Popolo oppresso della bassa Puglia, siete stanchi di essere considerati secondi? Non preoccupatevi, c’è qualcuno che pensa ad aiutarvi.
Tramite un referendum si chiede alla popolazione salentina – tarantini, brindisini e leccesi – di esprimere il proprio parere sulla nascita della Regione Salento.
Un terzo della popolazione delle province di Lecce, Brindisi e Taranto si è espressa favorevole all’istituzione, facendo raggiungere il quorum per l’indizione del referendum costitutivo.
La richiesta istitutiva sarà presentata il prossimo 20 dicembre all’Ufficio centrale per i referendum della Corte di cassazione ai sensi dell’art.132 della Costituzione, secondo il quale “si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”.
Quindi basterà che si pronuncino a favore almeno un terzo dei consigli comunali dei circa 1.800.000 abitanti delle tre province. Il referendum viene attualmente chiesto da 120 su 146 comuni delle tre province.
Il presidente del movimento è Paolo Pagliaro, noto imprenditore salentino di successo nel settore delle telecomunicazioni, editore di TeleRama, praticamente un Berlusconi del Sud. Il Movimento Regione Salento non è presentato per quello che è, cioè un movimento politico; ma viene spacciato come movimento referendario.
A loro dire, non vogliono una separazione in stile leghista, ma l’obiettivo è la ‘caratterizzazione’ di un’area molto vasta unita da grandi fattori storico-antropologici ed economici.
I presidenti delle Province di Taranto, Lecce e Brindisi, hanno scelto la via della collaborazione: si sono incontrati a Lecce e hanno firmato a Palazzo Adorno un programma comune sulle infrastrutture dell’area jonico-salentina, quali un snodo ferroviario a Lecce, un porto crocieristico a Brindisi e un polo aeroportuale a Taranto. Obiettivo? “Garantire l’adeguata attenzione, finora mancata, da parte della Regione Puglia e dello Stato”.
Il movimento, secondo i suoi organizzatori, nasce per mettere un freno al “Baricentrismo”, creando una regione autonoma dalla Puglia. Bari, infatti, capitalizzerebbe la gran parte dei fondi europei e delle risorse pugliesi e sempre della città di Bari sarebbero tutti (o quasi) i dirigenti della Regione Puglia.
Crisi economica e tagli a parte, in realtà nessuno pensa alle effettive necessità della gente, ma certo ci saranno nuove poltrone da occupare per la solita casta, che approfitterà del potere e della fiducia della gente. Sarà un altro nuovo imprenditore che punta in alto, dopo anni di strana fortuna. Non sarà mica un deja-vù?
Vorrei ricordare che nelle precedenti legislature, il presidente della Regione Puglia era un salentino, l’attuale Ministro per le regione Raffaelle Fitto: la sua amministrazione non ha prodotto nulla di buono. Sia il vecchio vicepresidente della Regione Puglia, Sandro Fisullo, sia l’attuale vicepresidente, Loredana Capone, oltre a molti altri consiglieri regionali, sono salentini.
Perché far leva sul campanilismo artefatto? Essere salentino non presuppone una chiusura, anzi, la nostra cultura ci predispone all’apertura mentale, alla condivisione. L’atteggiamento dei sostenitori della Regione Salento, invece, assomiglia più a quello dei tedeschi che volevano caratterizzare la loro razza, fino a farla diventare pura. Conosciamo tutti, però, come è andata a finire.
In un mondo sempre più globalizzato sarebbe come tornare indietro: non possiamo essere secessionisti. Infondo nello spirito salentino c’è una predisposizione ad aprirsi con tutte le altre culture, siamo liberi. Da noi vige la legge dell’unione non della divisione! Noi abbiamo dato sempre l’esempio per la nostra apertura mentale, non per la nostra chiusura. E francamente non credo che la divisione di una regione sia una vittoria per nessuno, tranne per chi la usa come mezzo per ottener potere.
L’idea della Regione Salento fa leva, forse anche involontariamente, su un generico, indefinito e tradizionale sentimento antibarese privo di logica. La nascita di una Regione Salento risulta, poi, al limite dell’assurdo, se si considerano gli sforzi dell’attuale governo nel tagliare la spesa pubblica, nell’accorpare Comuni minori, nel tagliare le Province inutili. Una nuova Regione andrebbe in netta controtendenza rispetto a questo processo nazionale e, ammesso che la discussione arrivi in Parlamento, non è facile immaginare che lì prevarrà il senso di responsabilità. La Regione Salento è, inoltre, un’idea strategicamente sbagliata: non si capisce proprio quale senso possa avere separarsi dalla Puglia proprio nel momento in cui essa acquista centralità politica e diviene uno dei terreni principali di confronto anche a livello nazionale.
Anna Cramarossa