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Il rito.

Creato il 03 novembre 2014 da Michele Orefice @morefice73

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Ho cominciato un mesetto fa e ora lo faccio tutte le mattine. Tutte le mattine, prima di andare a lavorare. Per fortuna è cambiato l’orario e alle 7:30 ora c’è luce. Esco , attraverso la strada è imbocco il portone del cimitero. A quell’ora non trovo mai nessuno, solo un paio di volte ho incrociato una signora. Ci siamo salutati, quasi con orgoglio, un orgoglio per dire che anche l’ora era strana eravamo lì per i nostri cari. Attraverso quindi un prato costeggiato da alberi altissimi. Alberi che sono lì da sempre. Poi imbocco un vialetto tra varie tombe, tutte per terra, come va qui. In lontananza si vedono le luci fievoli della città , poco più sotto , che si sveglia. Infine entro tra un rettangolo fatto di alberi. Un rettangolo che delimita quello che è un cimitero seperato dal resto. Un parco dentro al parco per delimitare, per sottolineare, per innalzare. Si , in quel recinto naturale fatto di alberi e cespugli ci sono solo bambini. Bambini che sono andati in cielo. Alcuni sarebbero più vecchi di me, altri avrebbero qualche anno. Arrivo di fronte a Virginia, la mia bimba, la Sua bimba, il nostro angelo in cielo. Leggo il suo nome sulla croce. Una croce di legno, piccola e semplice che già dopo qualche anno denota il passare del tempo. Questo rito a che serve? Lei è là felice, che ammira la luce di Dio , che serve venire qui, rileggere le date in cui è nata e in cui ha raggiunto il Padre? Essere lì mi fa guardare dentro, mi obbliga a fermarmi a pensare sulla mia vita. A chiedermi perché sono li. Andare al cimitero non serve per chi c’era. Loro sono nella vita eterna, per loro non è più un problema se Renzi c’è la farà a riparare l’Italia o se domani piove. Loro sono a posto, hanno passato l’esame. Venire li serve a me al mio egoismo, a curare il mio egoismo e farmi sentire umile, a farmi sentire uno qualsiasi e un passo dietro l’altro migliorare il mio cammino nel mondo.


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