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il ritorno alle tribù degli islamisti: Maurizio Molinari: ” Denaro, forza e sangue. Torna la legge delle tribù “, agosto 2014

Creato il 16 agosto 2014 da Paolo Ferrario @PFerrario

LA STAMPA - Maurizio Molinari: ” Denaro, forza e sangue. Torna la legge delle tribù “

Sono le tribù sunnite le protagoniste di quanto sta avvenendo nel Nord Iraq, riguadagnando in Medio Oriente il ruolo strategico che ebbero al tramonto dell’Impero Ottomano.

«Le tribù per definizione sono fedeli solo ai loro interessi» osserva Jonathan Schanzer, ex analista d’intelligence del ministero del Tesoro Usa, invitando a riflettere su quanto avvenuto nel Nord dell’Iraq dal 2003. Fino ad allora a garantirgli entrate e privilegi era stato Saddam Hussein, quando venne rovesciato vissero nell’incertezza fino all’arrivo di Al Qaeda che con una miscela di corruzione e terrore le convinse a cooperare, assumendo il controllo dell’Anbar fino a farne una roccaforte della Jihad anti-americana ma nel 2007 il generale americano David Petraeus, forte di 20 mila marines e fondi ingenti, siglò accordi locali che diedero vita al Consiglio del Risveglio Sunnita: costruì strade, scavò pozzi, pagò stipendi agli uomini armati e le tribù cambiarono orientamento, consentendo al Pentagono di sconfiggere i jihadisti.

Con il ritiro delle forze Usa, al termine del 2011, i clan tribali dell’Anbar si sono ritrovati senza alleati e protettori, con in più l’aggravante di avere a Baghdad il governo guidato dallo sciita Nouri al Maliki percepito come ostile. È in questo vuoto di potere che si è inserito Abu Bakr al-Baghdadi, l’ex leader di Al Qaeda in Iraq che nel 2013 fonda lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) puntando a insediarsi proprio fra i clan del Nord.

La caduta di Mosul, in giugno, avviene a seguito dell’alleanza di interessi fra al Baghdadi e personaggi come Ali Hatim Al-Suleiman, Emiro della tribù dei Dulaim che in Iraq conta oltre 3 milioni di membri. «Isis non aveva uomini e mezzi a sufficienza per catturare Mosul – ricorda Al-Suleiman su “Al Sharq Al Awsat” – è stata la rivolta delle tribù a farla cadere, se ciò è avvenuto è perché il governo di Baghdad ci ha spinto a odiarlo al punto da allearci coi terroristi». Se Petraeus conquistò la fedeltà delle tribù sunnite creando infrastrutture locali e versando fiumi di dollari, al Baghdadi è riuscito nello stesso intento cavalcando l’ostilità anti-sciita e ricorrendo alla violenza più brutale – decapitazioni, crocefissioni e fosse comuni – per garantirsi il controllo del territorio del Califfato.

«Denaro, forza e sangue è in linguaggio delle tribù» aggiunge Joshua Landis, arabista dell’Università dell’Oklahoma. D’altra parte l’ufficiale britannico Thomas Edward Lawrence nel 1916-1918 fece valere proprio la proiezione del potere dell’Impero di Sua Maestà per convincere le tribù della rivolta araba, dal Sinai all’Arabia, a sollevarsi contro l’Impero Ottomano. Ed a ben vedere anche all’origine dei legami fra Usa e sauditi ci sono le tribù: Franklin D. Roosevelt era da poco alla Casa Bianca quando, nel 1933, la californiana Standard Oil siglò l’intesa per lo sfruttamento dei giacimenti di greggio a meno di un anno dalla nascita del regno wahabita, allorché Riad era soprattutto la capitale degli Ibn Saud. «Più si indeboliscono gli Stati, più in Medio Oriente si rafforzano tribù, clan e famiglie – sottolinea Schanzer – che possono essere parte della soluzione o del problema, seguendo interessi particolari». Le indiscrezioni su tensioni fra tribù e Isis confermano che la situazione è in bilico perché al Baghdadi offre solo due opzioni: soccombere o sottomettersi. Ma se a imporsi è la dinamica delle tribù, come è possibile sconfiggere il Califfo? «Bisogna essere lì sul terreno» risponde Schanzer, ricordando che è questa caratteristica ad accomunare i successi, in tutte le epoche: da Lawrence d’Arabia, agli emissari della Standard Oil Company, a David Petraeus

da .Informazione Corretta.


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