La figura del Samurai, guerriero dell’età feudale giapponese, ha da sempre riscosso molto interesse ed è stata conosciuta dai più tramite le opere letterarie e la cinematografiche. E così pure l’Hagakure, “nascosto dalle foglie” l’opera che trasmette l’antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi.
Nessuno, però ha mai parlato del ronin, uno dei precursori del moderno mercenario. Il ronin era un guerriero che aveva rinnegato un clan feudale ed era libero da ogni vincolo di appartenenza. Egli prestava servizio al Daimyo (feudatario) che gli offriva il miglior ingaggio. Anche il miglior samurai non sottovalutava la sua abilità nel combattimento, perché il ronin contava solo su se stesso, senza seguire un codice. Questo lo rendeva imprevedibile nel combattimento, nel quale metteva in pratica tutta la sua esperienza maturata nelle sfide all’arma bianca all’ordine del giorno nella sua vita errabonda.
Nishida Kazuo, storico contemporaneo giapponese, in una sua opera, riporta la storia di un famoso guerriero, Sanada Yukimura. Questo spadaccino, alla testa di un gruppo di ronin, sfuggì all’accerchiamento del castello di Osaka aprendosi un varco fra le truppe del generale Ieyasu Tokugawa. I ronin, brandendo con destrezza katane (spada) e yari (lancia), arrivarono fino al Quartier Generale di Ieyasu, lasciando sbigottiti tutti i generali, compreso lo stesso Ieyasu.
Il più famoso di questi samurai senza padrone, però, fu Myamoto Musashi, autore de “Il libro dei cinque anelli”, la cui vita è, tuttora , materia di studio in Giappone.