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Il sapore dei ricordi

Da Elys
Il sapore dei ricordiC’era profumo di arrosto in cucina e di sugo lasciato riposare nella pentola. Le foglie di basilico inutilizzate giacevano molli nel lavello. Maria sorrise avvolgendole nella carta. Il viso, illuminato dall’abbacinante luce del sole, riacquistava la perduta giovinezza. Le rughe si notavano appena. Sollevò gli occhi  scuri  al campo di grano che si stendeva per chilometri davanti a lei.  Una macchia gialla su uno sfondo azzurro. La mano, resa incerta dall’età, affondò la forchetta nella carne.«È pronto.»
Disse spegnendo il gas. Trasse un respiro profondo e sciolse i capelli bianchi. Nuvole di luglio. Alberto se ne stava seduto a tavola. Le braccia abbandonate sulle cosce. Lo sguardo perso in un indefinito presente. La donna preparò i piatti e si accomodò.  Il vino, già versato nei bicchieri, emanava una fragranza dolciastra. «Allora, oggi ce ne torniamo al nostro primo incontro.»Prese un pezzetto di carne e l’avvicinò alle labbra dell’uomo. Lui si scosse. Posò le iridi ebano in quelle blu dell’altra e tremante cercò le sue dita. Gliele strinse debolmente, masticando.«Sì, è il piatto che stavo cucinando quel giorno. Eri appena entrato qui per posare l’acqua che papà ti aveva chiesto di scaricare.»  Gli accarezzò una guancia. «Eri così impacciato … te ne sei rimasto fermo a fissarmi per quanto? Cinque, dieci minuti?»Il marito emise un mugugno sommesso. Un altro boccone e un sorso del loro vino. Quello della vigna.«Non te l’ho mai detto ma … ma ho capito subito che eri quello giusto. Che avremmo passato il resto della vita insieme.» Si accostò al suo volto. Lo baciò. «Lo sapevi anche tu vero? »Sussurrò. Alberto mosse la testa. Adagiò la fronte contro la sua. Il fisico attraversato da spasmi. Gemette.«Schhhh … non sforzarti amore. Non serve. Lo so cosa vuoi dirmi. Va bene così.»Bevve e ripose il bicchiere sul ripiano. Allora era tutto così diverso, pensò. Lo circondò con le braccia tirandolo a sé. L’uomo si abbandonò a lei. Una lacrima gli si sgretolò sul mento. Tentò di asciugarla ma i muscoli immobili non gli permisero di farlo. Rinunciò, sospirando. «Finché saremo insieme, ci ricorderemo di noi. E … e non m’importa se dura solo il tempo di un pasto. Mi basta. Me lo faccio bastare, tesoro.»  Represse un singhiozzo.  «Non ti permetterò di cancellare tutto.»Alberto nascose il viso nel suo collo. Assaporò ogni secondo, cullato dal passato. Come ti chiami? Alberto, io … mi chiamo Alberto. E … e tu? Maria. Vuoi sposarmi? E me lo chiedi? Certo che voglio sposarti. Papà ci ha lasciato l’intera proprietà, dice che insieme la possiamo far fruttare. Sorrise, affranto. Maria si scostò. Prese altro arrosto. «Ancora uno.»Lui lo mandò giù. Mi piace stare seduta in mezzo al campo con te, a guardare le stelle Alby. Oh guarda! Guarda! Una stella cadente! Esprimiamo un desiderio ma non me lo dire che altrimenti non si realizza. Va bene amore, lo tengo per me. Si tratta di alzheimer, Maria. Perdonami se ti lascerò sola. Tu non mi lascerai sola. Mai. «Domani ricorderemo il nostro matrimonio. Dirò alla signora Delia di farmi la spesa … avrò parecchio da cucinare.»Gli toccò i capelli grigi. Avrebbe voluto sentire ancora la sua voce roca. Anche solo per un momento. «Non importa.»Bisbigliò. Sapeva di non poterlo sperare.
Foto di allyrose18Licenza Creative Commonshttp://www.flickr.com/photos/allyrose18/


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