Kaidan semushi otoko (Il pozzo di Satana)
1965
Giappone
regia: Hajime Sato
scritto: Hajime Takaiwa
Analizziamo, in quattro parti, i lavori fantascientifici e d'orrore di Hajime Sato, regista attivo fra i Sessanta e i Settanta.
Si parte con un progetto particolare, caso molto raro, un punto d'intersezione dove il Sol Levante si incontra con il gotico occidentale. È una classica storia di magione infestata, peraltro molto simile a La casa degli invasati di Shirley Jackson, il romanzo che ha poi trovato ufficiale trasposizione cinematografica un paio d'anni più tardi. In senso di plot, a lungo andare, tira fuori diversi spunti interessanti, che si discostano dalla trama base e da una miriade di produzioni simili; presente qualche ingenuità tipica del periodo, ma che non influisce sul totale.
Il punto forte è però una curatissima fotografia (Shôei Nishikawa), un bianco e nero d'atmosfera che rende tantissimo soprattutto nelle situazioni buie. Trovate avanguardistiche quasi assenti, c'è solo un semplice estro nella scelta delle inquadrature, della loro composizione e della profondità di campo. Si segnala però la sequenza di un rigonfiamento di una porta, dettaglio che avvicina ancor di più all'opera della Jackson. Ottime e stilisticamente occidentalizzate le interpretazioni del cast nipponico, roba da equiparare ai film neri di Roger Corman o agli italiani dello stesso genere. A proposito di Italia, nella nostra versione i nomi giapponesi sono diventati anglosassoni (Hajime Sato diventato Richard Goodwin e così via), uso del tempo per avvicinare pubblico, ma a tutt'oggi una scelta che rende la cosa solo più buffa.
