatiche ma che potrebbero ancora essere militari perfino nella nostra era nucleare, sebbene non si possano più raggiungere gli scopi voluti con una guerra reale ..Pertanto, se il divario economico tra la Cina e la coalizione anticinese un giorno dovesse raggiungere proporzioni tali da non permettere più il mantenimento di un equilibrio militare tollerabile, la reazione dovrebbe per forza assumere forme economiche, perfino se fosse totalmente strategica nei contenuti.”

GIANNI DUCHINI, febbraio ’13


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