E' proprio grazie a quest' ultimo aspetto e alla caratteristica del sale di aumentare la conservabilità delle derrate alimentari che si formò quel cambiamento di gusto emblematico nella storia umana.
Esso divenne ben presto un bene di prima necessità fondamentale nelle economie antiche, estratto o in forma solida nei depositi di salgemma oppure attraverso la cristallizzazione dell'acqua salata; il controllo della sua produzione divenne un fattore essenziale nelle economie delle comunità antiche.
Inizialmente le popolazioni che abitavano le coste europee riuscivano a produrre piccole quantità di sale facendo bollire l'acqua del mare, successivamente si diffusero le grandi saline ad evaporazione solare, l'acqua del mare veniva così raccolta in grandi sistemi vicini ai litorali e dai quali veniva estratto il sale. Sebbene questo tipo di produzione fosse noto nei sistemi delle prime popolazioni italiche, furono i Romani a farne un vero e proprio perno economico strettamente connesso alla vastissima diffusione delle conserve salate di pesce (si pensi al garum, ampiamente noto).
Nel I secolo d. C. Plinio, nel suo Naturalis Historia (XXXI, 88) affermò che non era possibile concepire una civiltà civilizzata senza di esso. E' chiaro come il ragionamento dell'autore si fondi sui sistemi di produttività e di consumi legati ai gusti, tuttavia se analizzassimo questa affermazione alla luce di quanto affermato all'inizio è chiaro che, essendo il sale fortemente connesso all'inizio dell'agricoltura e quindi alla stanzialità umana (e di riflesso allo sviluppo delle prime civiltà), il suo uso è fortemente collegato alla storia culturale umana.
In epoca romana molto nota e importante era la Via Salaria, che permetteva di rifornire Roma dalle saline dell'Adriatico.
Secoli dopo, durante il Medioevo, il sale fu un alimento che denotava il popolo e le sue abitudini alimentari, per molto tempo il "gusto salato" fu associato alla povertà. I cibi conservati che vedevano prolungata la loro conservabilità, entravano a far parte anche della mensa del signore , ma in forme diverse e affiancati a prodotti o attrezzi costosissimi che chiarivano la destinazione di utilizzo; nel ceto povero essi erano invece i pilastri fondamentali dell'alimentazione quotidiana.
(Benvenuto Cellini, Saliera, 1545 circa, Vienna,
Kunsthistorisches Museum)
Molti trattati di dietetica a cominciare da quello di Antimo nel VI secolo d. C., consigliavano vivamente a chi se lo poteva permettere di consumare cibi freschi, specialmente la carne, e sconsigliavano il consumo della carne conservata perché:
" (...) non si mangino se non quando lo richiede la necessità, perché a causa del sale il grasso esce dalle loro carni, che diventano secche e non si digeriscono bene (...)"
Nonostante venisse universalmente utilizzato per cucinare perché il suo utilizzo si sosteneva desse maggior gusto alle vivande, i trattati di cucina destinati dei ceti aristocratici non lo menzionavano mai, tranne in due occasioni: condire l'insalata o raccomandare di usarne con parsimonia; il trattato di Scappi ne è un esempio.
Del resto però la duplice valenza di questo importante prodotto venne già documentata negli scritti di Ugo da San Vittore (Ducato di Sassonia 1096 circa - Parigi, 11 febbraio 1141), teologo, filosofo e alto prelato francese, che lo indica come mezzo prezioso per insaporire i cibi e per la conservazione della carne.
Quest'ultima analisi fa capire come le due destinazioni d'utilizzo del sale l'abbiano reso per moltissimi secoli non solo un elemento importante per l'alimentazione della società (chiaramente in forme e modi diversi, non mi stancherò mai di ribadirlo) ma, di riflesso, per l'economia. Ben lo sapeva Cassiodoro, prefetto e letterato al tempo dei Goti, che scrisse:
"Ben può l'oro essere cercato da taluno, ma non v'ha alcuno che non desideri il sale, al qual devesi ogni cibo più grato"
Nelle logiche economiche e di commercio erano infatti i prodotti conservati che avevano maggiore importanza perché da un lato vi era la loro più lenta deperibilità, dall'altro la mancanza di sistemi efficienti di refrigerazione e trasporto resero questi prodotti quelli più commercializzati perché riuscivano a raggiungere distanze maggiori rispetto a quelli più deperibili o comunque non trattati.
(Willem Claesz Heda, Natura morta con calice dorato, 1635,
Amsterdam, Rijksmuseum)
Erano numerose le cosiddette "vie del sale" che si andarono a formare ed ampliare nel corso dei secoli, vere e proprie arterie attraverso cui il nostro protagonista poteva essere commercializzato raggiungendo così distanze anche molto lontane dalle zone di produzione, anche con altri Paesi europei. Il sale veniva commercializzato infatti in tutta Europa e le vie che collegavano i vari Paesi erano importanti per l'economia di molte zone del Vecchio Continente; in Italia la più importante era quella che collegava la Pianura Padana con il porto di Genova.
