Il ritorno del Re

Creato il 20 aprile 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom

Il bis, di norma, viene chiesto dopo un'esibizione eccezionale, dopo l'esecuzione di una prestazione strabiliante su cui nessuno può avere oggettivamente da ridire. Succede così nei concerti, negli spettacoli, nelle grandi tournée. Analogamente lo stesso dovrebbe avvenire all'interno del palcoscenico politico. Ora, dall’Ilva di Taranto alla trattativa Stato-Mafia, dalla (perduta) scommessa Monti alla grazia a Sallusti, dal caso Abu Omar al Comitato dei Saggi, l’unica costante nel settennato appena trascorso è la discutibilità dei risultati. Va bene, abbiamo salvaguardato i posti di lavoro in Puglia a scapito della salute delle famiglie tarantine, abbiamo tutelato la riservatezza delle conversazioni private di Re Giorgio con buona pace della verità, abbiamo arrangiato un governo tecnico alla bell'e meglio, abbiamo salvato dalle patrie galere un diffamatore, abbiamo mantenuto rapporti decenti con gli Stati Uniti sacrificando il dettato costituzionale, va bene tutto, ma qual è il prezzo politico di queste decisioni? Col dovuto rispetto per la figura di  Napolitano, chi scrive ritiene il suo profilo istituzionale ben al di sotto delle aspettative e delle sfide poste innanzi al paese. E la cosa curiosa è che fino a qualche giorno fa anche il diretto interessato la pensava allo stesso modo.

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Il mese scorso, ad esempio, durante una visita in Germania, il Presidente aveva evidenziato l'importanza «della carta d'identità». «Non credo che sarebbe onesto dire “state tranquilli io posso fare il Capo dello Stato fino a 95 anni”». Del resto, rivolgendosi a quanti ipotizzavano le dimissioni in corso d'opera, citando (a sproposito)  il recente esempio ratzingeriano, ricordava come la Costituzione «per il Colle non prevede un mandato a termine».  Già.A febbraio, d'altra parte, il Presidente era stato costretto ad indugiare sull'argomento, vista l'insistenza usata dal gruppo Espresso e dal Corriere. Lo aveva fatto, in quell'occasione, con una nota ufficiale: «Il presidente ha da tempo pubblicamente indicato le ragioni istituzionali e personali per cui non ritiene sia ipotizzabile una riproposizione del suo nome per la presidenza della Repubblica». Ringraziando gli estimatori, pertanto, riteneva utile rammentare come «al Parlamento in seduta comune con i rappresentanti delle Regioni spetterà eleggere un nuovo presidente». Dal canto suo, l’attuale inquilino del Colle non poteva che «confermare le posizioni già espresse».A marzo, di fronte agli studenti della scuola media Virgilio di Roma, confessava una profonda stanchezza: «Effettivamente c'è e poi non si deve mai ritenere di essere insostituibili». Il paese ha tante energie e figure di spicco adatte a compiti così importanti, precisava, proprio per questo «è necessario passare la mano, è necessario che si facciano avanti altri per la carica di presidente della Repubblica». Insomma,  «dopo il maggio del 2013 sarò un privato cittadino». Nello stesso mese, il portavoce del Colle, Pasquale Cascella, si spazientiva in sala stampa: «Una regola di rispetto della persona e dell’istituzione consiglierebbe di considerare la questione chiusa. Il presidente Napolitano ha già risposto, in occasioni pubbliche e con note ufficiali, nel modo più limpido e netto». I nervi, si sa, giocano cattivi scherzi.Potrei continuare ancora, con infinite citazioni, ma preferisco fermarmi qui. Al lettore non sfugga il sottile passo indietro: sette anni fa la coalizione di centro-sinistra non riusciva a vincere le elezioni, ottenendo appena ventiquattromila preferenze in più rispetto all’esercito berlusconiano. In quell'occasione, il Pd prodiano ruppe col Cavaliere occupando tutte le istituzioni di garanzia ed eleggendo Napolitano al Colle. Nel 2013, nulla è cambiato. Il Pd ha perso di nuovo, ha preteso Camera, Senato e Quirinale e sta confermando al suo posto Re Giorgio I, eletto per volontà di Dio e per amore della nazione. Non a caso la Cei ha chiosato «Il Signore gli dia veramente salute». Un auspicio di lunga vita.

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