«Il sacrificio della» «nave» «è» «una farsa»
domenica 5 maggio 2013 di Riccardo Ferrante

Il nuovo governo italiano ha avuto una formazione molto simile alla sopracitata scena cult. Le elezioni sono avvenute, sono stati spesi soldi, il cambiamento, i movimenti, le stelle, le falci, i giovani, i vecchi, la responsabilità, la collaborazione.
Sembrava che ci fosse un “vento” di cambiamento, di certo non “fischiava”, però magari passava sotto la porta e rinfrescava i piedi.
E poi? Ma che succede? Di nuovo Berlusconi con la sua faccia da culo, Bersani che “arranca in salita” (sì, come il Peugeot di Max Pezzali), Grillo alias “The Master”, il magistrato Ingroia e quel buffo Giannino.
La trama si interrompe, qualcosa interferisce nel montaggio del film e… luci accecanti, sudore e frastornamento: vince Rocky e proclama vincitore Letta e PdL.
Sembra che qualcosa sia sfuggito.
Si scuote la testa e si torna a casa ad esprimere la propria opinione su Facebook o Twitter.
A questo punto inizia la fase del «già Qualcuno l’aveva detto…».
Per noi italiani tutto è già stato detto, quindi perché non essere surreali e disfattisti?
Perché dovrei inventare qualcosa di nuovo quando quello che ci serve è già stato scritto e impazza sui social network come memento saggio e consapevole?
Scriverò una stupidissima classifica, una top-three delle citazioni da usare in caso di (italica) emergenza.
Al terzo posto troviamo una frase del celebre Karl Marx, aprite un suo libro a caso e troverete la citazione perfetta per esprimere il vostro disagio (vivamente consigliato ai ribelli, agli antagonisti e a chi non ha mai tempo però ci tiene a far sapere che è critico): «La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa».
Al secondo posto della classifica rimonta Ugo Foscolo e la sua delusione napoleonica, di carattere decisamente più patriottico (sconsigliata agli anarchici o ai libertari in generale): «Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia». Che dire, un evergreen, sempre attuale.
E al primo posto tiene duro Dante con: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!». Un grande classico post-elettorale italiano d.o.p.
Nulla sorprende in Italia perché Qualcuno lo aveva già detto. È l’impersonale immobile ed eterno, Qualcuno ha detto la frase giusta e sarà ripetuta all’infinito.
Siamo in democrazia, sì. E allora dobbiamo stare in silenzio.
Non ci resta altro da aggiungere, il Voto è la nostra parola democratica, una volta usciti dalla cabina elettorale il dialogo diventa un soliloquio. Sembra che la Democrazia e l’Economia siano delle realtà incontestabili, senza possibilità d’appello; se non si può avere il meglio si deve scegliere il male minore. Perché? Perché ce lo chiedono. Chi? Dipende: l’Europa, l’Italia o, ancora meglio, il Buon Senso.
Dunque, quando il dialogo si interrompe, quando l’uomo diventa cittadino, può solo trovare conforto nelle parole del passato, dei grandi pensatori. Nessuno vuole essere solo e Qualcuno è sempre lì per questo, almeno lui non ci potrà mai deludere.
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