Ci risiamo. Nella giornata di oggi, dopo alcuni mesi nel quali la situazione del mercato finanaziario internazionale sembrava essersi leggerrmente stabilizzata, si è rivisto il panico che ha caratterizzato le fasi più acute della crisi economica. Niente di nuovo, dunque: listini in forte perdita, banche colpite da vendite a raffica e sfiducia nella capacità del mercato di riprendersi, anche a lungo termine. Ma c’è di più. Per la prima volta, infatti, si osservano reazioni simili a quella che caraterrizarono il crack del ’29: se un paragone diretto tra le due situazioni sarebbe tanto artificioso quanto fuorviante, fa sinceramente impressione sapere che, nella giornata di ieri, sia in Spagna che in Grecia si è osservato un massiccio prelievo di contante dalle banche, per paura di una possibilie insolvenza da parte di quest’ultime.
Nel paese ellenico il panico è scoppiato dopo la notizia, resa nota dallo Spiegel, che la BCE avrebe sospeso i crediti a “numerose banche”, ritenute sprovviste delle garanzie necessarie all’erogazione di fondi di emergenza. Sembra che tra lunedì e martedì i correntisti greci abbiano ritirato oltre 700 milioni di euro in contanti, e a questo punto la possibilità di una soluzione sostenibile sembra farsi sempre più difficile. La Grecia si trova inoltre in un momento di grande incertezza politica, coi sondaggi che vedono la coalizione di sinistra Syriza in vantaggio alle elezioni del prossimo 17 Giugno, ma che al tempo stesso non credono che possa disporre di un numero di deputati sufficiente per governare: si dovrebbe dunque cercare una difficile mediazione con Sinistra Democratica e i comunisti del KKE, entrambi contrari al piano voluto dall’Unione Europea, oppure con il Pasok, che tuttavia punta ad una grossa coalizione pro-UE con Nea Dimokratia, il partito di centro destra.
In Spagna invece è avvenuto un vero e proprio assalto, da parte dei correntisti, agli sportelli di Bankia, istituto in grandissima difficoltà che, dopo aver perso il 60% del suo valore in meno di 10 mesi, è stato nazionalizzato dal governo la settimana scorsa. Negli ultimi giorni, secondo quanto scrive il quotidiano El Mundo, è stato prelevato oltre un miliardo di euro dalle sue casse, per paura di insolvenza. Se questa situazione si dovesse protratte per altri giorni, il rischio del fallimento dell’istituto sarebbe inevitabile.
Questi casi eclatanti, insieme alla notizia che la richiesta di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti non è calata contrariamente alle attese, hanno contribuito ad aumentare il nervosismo sui mercati finanziari, che hanno registrato forti perdite. Inoltre, è notizia di oggi che lo spread tra Bund e titoli di Stato italiani e spagnoli sia in forte aumento. Tuttavia, come ho spegato in un post precedente, questo dato va accolto con grande cautela. Trattandosi di una differenza composta da due fattori, è necessario notare come ad un lieve aumento di un tasso di interesse per i titoli di di Italia e Spagna sia corrisposto un forte ribasso di quelli tedeschi, ai minimi storici. Questo dato, più che indicare un indebolimento dell’economia di questi due paesi, conferma la fiducia, a mio parere ingiustificata, che gli investitori ripongono nella tenuta del sistema economico tedesco.
In ogni caso, il messaggio è chiaro: non solo la crisi non è assolutamente finita, ma il rigore invocato ed imposto finora dalla troika non ha portato i benefici che si auspicavano, confermando come la sopravvivenza del sistema sia connesso indissolubilmente alla crescita costante dell’economia reale. Le prossime settimane, con l’elezione in Grecia e il chiarimento dei nuovi rapporti Germania-Francia, ci forniranno elementi preziosi per capire i futuri scenari che si presenteranno in Europa: l’importante è osservare questo sviluppo cercando di non lasciare che il panico si diffonda. Si tratta infatti del vero nemico mortale del sistema capitalistico contemporaneo, che da sempre si è basato sulla convinzione, forse azzardata, di essere l’unica forma di sviluppo possibile.
Riccardo Motti