Secondo l'ultimo Rapporto di Amnesty International riguardante la libertà d'espressione parrebbe, in effetti, proprio di no.
Infatti è scritto in"Rischioso parlare.Restrizioni alla libertà d'espressione in Rwanda" che i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli oppositori politici dell'attuale Governo rwandese non sono affatto liberi di formulare le proprie critiche senza rischiare un processo o il carcere.
A parere di Amnesty International le leggi vigenti sull'ideologia del genocidio(circa un milione di morti in prevalenza tutsi e hutu moderati a partire dall'aprile'94) e sul settarismo (non c'è più distinzione tra hutu e tutsi sui documenti ma tutti sono semplicemente cittadini rwandesi) hanno delle formulazioni troppo vaghe che permettono al Governo di criminalizzare oppositori politici, attivisti e giornalisti, impedendo loro di esprimere liberamente il proprio dissenso su questioni politiche o socio-economiche del Paese.
Nel Rapporto vengono citati alcuni nomi come quello dell'oppositore Bernard Ntaganda, che è agli arresti dallo scorso 11 febbraio.
Ci sono elencate le giornaliste Agnes Nkusa Uwimana e Saisati Mukabibi, condannate entrambe a lunghe pene detentive.
E poi anche Jean Leonard Rugambage, responsabile del giornale "Umuvuzigi", ucciso mentre stava indagando sul tentato omicidio del generale dissidente Kayumba Nyamwasa, che aveva riparato in Sudafrica.
Pur conoscendo la complessità della gestione politica di un Paese uscito da pochissimo da una tragedia immane, come è stata quella del genocidio del '94, vorremmo ugualmente una risposta in merito all'interrogativo iniziale.
E la vorremmo dagli onesti cittadini rwandesi e dai loro rappresentanti politici.
E questo perché vorremmo solo pace e prosperità per il "Paese dalle mille colline" e la sua gente..dopo tantissima inumana recentissima sofferenza.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

