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ovvero delle FONDAZIONI nel Bel Paese
Il centralismo regio che verso la fine del Medioevo andava affermandosi in alcuni stati europei urtava certamente contro gli interessi dei nobili proprietari dei feudi. I quali per diverso tempo cercarono, con alterne vicende, di contrastarlo per mantenere il loro potere.
Ora una specie di feudalesimo pare stia riemergendo ai giorni nostri (corsi e ricorsi storici di vichiana memoria?) con la diffusione a macchia d’olio delle cosiddette “Fondazioni”, con le quali grandi e piccoli potenti di turno sembra che si stiano riprendendo la rivincita di fronte allo Stato con l’affermazione pubblica del loro potere personale, soprattutto finanziario, oltre che con la prepotenza dimostrata dall’alto delle cariche pubbliche (politiche e non) che ricoprono.
Tali Fondazioni infatti vengono gestite personalmente da questi personaggi senza un sufficiente controllo da parte di uno Stato spesso permissivo e condiscendente, che pure li esonera dal pagamento delle tasse, benché maneggino somme rilevanti di denaro. In tal modo politici, ex politici, banchieri, industriali ed altre persone facoltose, ma talora anche faccendieri e personaggi di terzo o quarto livello creano diverse Fondazioni, con lo scopo dichiarato di funzioni “umanitarie” e “culturali”, in realtà per soddisfare ambizioni di potere personale, sia di immagine che economico-finanziario, che permette loro di gestire al di fuori di occhi indiscreti patrimoni finanziari anche ragguardevoli, ed anche con benefici fiscali.
Non sarebbe il caso di rivedere le leggi costitutive di tali Fondazioni, e limitarne la incontrollata proliferazione ? E non sarebbe anche il caso di vietare assurde e inutili “triangolazioni”, invitando tutti questi “filantropi” a devolvere direttamente agli Enti pubblici o privati che intendono beneficiare le risorse finanziarie e/o patrimoniali che vogliono donare ? In tal modo si ristabilirebbe un giusto rapporto tra Stato e Privati, evitando che questi ultimi assurgano a posizioni di potere eccessive costituendo “feudi” personali spesso in contrasto e in concorrenza con l’ordinamento democratico dello Stato stesso. Ciò potrebbe anche contribuire al ridimensionamento di quel “culto della personalità” che le vicende più o meno recenti hanno dimostrato quanto abbia nuociuto alla democrazia e all’economia del nostro Paese.
Varese, 11 luglio 2013 Giovanni Dotti e Martino Pirone