È essere sempre angosciati, tormentati, infastiditi da se stessi.
Significa avere coraggio, combattere senza un vero nemico, estraniarsi e provare a descrivere un mondo in continua evoluzione che non aspetta nessuno, che viaggia come un missile verso una meta sconosciuta, straniera.
Scrivere, è come essere malati.
È una patologia dell'anima.
È dondolare tra realtà e follia.
Se qualcuno mi domanda per quale motivo scrivo, rispondo sempre che non lo so.
Si potrebbe passare tutto il pomeriggio a vaneggiare sui vari perché.
Forse è essere affamati di sé, avere una continua voglia di conoscersi, cercare in qualche modo di manifestare la propria essenza e di imprimerla su di un foglio per non farla sembrare il nulla che spesso appare.
Credo che tutti gli scrittori siano dei saccenti, malinconici saccenti.
Anche egocentrici.
Io, spesso, mi resto sui coglioni.
Ma forse non sono uno scrittore.
Ho cominciato descrivendo la natura.
Il nascere di una foglia, i prati ghiacciati, il fieno ingiallito, un fiore che sboccia.
Poi, da una qualsiasi situazione nasce una storia. Se vai dal benzinaio, al supermercato, a spasso col cane, a mangiarti un panino, a bere una birra, dal dentista, o dove cazzo vuoi andare, ti si sovrappongono migliaia di dimensioni e crei un altro mondo dentro al mondo.
Essere uno scrittore significa vivere di parole, di quelle che non esistono e te le inventi, di quelle che ormai sanno di vecchio, di quelle lunghe ed affascinanti e di quelle corte ed incisive.
Stop, super, sovramagnificentissimamente, precipitevolissimevolmente.
Uno scrittore vede un fiume e gli sembra il Gange, vede un monte e gli sembra l'Everest o il Kilimangiaro.
Uno scrittore si innamora di tutte le donne che inventa e patisce perché non può farci sesso, perché non esistono, perché sono solamente nella sua testa e fatica ad accettarlo.
Uno scrittore ha sempre la febbre e vive delirando, vive la sua vita con persone che non esistono.
Uno scrittore è forse solo un pazzo, che come un sasso piatto lanciato in uno stagno saltella per un po' e poi se ne va a fondo, affonda per il suo peso, perché è così che vuole la sua natura.
È un condannato che non ha commesso alcun reato, tranne quello, un giorno, di essersi messo una penna in mano e di aver scarabocchiato un foglio che, silenzioso, chiedeva solo inchiostro.
Astronauta.