E' chiaro che come altri prodotti anche "l'oro bianco" era soggetto a numerose tasse; in particolar modo, tassar un elemento così importante per l'economia si traduceva per i vari regnanti in un aumento considerevole degli introiti, aspetto che non fu tipico solo del Medioevo ma anche delle epoche precedenti e successive. Nel 715 d. C. Liutprando, re dei Longobardi, varò un decreto che imponeva pesanti tasse sia ai produttori che ai consumatori. Ma nel resto d'Europa secoli dopo la situazione non migliorò molto: nel 1286 d. C. Carlo II d'Angiò impose la conosciuta "gabelle", tassa sul sale per finanziare la spedizione di conquista del Regno di Napoli.
Il commercio del sale determinò anche la potenza di alcune città, in ambito italiano Venezia ne è un esempio.
Il suo commercio determinò anche però le sfortune di molti Paesi, nel XVI secolo la Spagna andò in bancarotta dal blocco olandese delle saline iberiche; nel Novecento una delle più famose marce pacifiche di Gandhi fu la "Marcia del sale" fatta per contestare non solo il dominio inglese in India, ma anche le dure leggi economiche che comprendevano anche questo bene prezioso. Il 6 aprile 1930 alla fine di una lunga marcia raccolse un granello di sale per violare simbolicamente una proibizione britannica connessa ad una tassa sul consumo del sale che pesava anche e soprattutto sui ceti più poveri.
L'importanza che ha avuto nelle epoche passate e fino a non molto tempo fa è verificabile in una parola: "salario", che tutti conoscono e che deriva dalla parola latina sàl (sale) con la desinenza -arium che indica "attinenza" e fa riferimento alla consuetudine di pagare i soldati romani con il prezioso prodotto.
Nell'esegesi biblica il sale rappresenta l'intelligenza illuminata dallo Spirito. Simboleggia la sapienza ancora ai nostri giorni e rappresenta gli angeli e i seguaci di Cristo, nel ricordo del discorso della montagna in cui Gesù chiama i suoi discepoli "il sale della terra" (Mt 5, 13). Poiché inoltre rallenta i processi degenerativi è simbolo di protezione contro il male, ecco perché spargendolo è simbolo di malaugurio. Questa ultima credenza è frutto inoltre di commistioni di tipo superstizioso, molto indagate anche dall'antropologia: il sale è da sempre usato nei riti esoterici benigni come elemento per scacciare i demoni o gli spiriti malvagi o, in alcune forme di pratiche magiche, per proteggersi dai malefici. Seguendo questa logica è chiaro che, versandolo accidentalmente si ottenga la funzione contraria, ovvero richiamare il demonio. In molte credenze (presenti anche in Italia) come atto riparatore, è previsto il gesto di buttare una piccola quantità di sale alle spalle perché si pensa che "quando si sparge il sale il diavolo arrivi alle spalle".
Il nostro protagonista è presente anche nella letteratura del Novecento come documento vivo di usanze, tradizioni e pratiche tipiche di determinati strati della popolazione. La salagione dei pesci accennata da Verga né "I Malavoglia" ne è un esempio, ma troviamo citazioni simili anche nelle opere di Silone e, spostandoci ad un colosso della narrativa tedesca come Thomas Mann, come non pensare alle fortune che la società di Lubecca, descritta né "I Buddenbrook", ma anche tutta la lega dell'Ansa ebbe dalla commercializzazione del sale.
Anche l'arte documenta questa importanza sotto due forme fondamentali: le opere a carattere religioso e quelle laiche, troviamo qui di seguito due esempi.
( Tiziano, La cena in Emmaus, 1535 circa, Parigi, Louvre)
(Il Volterrano, La burla del vino part., 1640 circa,
Firenze, Galleria Palatina)
La seconda opera tratta una novella del Sacchetti (Ragusa di Dalmazia, 1332 - San Miniato 1400), poeta e scrittore italiano ricordato soprattutto per la sua opera "Il Trecentonovelle" (raccolta). Il quadro mostra la novella che ha come protagonista il giovane Arlotto; la scena rappresentata nell'opera di cui qui è presente un particolare, mostra i convitati intenti su chi debba andare a prendere il vino. Tale compito spetterà ad Arlotto che, tornando con la brocca piena, constaterà con stupore che i commensali finirono tutto il pollo. In questo caso il sale fa da contorno al clima allegro ed è essenziale per insaporire (e quindi rallegrare) i cibi.
La prima opera narra una scena sacra; la saliera d'argento posta al centro della scena vicino alla figura di Cristo sta a simboleggiare le preziosità della Sua predicazione. Gli altri simboli presenti sono chiari rimandi alla Sua vita ma anche alla predicazione e alla passione.
Storia, miti tradizioni e cultura per un prodotto fondamentale per l'uomo che lo ha accompagnato e lo accompagnerà per molto tempo, ma mi raccomando... moderazione!