Il salone delle illusioni

Da Paolo Statuti

Di Wiesław Brudziński (1920-1996),  satirico e autore di aforismi polacco ho il piacere di pubblicare nella mia versione il breve racconto “Il salone delle illusioni”, tratto dalla antologia di racconti grotteschi “Duchy na dachu” (Spiriti sul tetto, Varsavia, ISKRY 1974).

A volte solo l’autopsia mostra che qualcuno aveva le ali.

   (Wiesław Brudziński)

Il salone delle illusioni

   Prima della partenza del treno avevo circa tre ore a disposizione, ma per visitare la città era già buio, perciò decisi di andare a teatro. Il più vicino si trovava in un grande edificio, costruito in uno stile monumentale. La cassa sembrava già chiusa, anche se gli spettatori continuavano ad arrivare. Infilai nella mano della maschera una banconota ed entrai nella sala. Proprio in quel momento si spensero le luci e si alzò il sipario; intorno cessò il brusio del pubblico incuriosito. Mi sedetti nel primo posto libero che trovai e rivolsi lo sguardo al palcoscenico.

   Apparve un attore comico sdentato e anzianotto, e molto popolare tra gli spettatori, considerato l’uragano di applausi che lo accolse, e in modo abbastanza divertente cominciò a recitare il monologo di Amleto. Non era una parodia di alto livello, ma la figura dell’attore aveva una forza comica irresistibile. Nella sua interpretazione Amleto tartagliava, pronunciava male le parole, si grattava la testa e aveva un’aria così afflitta, che ben presto scoppiai in una sonora risata.

   Ma subito tacqui spaventato, perché tutte le teste si girarono dalla mia parte. I miei vicini mi guardavano con indignazione e ripugnanza. Solo allora mi resi conto che, malgrado gli applausi iniziali, il pubblico manteneva un silenzio di tomba e che soltanto il mio giudizio sulla recitazione, espresso con quella risata inopportuna, si differenziava in modo eclatante dal giudizio di tutta la platea. Temendo ulteriori spiacevoli reazioni, approfittai volentieri dell’intervallo per lasciare il teatro.

   Tuttavia dovevo aver sbagliato porta, perchè all’improvviso mi ritrovai nell’aula di un tribunale. Stava parlando l’avvocato della difesa, sforzandosi chissà perché di salvare dalla forca un tetro malandrino che sembrava uscito dal Trattato del Lombroso. Da tanto tempo non avevo sentito un’arringa così pietosa. L’avvocato nel suo fervore si contraddiceva e con ogni frase peggiorava la situazione del suo cliente, allontanando del tutto la possibilità di una mite sentenza.

   Per questo restai a bocca aperta dallo stupore, allorché la corte dopo il consiglio emise un verdetto di assoluzione, e la famiglia dell’accusato, contentissima, non la smetteva più di congratularsi con l’inetto difensore.

   Uscendo dalla sala espressi la mia opinione sull’arringa dell’avvocato. Un anziano signore brizzolato mi guardò severamente e mi chiese:

   – Nell’ufficio del personale non le hanno detto niente?

   – Nell’ufficio del personale? – chiesi meravigliato.

   – Forse lei sostituisce qualcuno?

   – Non capisco.

   – Allora come mai si trova qui? – gridò il brizzolato.

   – Per pura combinazione – spiegai cercando di restare calmo. – Sono uscito dal teatro e devo aver sbagliato porta.

   – Ah, lei ha la parte di spettatore!

   – Ma quale parte? Avevo un po’ di tempo prima della partenza del treno, perciò sono andato a teatro. E’ una cosa tanto strana?!

   L’anziano signore si  rasserenò alquanto.

   – Capisco – disse. – Ma come ha fatto a entrare senza la tessera?

   Feci un gesto eloquente con la mano. Il brizzolato annuì mestamente.

   – Già, già… siamo un ente statale e quindi improduttivo, il nostro personale viene pagato poco…

   – Ne avevo abbastanza di tutto quel mistero.

   – Mi può spiegare una buona volta cosa significa tutto questo?!

   L’anziano signore mi sorrise amabilmente.

   – Molto volentieri. Sono il direttore dell’ente statale denominato il SALONE DELLE ILLUSIONI. Il nostro compito è quello di aiutare, dietro modico compenso, i lavoratori a riuscire in qualcosa. Abbiamo alcune centinaia di impiegati che creano un’atmosfera di successo ai nostri clienti. Alcuni lavorano come spettatori di teatro, altri sono giudici, accusati, redattori di riviste, pazienti, lettori, clienti timidi e folla entusiasta, dipende dalle richieste. La nostra clientela è assai differenziata: medici senza pazienti, attori senza parti, ex pezzi grossi che non fanno più paura a nessuno…

   – Allora quell’avvocato era un cliente, e i giudici, l’accusato, il procuratore, e tutto il resto è il vostro personale?

   – Naturalmente. Per questo mi sono innervosito quando lei ha manifestato il suo disprezzo per il discorso dell’avvocato. Il nostro personale ancora non è addestrato a dovere, con esso abbiamo avuto molti problemi. All’inizio fischiavano durante gli spettacoli, spiegando che non potevano applaudire qualcosa che non avevano gradito. E’ stato necessario prolungare l’addestramento, perché imparassero a reagire correttamente. Adesso battono subito le mani, appena qualcosa non piace loro. Devo aggiungere, per giustificarli un po’, che c’è stato un periodo in cui venivano da noi soltanto veri artisti, poiché i mediocri avevano successo nella vita. Capitano anche clienti molto presuntuosi, perché ritengono di avere nella vita un successo troppo grande e si prendono da noi una porzione di fischi, per non diventare insensibili al gusto del successo.

   – Un momento, ma allora perché quel parodista che ho visto prima è stato accolto così freddamente? Non ho visto neanche un sorriso.

   – Giusto. Perché non era affatto un parodista, ma un attore tragico.

   Riflettei un istante.

   – Mi scusi ma io nel vostro ente non potrei essere ad esempio per un paio d’ore amante cinematografico o campione del mondo di pugilato? Dovrebbe essere molto interessante…

   – Mi sembra che lei non abbia capito il senso della nostra istituzione. Siamo un’azienda con una ben precisa funzione sociale, non un lunapark. Ogni persona per non abbattersi deve avere di tanto in tanto nella vita un qualche successo nella sua professione. Noi gli offriamo questo successo a prezzi fissi. Poi per un certo tempo può di nuovo sopportare l’insuccesso. Tutto qui.

   Ringraziai il mio informatore per l’interessante chiarimento.

   – Un’ultima domanda…Non succede mai che vengano da voi a volte noti scrittori o attori famosi?

   – No. Per lo più loro hanno i propri saloni delle illusioni.

(C) by Paolo Statuti

   



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